La chiamerò Carla. È una mia ex studente. Giorni fa mi contatta su Facebook: “Ciao professore!!! Lei ovviamente aprendo questo messaggio si chiederà: ma questa ora cosa vuole da me? Bé, prof., ho bisogno di parlare con lei della Divina Commedia“. 

Strana richiesta, penso. Ma è proprio Carla? Quella tipetta polemica, evidentemente traviata da un prof. anticlericale e plagiatore alla scuola media, sempre piuttosto “fredda” davanti all’opera di Dante? Sì, è proprio lei! Roba da non crederci.



Incuriosito mi do disponibile ad ogni chiarimento (come rimanere insensibili di fronte ad una tale folgorazione?). Carla mi risponde subito: “Vorrei sapere se la visione di Dante dell’aldilà l’ha inventata lui oppure se si parla veramente di inferno paradiso e purgatorio… ciò che mi interessa è il purgatorio… a parte i personaggi che lui ha collocato lì, nella religione cattolica esiste un purgatorio? Chi sta lì? Quali anime rimangono nel purgatorio? Perché sono lì? Perché Dante parla di amore? Come lo definisce l’amore? Io ricordo bene le sue spiegazioni… ma con la testa di oggi ho tante domande da fare… se vuole prof. ne possiamo parlare anche a voce…“.



Ecco i frutti dei nostri catechismi parrocchiali, penso, e delle nostre ore scolastiche di religione. Raccatto in quattro e quattr’otto quello che so in materia e, dichiarandomi pronto all’incontro, intanto le spedisco il malloppo via web.

Ma a Carla non basta, ha proprio bisogno di entrare in rapporto con me, con tutto il suo fardello di punti interrogativi: “Mi dica lei quando ha tempo per ascoltare le domande di una povera pazza… io sono sempre libera… Per vita di grazia cosa si intende? Lei crede in tutto ciò? Come devo pregare prof.? Cosa devo dire? C’è una preghiera in particolare che possa arrivare a loro? Visto che loro ci vedono e ci ascoltano…“.



Questo ennesimo intervento mi commuove. Mi colpisce quella domanda semplice, umile che ricorda la richiesta degli apostoli a Gesù: “Insegnaci a pregare”. Ma, soprattutto, mi fa pensare quel “lei crede in tutto ciò?” che chiama direttamente in causa la mia fede, le mie certezze, che mi costringe a dare una testimonianza convincente. Sì, le ho spiegato la dottrina cattolica del Purgatorio, la sua storia, la sua ragionevolezza, ma a Carla non basta: vuole sapere se io ci credo. Qui non si può fare solo il professore e, soprattutto, non si può barare.

Allora le dichiaro la mia fede, le parlo della preghiere che può dire, le dico che esiste la comunione dei Santi e mi protesto convinto del fatto che le anime del Purgatorio possono entrare in contatto con noi e che noi possiamo fare molto per loro. In questo sono perfettamente dantesco. 

Poi però non posso fare a meno di provocarla: “Non so cosa ti è capitato, ma quel qualcosa ti ha messo in movimento. Quindi quel qualcosa può essere molto provvidenziale, può portarti ad un ripensamento della vita, ad un riavvicinamento a quello che vale di più. In questo modo il tuo pensare alle anime del purgatorio aiuta loro, ma aiuta anche te”.

È a questo punto che accade il colpo di scena. E quello che Carla mi risponde voglio che lo leggiate tutto d’un fiato: “Le accenno che ho ucciso mio figlio con un aborto… ero di poco più di un mese e quando l’ho scoperto il mio cervello ha tradotto incinta = problema da risolvere = sbarazzarsene, come se fosse un oggetto che si potesse buttare… adesso ho scoperto l’amore e che Dio non ci abbandona mai… io vorrei essere perdonata per ciò che ho fatto… mi sono anche confessata con un prete… e da poco facendo qualche ricerca mi sono avvicinata molto a Dio… e poi ho pensato a lei… ora se non vuole più parlare con me dopo questa confessione la capisco… era giusto che capisse cosa mi era accaduto“.

Ma guarda che razza di strani percorsi imbocca il nostro lavoro di insegnanti. Ma guarda che strana storia hanno le parole che diciamo ogni giorno! Ma guarda che risonanza che hanno nel cuore dei nostri studenti i nostri sguardi, i nostri accenti, la nostra passione, la nostra umanità! Ma guarda che strana razza di giardinieri che siamo, guarda come il piccolo seme che gettiamo ogni giorno poi germoglia!

Una settimana dopo sul muretto di un giardino pubblico. Carla mi racconta tutto per bene. Ha preso una decisione istintiva e si è rivolta ad un’infermiera che conosceva. Era di venerdì. Non ha avuto nemmeno il tempo di pensare. Il lunedì tutto era già pronto e si è fatto l’aborto. Potenza della nostra sanità, che quando vuole sa essere efficientissima. Il dottore l’aveva tranquillizzata: era come buttare via un fagiolo! Già, ma poi ci sono stati due anni di dolore e di depressione. C’è stato un fisico che si era già modificato e preparato ad accettare e nutrire una vita e che ha dovuto innaturalmente arrestare il suo sviluppo. C’è stata quella sindrome post-abortiva di cui nessuno parla. Nessuno!

Eppure io e Carla, su quel muretto, abbiamo parlato della Grazia di Dio che, in modo straordinario, si era manifestata in una circostanza dolorosa come quella. Ed eravamo entrambi felici. Un prof. e una sua ex studente. E quella non era una fiction televisiva: le fiction non parlano di una ragazza che confessa di avere ucciso suo figlio con l’aborto, che esprime il desiderio di essere perdonata e che sente vicino a sé, misteriosa, la presenza di Dio.

Adesso è iniziata una nuova vita, per Carla. È un cammino. Dopo l’inferno, il purgatorio. E poi il paradiso (dove c’è già il suo bambino, al quale ha dato il nome di Francesco). Forse è per questo che le interessa tanto Dante e la sua storia. Forse per questo è andata in cerca di qualcuno che fosse anche solo una pallida controfigura di Virgilio…

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