Tuttoscuola ha pubblicato lunedì un dossier sul tempo pieno nella primaria. Si vede bene che il tempopienismo è una malattia difficile da vincere. Sembrava vinta ed invece, dietro l’asettica elencazione dei dati, eccola ricomparire. Ha impedito per 30 anni di considerare lucidamente e globalmente la condizione dello studente e della famiglia ed il loro rapporto con la scuola. E continua a farlo. Incurante dei “solo” due su tre che non lo vogliono e del fatto che dopo le elementari gli alunni fanno di tutto per non avere più il tempo pieno e fruire dei pomeriggi liberi.



Incuranti che l’Europa vada in tutt’altra direzione, gli alti livelli del pensiero scolastico non demordono. Per loro l’analisi dei dati serve solo a capire se avanza o meno il tempo pieno. E se avanza sono contenti.

Si “scopre” che il tempo pieno avanza al sud dove “In molti casi nel Mezzogiorno per contenere gli effetti della riforma Gelmini che determinava la chiusura di classi, si è verificata la loro conversione in modelli organizzati a tempo pieno, salvaguardando, in questo modo, gli organici”… E allora siamo a posto!



“Nonostante la Gelmini” è lo sfondo. Ancora il vecchio e stanco lamento! 

La riforma Gelmini infatti confermò il modello TP delle 30 ore più 10 di intervallo mensa, il modello delle 27 ore ed anche il modello delle 24 ore settimanali che mai, in nessuna occasione di assemblea scolastica preliminare all’iscrizione, è stato esposto ai genitori. 

La Gelmini non era esperta di scuola ed aveva solo il compito di ridurre la spesa. Nelle 30 ore d’aula del tempo pieno alle elementari ben 9 erano con presenza doppia di insegnanti, prescindendo dall’eventuale insegnante assegnato ai disabili. Qui intervenne la Gelmini tra le grida di dolore del Pusp (Partito unico della spesa pubblica). Ma non modificò l’organizzazione fondamentale che la Moratti aveva iniziato a toccare distinguendo tra curricolo obbligatorio ed opzionale. La Gelmini non diede alcuno spazio alla personalizzazione dell’apprendimento e nemmeno all’autonomia delle scuole. L’insipienza della Gelmini arrivò al punto di vietare, credo inconsapevolmente ma certo consigliata da qualche furbo funzionario, le classi a tempo misto, quelle cioè con alunni diversi dal punto di vista dell’opzione oraria settimanale. Invece le classi a tempo misto erano utilissime per consentire di formare liberamente le giuste aggregazioni degli alunni e consentire i trasferimenti da una classe all’altra. Cose impossibili se gli alunni vengono aggregati in base alla scelta di tempo scuola. 



Servivano inoltre per risolvere semplicemente e liberamente tutte le situazioni iniziali con opzioni non multiplo di classe, ad esempio: 10 alunni vogliono il  TP e 10 il tempo normale. La classe deve avere 20 alunni, che si fa? La saggia risposta del preside è sempre “tutti al TP”. Il pressing di presidi ed insegnanti per spingere i genitori alle iscrizioni al TP è martellante ed univoco. Vogliono il maggior numero di posti per il personale ed invocano anche l’uniformità (sempre verso il TP) che semplifica l’organizzazione. Se fosse per il personale dei ministeri e della scuola ci sarebbe il tempo pieno obbligatorio uguale per tutti.

Ma la storia va diversamente.

Pochi mesi fa in Francia abbiamo assistito alla sollevazione dei genitori contro il governo che voleva imporre l’obbligo della scuola elementare su 5 giorni, contro i 4 in vigore con mercoledì e sabato libero. Il governo ha insistito dicendo (a mio parere falsamente ma ben supportato mediaticamente) che voleva alleggerire la condizione del bambino mantenendo lo stesso numero di ore di scuola (24 settimanali) ma spalmate su 5 giorni. Quindi in Francia si giudicano insostenibili 6 ore di lavoro d’aula al giorno, mentre da noi sono la regola. In Francia il bambino fa 3 ore consecutive la mattina, poi la pausa pranzo e poi 3 ore nel pomeriggio. Inoltre ogni ora ha incorporati, con campanella, dieci minuti di pausa. Di più, ogni 5 settimane di scuola ci sono 2 settimane di vacanza.

