Come non concordare con Ginevra Bompiani per l’articolo apparso sul Corriere della Sera il 12 gennaio in cui si stigmatizza l’inaccettabile, ed a mio giudizio anche incomprensibile,  comportamento politico, parlamentare e del governo, ormai decaduto, in materia di detrazioni fiscali per gli acquisti di libri: scolastici, universitari e non solo. 



Era d’altronde immediatamente intuibile che l’oggettivo valore ed il palese significato del provvedimento annunciato con indubbia enfasi, a prescindere dal suo effettivo ipotizzabile costo, avrebbero avuto un impatto positivo anche sull’opinione pubblica non solo per l’evidente richiamo al primato della conoscenza, che è difficile negare, ma anche rispetto a questioni di natura fiscale (detrazioni per incentivare gli acquisti di libri) sulle quali non si può dire che il nostro Paese sia all’avanguardia e su cui comunque la politica (governi, parlamenti, proclami) non si è mai impegnata tanto da riportare un qualche specifico e definitivo successo. 



D’altra parte  la difesa  della cultura e dell’identità dell’Italia, almeno a parole, non sembra essere stata messa mai in discussione da nessuno, come non lo è la convinzione (almeno a parole) che il rilancio della lettura e dello studio può avere un’influenza positiva anche sulla crescita economica, suffragata com’è da analisi comparate fra fruizione della cultura, i libri in primis, e crescita del Pil. Quanto agli incentivi tangibili: inesistenti. A dimostrazione che a sentenziare virtuosamente sono in realtà bravi tutti, anche se poi tra il dire e il fare c’è di mezzo non solo il mare ma tutti gli oceani della terra. La verità è che gli italiani tendono ad essere assertivi (e virtuosi a parole) piuttosto che operativi. Anche in materia fiscale e soprattutto se ci son di mezzo i libri(soprattutto scolastici) ed il loro acquisto.



Le questioni specifiche su cui mi sembra giusto e doveroso richiamare l’attenzione sono appunto i comportamenti tutt’altro che esemplari in materia di evasione fiscale e di accesso truffaldino da parte degli evasori ad agevolazioni economiche relative a servizi o ad erogazioni pecuniarie a sostegno del costo degli studi, scolastici e universitari. Comportamenti, c’è da aggiungere, non propriamente ispirati a senso civico ed a veritiere rappresentazioni della propria situazione economica.

Se non ricordo male, proprio nel periodo immediatamente precedente l’annuncio delle auspicate misure a vantaggio delle detrazioni per acquisti di libri, i mass media, sempre virtuosamente severissimi nei confronti dei libri scolastici, avevano dato notizia, ovviamente con grande enfasi, di truffe in virtù delle quali persone decisamente benestanti, ma nullatenenti per il fisco, avevano goduto dei sussidi previsti, nella fattispecie per gli studi universitari, sottraendoli ovviamente ad altri, sia pur meno benestanti, ma sicuramente tutt’altro che esperti in evasione fiscale.

La quasi concomitanza dello scandalo, particolarmente odioso anche in considerazione di ciò che dice in modo inequivocabile la Costituzione a proposito dei capaci e meritevoli, benché privi di mezzi, e dell’impegno collettivo (e non solo di chi governa) di attuare concretamente questo impegno anche pagando le tasse, richiamò alla mia mente le vane sollecitazioni, suggerite in passato da più parti, a favore di politiche di sostegno allo studio da correlare alla deducibilità o detraibilità della spesa per i libri scolastici ed universitari. Hai visto mai che qualcuno avrebbe trovato finalmente il coraggio e il vantaggio di emergere dalla propria inesistenza fiscale, se è vero, come si dice, che la spesa per i libri è così onerosa ed intollerabile da provocare, nel caso dei libri scolastici, provvedimenti legislativi durissimi volti ad incentivare il mercato dell’usato (non tutto trasparente) e, nel caso dei testi universitari, fotocopiature al limite del reato e oltre? Ma l’ipotesi è sempre stata rifiutata.

Proprio a fronte di questi precedenti di sordità totale o di malcelata indifferenza al tema, la  detrazione per l’acquisto di libri da parte del Governo Letta, la cui iniziale impostazione era davvero significativa di un “cambio di passo” virtuoso, oltre a testimoniare un apprezzato ravvedimento nei confronti della cultura ed una misura di incoraggiamento per i riluttanti ad emergere, si prestava anche contestualmente a riconoscere la correttezza di comportamento dei bravi cittadini che, pagando da sempre le tasse, anche senza particolari incentivi, e senza ringraziamenti, rendono poi  concretamente possibili le erogazioni di supporto ai meno abbienti, in nome di un interesse generale che ha tante più ripercussioni sulla crescita del Paese quanto più affermiamo solennemente che è la conoscenza a fare crescere il benessere economico, e non l’ignoranza, la truffa, la mancata osservanza dei doveri fiscali.

Vorrei concludere questa mia semplice riflessione, che può sembrare anche ingenua e persino banale, esprimendo tutto il mio apprezzamento per l’attenzione dichiarata in partenza dallo stesso premier Letta, rivolta “anche” verso i libri “di lettura” a cui sarebbe stata estesa la possibilità di detrazioni altrettanto significative perché è l’insieme delle diverse esperienze culturali che mette ciascun essere umano in grado di esprimere il meglio di sé.

La dolorosa scoperta, da parte dei cittadini per bene, che il Decreto, oggetto di tante speranze e onesti compiacimenti, era privo in partenza di una ragionevole copertura, tanto da doversi successivamente arrampicare su emendamenti tardivamente riparatori, tuttora in discussione, ha provocato davvero sconcerto, giudizi severi e concreti dubbi sulla probabilità di una soluzione dignitosa della vicenda, tanto più che nel frattempo il governo proponente è caduto. 

La questione, comunque, non potrà non riproporsi, perché neppure il nuovo governo, che si dichiara “di svolta”, potrà ignorare le limpide ragioni che da anni vengono segnalate a Governi che annaspano alla ricerca di svolte decisive. Perché non cominciare a muovere qualche passo nella direzione giusta che è quella dell’investimento in cultura, scuola, ricerca? Ce n’è davvero bisogno. L’intendenza seguirà.