È uscito in questi giorni il Monitoraggio dell’Isfol sulla IeFP, che conferma la crescita progressiva di questo segmento del nostro sistema educativo.
Appare come il più inclusivo per la percentuale di stranieri, maggiore nella IeFP (15,5%) che in tutta l’istruzione secondaria di II grado (6,6%), ma anche per il numero dei diversamente abili, i quali ammontano al 7% degli iscritti nella IeFP e solo al 3,9% nelle scuole secondarie di II grado.
Raccogliendo il gradimento delle famiglie e degli allievi, il costante incremento degli iscritti copre ormai l’11% dell’istruzione secondaria di II grado (oltre il 20% della leva d’età), con più di 300mila unità
Dopo la terza media, si iscrivono alla IeFP e all’istruzione professionale quinquennale quasi lo stesso numero di studenti, anche se, per la prima volta, si registra una diminuzione nel numero di iscritti alla IeFP del primo anno (-4,6%) rispetto all’anno precedente. Questo fenomeno, riscontrato per la prima volta dall’inizio della filiera, nel 2003, riflette l’inadeguatezza delle risorse previste più che la scelta dei candidati. Alle preiscrizioni, infatti, la IeFP era data in forte aumento e non certamente in flessione. In particolare, le istituzioni formative propongono ai giovani un modello educativo che introduce all’uso di intelligenze e stili alternativi per ottenere le competenze richieste. In tal modo, il candidato ai percorsi di IeFP non è più solamente il “fuoriuscito” per ripiego da quelli scolastici ma, in proporzione sempre maggiore, il ragazzo o la ragazza con percorso regolare che sceglie con convinzione.
Buone notizie anche sul fronte del successo scolastico e lavorativo, ma permane la tentazione “sostitutiva” più che “sussidiaria” di alcune regioni. Queste sono attratte dall’opportunità di risparmiare sui magri bilanci, decurtati dalla crisi, impegnando massicciamente le istituzioni scolastiche a erogare un’offerta di IeFP senza oneri per le regioni. Ciò è stato possibile a seguito di un’Intesa in Conferenza unificata del dicembre 2010, nella quale si dava avvio alla realizzazione dei percorsi di IeFP svolti negli istituti professionali in base al principio di sussidiarietà. Se questo ha risolto alcuni problemi economici e di precariato non ha potuto, tuttavia, tener conto del reale successo dei percorsi: infatti, in media, nelle regioni dove la sussidiarietà delle scuole ha prodotto i primi risultati, solo la metà degli iscritti a scuola tre anni prima ottiene una qualifica regionale: una stima considerata al ribasso a causa delle eventuali immissioni di studenti provenienti da altri percorsi tradizionali.
Questo aspetto ci porta a riflettere sulla necessità di un’istruzione professionale più aderente ai tempi e orientata alla pratica di laboratorio per stimolare l’intelligenza delle mani. Si tratta, in particolare, di rivedere l’impianto didattico, ancora basato sulla separazione tra “base teorica” e “applicazione pratica”.
Il vero nodo, tuttavia, è quello delle risorse perché, a fronte di una robusta crescita di iscritti, si riscontra una diminuzione negli anni del complessivo intervento statale e anche regionale, limitatamente alle risorse proprie impegnate al Sud e nelle Isole: proprio là dove il fenomeno degli abbandoni e dei Neet assume maggiore consistenza e la presenza delle istituzioni non scolastiche della IeFP si riduce al 10%.
Nel Meridione, il problema è anche quello del rispetto degli standard e del controllo regionale per un’offerta articolata e pluralista, capace di rispondere in modo adeguato e differenziato ai fabbisogni del sistema produttivo. La sfida è quella di sostenere le amministrazioni che oggi hanno più difficoltà e di facilitare, con il concorso delle migliori istituzioni nazionali di IeFP, l’adozione delle pratiche formative più adatte, sfruttando il know how di altri contesti a ricca tradizione di pluralismo educativo. In altre parole, creare un nucleo di qualità su cui innestare l’azione delle istituzioni formative del territorio.
Vale la pena di provarci, non solo per non rassegnarci ad avere due Italie, ma anche perché i costi per la collettività delle istituzioni formative sono inferiori di un quinto a quelli esposti dalle istituzioni scolastiche che hanno in esito le stesse qualifiche.