L’altro ieri sul Fatto Quotidiano è stato pubblicato un articolo-inchiesta di Beatrice Borromeo che ha indagato sull’attività sessuale delle ragazzine milanesi. La giornalista ha interrogato alcune alunne di quarta ginnasio e riporta le affermazioni di una certa Chiara che, a quanto pare, ha le idee molto chiare e illustra una realtà che il titolo del pezzo illumina perfettamente: “Sesso a 14 anni: se non ti fai ‘stappare’ sei una sfigata”.



La ragazzina, appartenente alla società-bene non ha peli sulla lingua e risponde a tono alle domande dell’intervistatrice che cerca di essere più obiettiva possibile e si astiene da pronunciare commenti o giudizi, pare che non forzi nemmeno la mano: il detto in sé è più che sufficiente per toccare in ciascun lettore i tasti giusti.



Vi lascio a una personale consultazione.

Per quanto mi riguarda, lo trovo fonte di interessanti riflessioni; io lavoro da anni nelle scuole dentro i vari “progetti di educazione alla affettività e sessualità”; dico “vari” perché le impostazioni educative sono molte e manipolabili; è difficile educare in poche ore a una sessualità sana, direi impossibile, sempre che si abbia chiaro cosa si intende per “sana”. Sicuramente non lo è quella esercitata dalle ragazzine intervistate, per loro stessa ammissione sempre a rischio di restare incinte, ammalarsi magari, nella loro gara all’autodistruzione di sé e del loro corpo. 



Non voglio usare mezzi termini: il sesso per loro è qualcosa da usare per entrare nel gruppo, per essere considerate normali, la verginità è qualcosa da togliere di mezzo al più presto perché la sua perdita è il passaporto per una vita da “grandi”. Essere sessualmente attive significa essere sempre pronte a mettersi a disposizione del primo che passa, dimostrando così una precoce emancipazione.

Insomma, per loro il sesso e il suo uso ha una funzione dimostrativa, punto. 

Mandando a farsi benedire i tre scopi classici dell’umana sessualità, quello riproduttivo (con grande uso dei contraccettivi d’emergenza) quello relazionale (non importa con chi, basta farlo) e pure quello ludico: non è piacevole farlo così, anzi fa male. Fa spesso o sempre male, è il prezzo da pagare per diventare grandi in fretta… anche questo l’onesta giornalista riporta chiaramente.

Insomma, questo sesso non è sesso. Ma neanche prostituzione, non si ottiene “niente” in cambio, solo uno status. Si fa per farlo.

Cos’è allora quello che le ragazze fanno? 

Ma soprattutto, lo sanno? Sanno ciò che il sesso è realmente?

Non credo, anzi, credo sia difficile anche per noi, per gli adulti, per i genitori, per gli educatori.

Non sono certo consapevoli che si stanno giocando la cosa più importante che un essere umano ha in dote alla nascita: il proprio corpo, sessuato, la vita stessa. 

Il corpo, il cui scopo è quello di farci esistere, per essere felici, lo strumento che ci consente di vivere e di godere, di condividere, ogni gesto che facciamo; ogni emozione ogni fatto, ogni minuto lo percepiamo attraverso e grazie al nostro corpo.

Il corpo che è inscindibilmente legato all’anima. 

Lo sanno bene gli psichiatri, generazioni di terapisti che lavorano per ricucire le fratture tra corpo e mente, tra psiche, appunto, e vissuti, cioè la vita.

Anche per queste ragazzine di quarta ginnasio la frattura è evidente, dolorosa esattamente a livello fisico: la loro presunta sessualità è completamente avulsa dall’anima, dalle emozioni, per non parlare dell’espressione culmine che viene chiamata “amore”.

Tra il corpo e l’amore c’è un baratro.

Questo loro modo di usare il corpo dice di quanto non si amino. Anzi, questo esercizio compulsivo ricorda più l’indifferenza se non il disgusto.

Devo dire che nella mia esperienza non credo sia però quello dipinto dalla Borromeo il quadro comune, non perché non sia onesta, affatto, ma perché fortunatamente esistono aree di sanità mentale diffuse e resistenti. 

Questo soprattutto perché l’educazione sessuale ai ragazzi non la fanno gli “esperti”, ma la famiglia, luogo dell’amore e della verità. 

Verità e amore sempre più sotto attacco, attraverso la pornografia, diffusissima e resa disponibile ai minori, fino alle nuove teorie ideologiche spacciate per “libertà di scelta”. 

Entrambe si basano sulla fratturazione dell’umano, una vera e propria scissione tra il corpo fisico, cioè la realtà, e l’emozione, o meglio, la voglia. 

Meglio ancora: tra ciò che un essere umano è (con il suo naso e colore della pelle e sesso) e il suo delirante desiderio di onnipotenza.

La pornografia è ormai oggetto di consumo regolare tra i minori, che si scambiano i vari filmati anche con i telefonini, schivando i filtri messi al pc di casa. Tra le numerose conseguenze di tale uso (non ultima la violenza sulle donne sempre più diffusa e nemmeno percepita come tale) quella che deriva dall’esposizione di corpi che producono un piacere meramente voyeuristico: non riguarda i protagonisti dell’atto ma gli spettatori. L’orgasmo è mimato, urlato, finto; fasulli, muniti di protesi e imbottiti di chimica i corpi, irreali, superdotati, capaci di subire sorridendo le sottomissioni più brutali, umiliati.

Corpi dunque, senza emozioni reali, senza nemmeno i reali connotati, siliconati: corpi scissi, separati, che mostrano finti orgasmi. E diventano i modelli a cui ispirarsi.

Molto altro si potrebbe aggiungere ma fermiamoci qui, dentro questa schizofrenica offerta di sessualità disinibita, che diventa “esemplare”.

Ulteriori messaggi passano attraverso le teorie del gender che ormai sono diffusissime nei programmi scolastici, appoggiate dalle associazioni LGBT.

Questa ideologia propone la sessualità come oggetto di libera scelta: un individuo, a prescindere dal proprio sesso biologico, può e deve scegliere il “genere” (da qui il nome gender) a cui vuole appartenere. I generi sono molti, cifre a due numeri. Non si è più “solo” uomini o donne.

Il corpo reale dice invece che si è uomini, o donne: le alternative si chiamano alterazioni genetiche. Il Dna contiene la xx o la xy, il resto è patologia.  

Di qui la frattura, fortissima, che la teoria gender ci impone, anzi, ne fa il suo fondamento: la scissione tra ciò che è il corpo, il dato biologico e ciò che la mente, la voglia, o la cultura, permette di scegliere, liberamente. Ogni uomo ha il diritto di scegliere chi vuole essere: affermazione pericolosissima se presuppone che l’individuo basi la sua scelta sulla previa negazione del sé. Non importa chi sei, ma cosa vuoi…, puoi essere quello che vuoi solo se neghi chi sei… 

Ecco che si spiega perché queste ragazzine sono convinte che il loro comportamento sessuale sia una dimostrazione/affermazione di libertà; lo diventa perché prima si sono separate dall’amore di sé, al proprio corpo, si sono liberate dei sentimenti e delle emozioni. Del piacere che ne deriva.

Si può davvero vivere così, si può stare dentro questa libertà? 

Sì, se si rinuncia all’integrità corporea, al piacere, alla felicità, all’amore.

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