Il futuro del nostro sistema educativo poggia su tre scelte strategiche su cui è necessario concentrare l’attenzione nei prossimi mesi: autonomia e responsabilità; valorizzazione delle persone e valutazione delle performance; innovazione e sviluppo.

A livello internazionale il ruolo dell’autonomia scolastica è ormai evidente, poiché i best performer nelle indagini Ocse sono i Paesi che hanno un sistema educativo decentrato e policentrico, che dialoga con gli stakeholders presenti sul territorio, che dispongono di un’autonomia responsabile. Infatti, l’autonomia senza un sistema di valutazione rischia di essere arbitrio e senza dialogo e confronto con gli altri attori del processo educativo rappresenta una pericolosa deriva verso l’autoreferenzialità. 



Nell’attuale situazione di stallo, l’autonomia non può rappresentare un processo di atomizzazione del sistema educativo. Si implementa più efficacemente e si perfeziona nella misura in cui si è capaci di ottimizzare l’utilizzo delle risorse (umane, strutture scolastiche e progettualità diffusa), in una prospettiva di consolidamento delle reti di scuole e in una logica di riposizionamento strategico e valorizzazione del ruolo e dell’apporto del sistema dell’education (scuola, formazione professionale e università) allo sviluppo del Paese. 



La storia passata e recente della società italiana ed europea insegna che non può esserci un equo e duraturo sviluppo economico, sociale e civile senza investimenti in cultura, ricerca e innovazione. 

In questo quadro così composito, è possibile individuare sette azioni strategiche verso le quali sarebbe necessario orientare tutti gli sforzi e le risorse disponibili.

1. Investire nel miglioramento del sistema dell’education, sia attraverso un piano straordinario infrastrutturale di ristrutturazione e messa in sicurezza degli edifici scolastici, sia sul piano formativo e metodologico che su quello del supporto tecnologico;



2. elaborare un nuovo Testo Unico della legislazione scolastica, che elimini sovrapposizioni e prescrizioni contraddittorie su varie materie, e aggiornare le norme che regolano il funzionamento degli Organi collegiali interni e territoriali e rendere più funzionale il riparto di competenze tra stato e regioni. In questo processo di riscrittura del quadro normativo, provvedere ad una revisione del Titolo V della Costituzione, puntando a valorizzare la piena e completa autonomia delle istituzioni scolastiche e delle reti di scuole e il ruolo di coordinamento dell’offerta formativa della regione, precisando meglio il ruolo di indirizzo e di garanzia assegnato allo Stato;

3. costituire un organico d’istituto e/o di rete funzionale alla progettazione e gestione del ciclo scolastico, in modo tale da garantire una continuità del processo di insegnamento/ apprendimento e un’opportunità di crescita e innovazione a livello di classe, istituzione scolastica e reti di scuole;

4. avviare un sistema di valutazione, formalmente e sostanzialmente autonomo dal Miur, il più possibile trasparente e condiviso, che analizzi i diversi livelli di performance, dagli apprendimenti degli studenti ai risultati conseguiti dai docenti, anche in una prospettiva di differenziazione dei ruoli organizzativi, fino a quelli del dirigente scolastico e dell’istituto nel suo insieme;

5. dare vita a progetti mirati al contrasto alla dispersione scolastica, puntando ad una strategia che coinvolga, in maniera concertata, studenti, docenti, famiglie, istituzioni culturali, sociali ed economiche presenti nel territorio;

6. avviare un piano di formazione dei docenti, correlato al consolidamento di metodologie didattiche interattive e alla gestione efficace della sempre più pervasiva diffusione delle nuove tecnologie multimediali nei processi educativi;

7. estendere e consolidare una politica organica di orientamento permanente che sappia rappresentare una felice sintesi tra attitudini personali, aspettative e dinamiche del mercato del lavoro, rilanciando il ruolo del sapere scientifico e della formazione tecnica superiore e coinvolgendo, con maggiore responsabilità e consapevolezza, studenti, famiglie, docenti, istituzioni e sistema produttivo, allo scopo di fornire un maggiore grado di occupabilità ai giovani e ribaltare il paradosso del job mismatching.

In definitiva, è necessario rimettere la cultura al centro delle politiche per la rinascita del Paese e sfatare, con i fatti concreti, il falso mito che “studiare non serve”. 

In questa prospettiva, si tratta di affrontare una questione strategica per il futuro del nostro Paese, non solo per i giovani e le future generazioni, che dovrebbe spingere i massimi responsabili nazionali di questi fenomeni, il ministro dell’Istruzione, della Ricerca e dell’Università, il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali e il ministro dei Beni culturali ad avviare una forte azione politica e culturale concertata e tesa a rilanciare il ruolo strutturale della cultura e dell’istruzione a favore dello sviluppo, attraverso un coinvolgimento diretto e consapevole degli studenti, delle famiglie, degli attori istituzionali regionali e locali, del sistema produttivo e delle stesse forze sociali.