Caro direttore,
leggendo in questi giorni gli interventi riguardanti la questione “gender” e strategie varie ho cercato di cogliere la positività, forse nascosta, di tutto questo affannarsi da una parte e dall’altra su temi importanti ed eticamente sensibili. Se dissenti dall’introduzione nelle scuole di questi progetti formativi speciali su “approcci pedagogici innovativi che stimolino nuovi modi di fare educazione” sei definito razzista, omofobo, nonostante  tutta una “letteratura” che documenta questo smarrimento nelle scuole, tra amministratori comunali , associazioni dei genitori, docenti e organi preposti dal Miur. Il disagio è reale e forte, parte dal basso, dalle scuole, dalle classi, da docenti attenti e responsabili e dai genitori che sono stati volutamente prevaricati. Nella scuola la professionalità didattica dei docenti incontra e si confronta con la potenzialità educativa dei genitori. Si parla di compito educativo, non cambia il contenuto, la professionalità mette ancor più in evidenza che l’adulto genitore o docente che sia, per educare deve imparare, sempre. L’esperienza formativa nelle scuole ci insegna che la professionalità scolastica unita alla potenzialità educativa naturale della famiglia producono una progettualità finalizzata ad una scuola vicina ai ragazzi, entusiasmante. Quindi a ragione si parla di pluralismo educativo e formativo delle istituzioni scolastiche. 



Oggi in Italia occorre più autonomia scolastica, occorre poter rendere concreta l’autonomia sotto il profilo pedagogico e didattico, programmatico e culturale, organizzativo e finanziario, istituzionale e gestionale. Ogni singola unità scolastica o reti di unità scolastiche possono rispondere in modo più adeguato alle esigenze di una comunità specifica, di un territorio che vede coinvolte con la scuola diverse realtà educative e sociali.  



La famiglia, quella famiglia “lì”, reale, diversa dall’altra si relaziona con quella scuola lì, con quei docenti per costruire alleanze. L’alleanza non è organizzazione, è molto di più. Il nostro sistema educativo scolastico italiano è invecchiato e sempre più rigido, si basa in prevalenza su una trasmissione del sapere che sciupa la risorsa umana, non la potenzia a sufficienza. Occorre ri-costruire ambiti e forme di vita nuove, scuole e percorsi scolastici interessanti e attraenti che muovano l’interesse e la curiosità dei nostri ragazzi. Chi lavora con i giovani non può fermarsi a dire cose troppo ordinate e strutturate come un trattato, perché queste scivolano addosso ai ragazzi, nella maggior parte dei casi. C’è bisogno di un nuovo linguaggio, di un nuovo modo di dire le cose sia nelle scuole che nelle famiglie.



Uno stato quindi laico, democratico e pluralista non può non favorire un pluralismo educativo istituzionale. Una libertà di educazione non intesa in modo riduttivo come “difesa protettiva” delle scuole paritarie, ma piuttosto come libertà in atto che misura la natura democratica e popolare di una società e di un Paese. 

Occorre lavorare insieme scuole statali e scuole paritarie, in un confronto attento ed intelligente, che valorizzi le diversità. Occorre rischiare, sviluppare progetti, sensibilità e inziative particolari con un apporto di creatività necessario al rispetto e alla valorizzazione delle diversità formative. Il sistema scolastico è unico, uno solo, l’ha ripetuto con chiarezza e determinazione anche il ministro Giannini; ora occorrono però segnali di cambiamento e di piena attuazione di norme che già ci sono nel nostro ordinamento ma che vengono disattese. Quando parliamo di scuola in Italia non possiamo riferirci solamente ed istituzionalmente alla scuola statale. È un errore gravissimo che crea solo discriminazione e scontro ideologico.