Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha deciso: oltre 50mila professori che insegnano nella scuola italiana da oltre 5 anni potrebbero essere lasciati a casa. Lo dice il Bando per l’aggiornamento delle graduatorie d’istituto, proditoriamente anticipato al 23 giugno 2014 ma atteso per la fine di luglio come accadde per l’ultimo aggiornamento nel 2011. Rimanere con la scadenza prevista avrebbe permesso a tutti gli abilitandi dei percorsi abilitanti speciali (Pas) di inserirsi nella seconda fascia delle nuove graduatorie, aggiornando i proprio punteggi anche con il titolo abilitante appena conseguito. Invece, per i ritardi del Miur e dei vari Uffici scolastici regionali, questi professori dovranno rimanere in terza fascia perché si abiliteranno pochi i giorni dopo la scadenza dei rinnovi (23 giugno). Una mossa meschina e subdola, che nessuno ha gradito e che ha scatenato malcontenti e serie preoccupazioni in chi a settembre non vedrà assegnarsi una cattedra perché sorpassato da chi questo stesso titolo abilitante l’ha conseguito lo scorso anno con il tirocinio formativo attivo (Tfa) ed avrà diritto ad entrare in una graduatoria prioritaria con un elevato punteggio, fino ad un massimo di 54 punti di differenza.  



Ma qual è la conseguenza più clamorosa? Oltre un milione di studenti il prossimo anno non avranno una contuinuità didattica, ma professori neolaureati senza esperienza con il solo merito di aver passato un test di ingresso a crocette. Della continuità didattica, della gestione di progetti didattici, delle relazioni educative fra docenti e studenti nessuno parla. I conti si fanno solo con dei numeri relativi a cattedre, ore, costi, e mai si pensa alla “materia” umana – perché così viene trattata – che sta dietro a tutto questo. L’unica differenza fra i due percorsi abilitanti è un test iniziale di ingresso, poi tutto il resto compreso il costo (cira 2.500 euro a persona più i viaggi per andare nelle sedi universitarie), la frequenza obbligatoria, gli esami di area disciplinare ed area comune, sono identici; allora perché così tanta differenza di trattamento da parte del Miur? 



Il decreto atteso da settimane ha spiazzato tutti perché include una forte disparità di punteggio fra i due percorsi abilitanti e non prevede finestre di aggiornamento delle graduatorie per coloro che conseguiranno l’abilitazione dopo la data del 23 giugno; nondimeno, il decreto enuncia il proposito di successivi provvedimenti di aggiornamento. Riflettimo per bene, tuttavia, su cosa questo voglia dire. Ad oggi gli esclusi sono esclusi, non sappiamo se il proposito del Miur si tradurrà in veri decreti o regolamenti successivi. Per ora sono soltanto promesse che non rispettano il lavoro e la professionalità di migliaia e migliaia di persone che hanno portato avanti gli ultimi anni scolastici, e prendono in giro chi, al prezzo di grandi sacrifici, rimane in un precariato vergognoso da anni che anche l’Europa ha già dichiarato non regolare. 



Quello che si prevede succeda e, che fa immaginare sia voluto da qualcuno, è una serie incontrollata di ricorsi sindacali, con blocco dell’avvio dell’anno scolastico e tanta animosità dei professori nell’entrare in classe. A vantaggio di chi? Degli studenti, che si vedono arrivare professori sconosciuti, o delle casse dei sindacati e degli avvocati che seguiranno le cause e le impugnazioni contro il decreto e le graduatorie? È questo il bene della scuola italiana?

C’è un ultimo punto che scandalizza: la differenziazione dei due percorsi abilitanti (Tfa/Pas) non è stata scelta dai professori, ma è stata imposta da una logica centralistica e ministeriale che ha deciso dove ed in che numero attivare i Tfa; senza contare che in alcune regioni ed in molte classi di concorso, prevalentemente in area tecnica, la possibilità di conseguire l’abilitazione con il Pas è stata l’unica dal 2006. 

Il fatto che per i Pas non ci sia stata una preselezione, sostituita dal riconoscimento degli anni di servisio prestati, non è una scelta dei docenti ma del ministero, approvata dagli organi di controllo e sancita da decreti attuativi che nessuno finora ha impugnato in sede giurisdizionale. Cambiare direzione in corso d’opera attraverso escamotages e trucchi di tipo amministrativo, scatenando scientemente una nuova guerra tra poveri, è indegno di un paese civile.