“I soldi sono necessari per la scuola pubblica e quella paritetica, che non lascerò indietro”: così il neoministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, domenica in una intervista a Repubblica. E ancora: “non ci deve essere un conflitto pubblico e privato, ma un sistema pubblico articolato al cui interno ci siano scuole statali e scuole non statali”, così il ministro ad Avvenire. Dichiarazioni, insomma perfettamente in linea con quello che la parità dovrebbe essere nel nostro paese dopo la legge Berlinguer 62/2000. Ieri a parlare di scuola è stato il capo del governo, Matteo Renzi, nel suo discorso sulla fiducia; Renzi l’ha coraggiosamente definita come “punto di partenza”.
Ebbene, siamo andati a vedere come funziona la parità scolastica nella regione del premier. Del modello Toscana non si parla molto, perché la Regione ha stanziato una cifra importante e varato dei buoni scuola a favore delle famiglie che hanno bambini nelle scuole dell’infanzia paritarie private e degli enti locali (3-6 anni). Una decisione senza dubbio anomala, specie in questo momento di crisi, e in controtendenza rispetto a quanto sta avvenendo altrove, dove si continua a proporre tagli alle scuole paritarie dell’infanzia talvolta addirittura con referendum popolari (come avvenutoa Bologna nel 2013). Ilsussidiario.net ha intervistato uno dei protagonisti dell’operazione, il presidente regionale Fism Leonardo Alessi.
Può spiegarci sinteticamente come e perché è maturata questa decisione?
L’iniziativa della Regione Toscana è nata da un dialogo con l’amministrazione regionale e con il presidente Rossi in particolare. La realtà delle scuole paritarie dell’infanzia nella nostra Regione è particolarmente significativa sia per il numero di scuole presenti sul territorio (e quindi della risposta offerta concretamente a moltissime famiglie), sia per la qualità dei progetti educativi e dei servizi che le nostre Scuole offrono. Con la Regione esiste da anni un rapporto cordiale di collaborazione concreta, fin dal 1999, quando firmammo un accordo che prevedeva un finanziamento per il sostegno ai bambini portatori di handicap nelle scuole dell’infanzia paritarie.
Quindi?
Regione Toscana ha riconosciuto il contributo del sistema paritario al sistema regionale di istruzione e, dialogando in merito alle difficoltà che molte famiglie riscontrano nel corrispondere una retta per il servizio scolastico, è nata l’idea di potere sostenere le famiglie che, pur avendo un reddito più basso, scelgono una scuola dell’infanzia paritaria, perché non rientrano nelle graduatorie delle scuole statali o semplicemente perché, pur con sacrificio, ritengono più vicino al loro progetto educativo il percorso di scuola paritaria. È un riconoscimento del servizio che le nostre scuole svolgono e un passo importante verso una reale libertà di scelta delle famiglie. La cifra stimata pari ad 1.500.000 di euro è sicuramente significativa tenendo conto anche delle difficoltà della finanza pubblica.
Come funzionerà, concretamente, il sistema dei buoni scuola della Regione Toscana?
Per l’anno scolastico in corso, alle famiglie che hanno un reddito Isee fino a 30mila euro, che hanno fatto domanda e che quindi sono state ammesse al contributo, Regione Toscana riconoscerà il rimborso di quota parte della retta mensile, assegnando una cifra (che varia a seconda della fascia Isee di appartenenza e del metodo di riparto che ogni Comune ha deliberato) fino a 100 euro mensili. Si è trattato di una sperimentazione che dovrà essere affinata e stabilizzata nei prossimi anni scolastici in modo da diventare una costante forma di aiuto reale alle famiglie.
Come è stata accolta questa scelta dalle famiglie toscane e in che misura riuscirà effettivamente a sostenerle in questo momento così difficile?
Purtroppo i tempi di adesione, per l’anno scolastico in corso, sono stati abbastanza brevi e abbiamo dovuto lavorare ed informare le famiglie in un tempo molto breve. Ciò nonostante le richieste pervenute alla Regione sono numerosissime, più di 5mila. Questo è il segnale evidente della significativa utenza (in termini numerici) delle scuole dell’infanzia paritarie ed è, in secondo luogo, la testimonianza di come le scuole paritarie siano davvero aperte a tutti e apprezzate da tanti, anche da tante famiglie che, anche se non hanno un reddito alto, sono disposte a fare sacrifici pur di scegliere per i loro bambini un progetto ed un servizio condiviso. Speriamo per i prossimi anni di poter promuovere questa iniziativa in un lasso di tempo maggiore, informando approfonditamente tutte le famiglie e raggiungendo anche coloro che, pur non frequentando attualmente una scuola paritaria, possano, anche con questo aiuto della Regione, prenderla in considerazione.
Questa decisione andrà a modificare le convenzioni già esistenti o si aggiunge alle misure già in vigore?
No, le convenzioni esistenti rimarranno in vigore. Questo è un intervento aggiuntivo, da un punto di vista pratico è stato necessario stipulare con le amministrazioni un atto che ufficializzasse e regolamentasse questa nuova collaborazione, ma i normali rapporti con i Comuni proseguono normalmente secondo i percorsi intrapresi e attraverso le forme di collaborazione storiche nate sul territorio.
Qualcuno afferma che “lo scopo è sostenere il sistema delle scuole paritarie, che svolge una funzione particolarmente preziosa viste le lunghe liste d’attesa che ci sono in quelle statali”. Ma se non ci fossero le liste di attesa, non varrebbe ugualmente la pena sostenere le scuole paritarie?
Assolutamente sì. Da sempre la Fism si batte perché la parità possa essere (come del resto lo è in quasi tutti i paesi del mondo compresi quelli degli ex-paesi sovietici) totale e reale, stessi doveri (come giusto) ma anche stessi diritti. Non parlo tanto e soltanto dei diritti delle scuole, ma dei diritti delle famiglie e dei bambini che ancora oggi, scegliendo una scuola paritaria sono costretti a pagare una retta, in genere almeno in Toscana mediamente bassa, ma pur sempre indispensabile a coprire i costi di gestione.
Dunque è un problema innanzitutto di libertà di scelta.
Sì. Le scuole paritarie non si sono mai sentite sussidiarie alla scuola statale, è lo Stato che dovrebbe riconoscere il valore delle nostre scuole, la libertà di scelta delle famiglie e, non ultimo, il risparmio che il sistema paritario garantisce alle casse dello Stato. Ma è innanzitutto, mi preme ribadirlo, una questione di libertà di scelta delle famiglie. Questo provvedimento della Regione è importante prima di tutto per questo.
Sono previsti, per il futuro, incrementi del fondo qualora le richieste eccedano la disponibilità, oppure sarà un provvedimento una tantum?
Il grande numero di richieste è un segnale importante che evidenzia come tante famiglie “normali”, anche con redditi non particolarmente alti, scelgano la scuola paritaria. Sicuramente, perché il provvedimento possa concretamente incidere e sostenere la scelta di queste famiglie, occorrerà far di tutto per “calibrare” le risorse disponibili sull’effettivo bisogno espresso e sul numero di famiglie interessate. Di questo stiamo discutendo con la Regione e speriamo di poter ampliare e sviluppare questa opportunità per il futuro.
(Marco Lepore)