Da noi si fanno nel TP 6 ore per 5 giorni, 4 al mattino, e due al pomeriggio. Nelle medie e nelle superiori si viaggia ormai, con argomenti diversi ma che prescindono tutti dalle condizioni dello studente e della sua salute mentale, verso le mostruose 6 ore consecutive di lezione per 5 giorni.

6 ore consecutive sono pazzesche e solo un mondo buono a parole ma spietato e inefficiente nei fatti le ha potute concepire.

L’incremento delle iscrizioni TP al sud è in linea con l’abituale rincorsa al pubblico impiego costi quel che costi ed anche, probabilmente, con i cambiamenti familiari in atto che vedono il crescere dell’inurbamento e della tendenza in direzione della famiglia ristretta. Tuttavia l’introduzione del TP implica (se non è una scrittura falsata ai fini dell’organico ma poi inapplicata) l’intervallo mensa, la presenza del refettorio, la convenzione con l’azienda fornitrice dei pasti ed il pagamento del pasto che la famiglia, col modello di 27 ore (troppe su 5 giorni), evitava portando il figlio (o nipote) a pranzare a casa. Sono proprio curioso di vedere le risultanze del processo al sud e le ricadute sulle finanze comunali cronicamente in rosso.

Al nord la situazione è stazionaria e il TP non supera sostanzialmente il 50%, proprio dove il lavoro femminile è molto diffuso. C’è da dire che le mamme che lavorano davvero il problema dei tre mesi estivi di chiusura della scuola statale lo sentono molto ed anche quello delle vacanze di Natale e Pasqua e dei vari ponti lunghi. Per questo le famose mamme, se possono economicamente, iscrivono qui al nord i figli in scuole non statali. Forse il forte incremento di iscrizioni TP del Veneto si può spiegare così, con una tendenza indotta dalla crisi a passare dalle private alle statali dove la frequenza è gratuita.

L’esperienza di questi 40 anni, di cui scarseggiano i veri bilanci, è stata a mio parere molto ricca e se fossimo disposti a mettere fine alle forzature ideologiche e sindacali darebbe indicazioni chiare per rimettere il sistema in sintonia coi giovani e le famiglie di oggi. Bisognerebbe, a mio parere, ridurre il curricolo obbligatorio a 4 ore al giorno. Altro che TP per tutti! 

Su questo provvedimento liberatorio si dovrebbero innestare le attività personalizzate e libere, dalle materie opzionali alle attività di recupero. L’edificio scolastico dovrebbe essere aperto dalla mattina alla sera ospitando attività, iniziative, spazi attrezzati, sia gratuite sia parzialmente o totalmente a carico dei genitori. Gli enti locali e le famiglie dovrebbero operare insieme alla scuola per farne un centro di molteplici attività gradite e in equilibrio finanziario. Si potrebbe così dare risposta alle molteplici esigenze che convivono nelle famiglie e nella comunità, alla mutevolezza e alla differenza degli interessi dei giovani, alle esigenze organizzative diverse di gestione dei figli, alla gestione mirata del tempo libero, dello studio personale, al sostegno ai casi ed alle situazioni difficili che sono circa il 25% del totale ecc.

L’identificazione di classe e scuola insita nel nostro sistema sta invece rendendo le classi sempre più dei micro mondi difficilissimi da gestire con dinamiche interne a volte disperanti, che ho già cercato di descrivere. Ma ai nostalgici del tempopienismo interessa? Secondo loro se “solo 2 famiglie su 3 anziché 3 su 4” non vogliono il tempo pieno allora vuol dire che ci muoviamo nella direzione giusta!