Una delle maggiori novità delle riforma Gelmini dei licei è stata indubbiamente l’unificazione dei due rami dell’istruzione artistica tradizionale, il liceo artistico e l’istituto d’arte. In sé la nuova identità del liceo artistico, del resto da tempo anticipata dalle sperimentazioni ministeriali, è da valutare positivamente. Gli studenti che si iscrivono al nuovo liceo hanno a disposizione un’ampia scelta di percorsi formativi, che prescindono dalla storica e ormai anacronistica gerarchia tra arti maggiori e arti minori o applicate e sono tutti ugualmente validi sul piano culturale, anche in una scuola come il liceo, che ha principalmente lo scopo di preparare agli studi superiori.
Altro è il giudizio sulla scelta di non prevedere anche un percorso più caratterizzato in senso tecnico-professionale, erede diretto dell’istituto d’arte. Una scelta figlia dei perduranti vizi culturali che negli ultimi decenni hanno ispirato molte riforme, in particolare quelle dell’istruzione professionale, in base al principio secondo cui la scuola è tanto più democratica quanto più a lungo è la stessa per tutti e soprattutto quanto più somiglia a un liceo.
Questo orientamento ha causato dei disastri in termini di pesanti percentuali di abbandoni, e solo da qualche tempo sembra si sia cominciato a capire che non è con una sempre maggiore omologazione che la scuola può essere di aiuto agli studenti più svantaggiati socialmente e culturalmente, ma con una più ampia possibilità di scegliere degli indirizzi di studio più confacenti alle loro aspettative e ai loro talenti, già a partire dal biennio dell’obbligo.
Negli istituti professionali statali la riforma ha lasciato alle Regioni la possibilità di istituire dei corsi triennali di Istruzione e Formazione professionale (IeFP) detti “complementari”, finalizzati al conseguimento di un diploma triennale, con la possibilità di fare significative modifiche al quadro orario, riequilibrandolo a favore delle ore di pratica laboratoriale.
Con un’iniziativa partita ormai da oltre un anno, il Gruppo di Firenze e la dirigente del Liceo artistico di Porta Romana, professoressa Anna Maria Addabbo, propongono di consentire anche ai licei artistici già istituti d’arte, mediante le necessarie modifiche normative, l’attivazione di questi corsi triennali.
La proposta nasce per un verso dal fatto che anche nei licei artistici, particolarmente in quelli che erano istituti d’arte, è forte il problema di percentuali elevate di ripetenze nel primo biennio. Da questo punto di vista i corsi IeFP costituirebbero un’alternativa importante all’indirizzo liceale, più orientata al fare, ma non per questo fuori dal perimetro della cultura. Non quindi una scelta di serie B, ma un percorso di studi diverso, altrettanto formativo anche sul piano culturale e nello stesso tempo capace di offrire delle prospettive di lavoro nel campo dell’artigianato artistico.
Ad esempio le aziende che operano nel campo della moda o delle calzature non hanno problemi a trovare degli stilisti, mentre sono introvabili i sarti o i tecnici capaci di trasformare il disegno di una scarpa in un prototipo.
Ma un obiettivo altrettanto importante è recuperare e conservare un prezioso patrimonio di competenze professionali, che può essere preservato solo con la formazioni di giovani che possano coltivare e arricchire le molte straordinarie tradizioni artigianali del nostro paese, incluse quelle legate alla conservazione e al restauro di opere antiche, come i mosaici di Monreale e Ravenna.