“Anche i presidi nel loro piccolo si inc…”. Si potrebbe riassumere così la recente decisione, da parte dei presidi, di scioperare domani, 14 febbraio.

Quasi a dire che i responsabili primi e ultimi del “servizio pubblico” scolastico alla fine hanno perso la pazienza. Il motivo è presto detto: il ministero dell’Economia, per un cavillo, vorrebbe tagliare loro lo stipendio di circa 150 euro netti al mese. Quindi, non solo da anni si trovano penalizzati nella loro professionalità per i mancati adeguamenti stipendiali, ma devono subire anche l’onta dello sberleffo ministeriale.



Assieme ai presidi, sciopereranno anche gli assistenti amministrativi, i tecnici e i bidelli, i quali, come è già successo per i docenti (rischio poi rientrato), potrebbero vedersi togliere gli scatti di anzianità già ricevuti. Significa che le scuole rischiano la paralisi? È una possibilità reale.

Ma c’è un altro motivo ad alimentare la rabbia dei presidi. Parlo di una ingiustizia. Sino ad oggi senza soluzione: la sperequazione degli stipendi tra di loro. In poche parole: presidi che fanno lo stesso mestiere, ma con stipendi diversi. Parlo dello stipendio base, non di quella parte che è legata alla complessità e grandezza della propria scuola, secondo una specifica “fascia”, differenza prevista dalla contrattazione integrativa regionale (“retribuzione di posizione nella parte variabile”).



Parlo invece dello stipendio al netto della diversità delle proprie scuole, grandi o piccole. Abbiamo cioè tre diverse situazioni stipendiali: lo stipendio di chi era preside prima del passaggio nel 2001 alla dirigenza scolastica (quando era meno complicato fare il preside, con molte responsabilità in meno e scuole più piccole); lo stipendio di chi era preside “incaricato” da docente prima di diventare “di ruolo” attraverso, soprattutto, concorsi riservati, cioè delle sanatorie; lo stipendio infine di coloro che sono diventati presidi vincendo da docenti un vero concorso, cioè un concorso ordinario, iper-selettivo e per pochi fortunati.



Non si capisce per quale motivo esista ancora oggi questa ingiustizia. Data dal fatto che chi ha vinto un concorso (cioè un vero concorso pubblico) si è ritrovato poi penalizzato, mentre chi ha vinto un concorso riservato (in realtà una sanatoria) ha, per bontà non si sa di chi, un notevole bonus stipendiale in omaggio.

Mi spiego: se la differenza derivasse da una valutazione sul reale valore del proprio lavoro, penso che una differenziazione sarebbe più che legittima. Ma questo non è. Non è cioè ancora prevista. A parte una piccola distinzione, come si è detto, tra chi dirige piccole scuole e chi grandi scuole. Ma poca cosa. 

Perché ancora oggi, per responsabilità anche del mondo sindacale, si mantengono queste ingiustizie? Perché, per ritornare all’ingiustizia denunciata, tutto il mondo sindacale non fa una proposta semplice ed incisiva, per ragioni di equità? Basta poco: riassorbire le ingiustizie ridistribuendo le somme, date in modo iniquo, a tutti i presidi. In forma proporzionale. 

Lo sappiamo tutti: le cose importanti non sono quelle che convengono, ma quelle che costano. Piccole-grandi scelte di solidarietà.

Mi spiego: se la differenza derivasse da una valutazione sul reale valore del proprio lavoro, penso che una differenziazione sarebbe più che legittima. Ma questo non è. Non è cioè ancora prevista. A parte una piccola distinzione, come si è detto, tra chi dirige piccole scuole e chi grandi scuole. Ma poca cosa. Perché ancora oggi, per responsabilità anche del mondo sindacale, si mantengono queste ingiustizie? Perché, per ritornare all’ingiustizia denunciata, tutto il mondo sindacale non fa una proposta semplice ed incisiva, per ragioni di equità? Basta poco: riassorbire le ingiustizie ridistribuendo le somme, date in modo iniquo, a tutti i presidi. In forma proporzionale. Lo sappiamo tutti: le cose importanti non sono quelle che convengono, ma quelle che costano. Piccole-grandi scelte di solidarietà.