Caro direttore,
da tempo l’ex-ministro Berlinguer è impegnato in una sua personale campagna contro l’insegnamento “trasmissivo”. L’ha rilanciata anche in un’intervista uscita su queste pagine, in cui indica papa Francesco come esempio di didattica interattiva. Ma le semplificazioni con cui l’ex ministro conduce la sua battaglia meritano qualche considerazione. 



La prima riguarda l’inadeguatezza del termine “trasmissivo”, perché non si vede cos’altro debba fare una società se non trasmettere alle nuove generazioni (con le più varie metodologie di insegnamento e attraverso altri canali) il proprio patrimonio culturale, del quale fa parte a pieno titolo, almeno nella cultura occidentale, l’idea di un suo continuo ripensamento per adattarlo all’evoluzione sociale.



Non corrisponde poi alla realtà, almeno per l’esperienza e le testimonianze su cui si basano le mie convinzioni, l’immagine che Berlinguer continua a riproporre di una scuola che in grande maggioranza vedrebbe gli insegnanti parlare ininterrottamente a degli allievi che tacciono senza poter interloquire, quasi fossimo all’anno zero della riflessione pedagogica e didattica. Ne è così convinto da rivolgere ai docenti questo ammonimento intriso di disistima: “Quello che voi fate non può essere un supplizio per chi sta dall’altra parte, deve divertire, appassionare“. Di stili e di metodi di insegnamento ce n’è invece di tutti i tipi; ed è certo auspicabile un confronto professionale sempre più ampio e arricchente all’interno delle scuole. 



Ma non è neppure corretto sostenere senz’altro che “non possiamo più presentare ai giovani un trattato, un complesso di conoscenze strutturate, statiche, come spesso in molti fanno ancora oggi, perché a loro non piace“. Le conoscenze devono per forza, via via che si va avanti, strutturarsi in maniera sempre più organica, altrimenti rimangono frammentarie e superficiali. Ma questo non ha alcun legame con il modo, più o meno interessante e approfondito, con cui vengono proposte.

E siamo, qui, al punto essenziale: la vera contrapposizione non è quella tra insegnanti trasmissivi e insegnanti interattivi, ma tra quelli bravi e quelli che non lo sono. E un bravo insegnante deve conoscere bene la sua materia, avere competenze relazionali adeguate, saper incuriosire e appassionare gli allievi con i metodi con cui riesce meglio a esprimere il suo talento didattico e le sue competenze.Ci sono docenti capaci di splendide lezioni frontali, altri che guidano i propri allievi alla scoperta della materia attraverso le modalità della didattica attiva; e sono in tanti quelli che alternano modi diversi di insegnare. Vale anche per il papa, perché neppure lui è sempre “interattivo”. Spesso anzi fa la cosa più “trasmissiva” di questo mondo: legge il suo discorso.

Giorgio Ragazzini
Gruppo di Firenze
per la scuola del merito e della responsabilità

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