Il sistema scuola italiano si caratterizza per diffusi fenomeni di insuccesso scolastico per cui molti giovani manifestano fragilità nelle competenze sviluppate durante il proprio percorso formativo e sono destinati a scontare uno svantaggio rilevante di fronte alle crescenti richieste di una società in continua evoluzione e fondata sulla conoscenza. Secondo l’Istat, quasi un giovane su quattro tra i 15 e 29 anni in Italia è escluso da qualsiasi attività formativa e occupazionale: un esercito di oltre due milioni di giovani Neet (Not in education, employment or training) che testimoniano i fenomeni di disagio e demotivazione disseminati nel sistema formativo in una continua dispersione di risorse e opportunità. 



Inoltre, come in altri paesi europei, è rilevante il fenomeno delle disuguaglianze di opportunità di istruzione che in modo specifico riguarda le origini sociali, il genere e, più recentemente, lo status migratorio. 

Scelte formative e livelli di scolarità continuano a dipendere in misura significativa da fattori di natura ascrittiva piuttosto che acquisitiva, ovvero da attributi che non sono modificabili dalle proprie prestazioni (Ress 2013). Così i figli delle classi più istruite e avvantaggiate dal punto di vista socio-economico e culturale hanno maggiori possibilità di ottenere successo scolastico e di completare l’intera filiera educativa e formativa rispetto ai figli delle classi meno favorite. 



Nonostante le ampie e persistenti differenze di genere nelle diverse aree, oggi le femmine conseguono titoli di studio più elevati rispetto ai maschi, e inoltre i figli degli immigrati mostrano risultati scolastici e livelli di scolarizzazione sistematicamente inferiori rispetto ai coetanei nativi italiani. Rispetto al panorama nazionale come si colloca il sistema scolastico della Provincia Autonoma di Trento? 

Il quinto rapporto biennale I giovani in Trentino 2013 recentemente pubblicato dall’Iprase fornisce utili risposte in base all’evidenza di alcuni dati, per certi aspetti inaspettati, che meritano la necessaria riflessione da parte delle istituzioni coinvolte. In estrema sintesi il sistema trentino, pur essendo tra i più avanzati mostrando potenziali di eccellenza, come rilevano periodicamente i risultati degli studenti nelle prove Invalsi e nelle indagini internazionali (Martino e Rubino 2010; Santoli 2014), non è immune da alcune criticità rispetto ai fenomeni della dispersione scolastica e delle disuguaglianze educative (Ress 2013). 



In particolare il monitoraggio sistematico dei percorsi degli studenti che per la prima volta si è avvalso dei dati amministrativi forniti dal sistema informativo integrato dell’anagrafe unica degli studenti della Provincia, ha consentito di individuare un tasso più puntuale di dispersione del sistema formativo. Questo, oltre ad evidenziare i casi di dispersione vera e propria (dropping-out), pari a circa il 4-5% degli iscritti, registra anche i cosiddetti “soggetti a rischio” che rappresentano quasi uno studente su tre della popolazione scolastica trentina. Le cause prevalenti di dispersione dei soggetti a rischio sono in ordine crescente: interruzione del percorso, trasferimenti, ripetenze, promozione con carenze formative. 

Alcuni studi confermano che gli studenti che per qualche ragione non sono in regola con la propria carriera formativa mostrano un rischio elevato di abbandono almeno 10 volte superiore a quelli con percorso regolare. In Trentino il tasso di abbandono è prevalente nella formazione professionale (circa 12-13%), di dimensioni più contenute negli istituti tecnici (circa 4-5%) e limitata all’1-2% nei licei; inoltre, la dispersione scolastica non rappresenta più un fenomeno tipico delle prime classi del secondo ciclo ma rimane un aspetto rilevante anche delle altre classi. Infatti, non sono rari i casi di trasferimento “a cascata” dai licei e dagli istituti tecnici verso scuole considerate meno impegnative anche al terzo e quarto anno di corso; in particolare la formazione professionale, con un saldo alla fine dell’anno positivo, accoglie molti studenti che manifestano difficoltà nel percorso dell’istruzione. 

Che esito hanno i percorsi difficili di questi ragazzi? I dati dell’Agenzia del Lavoro ci offrono uno spaccato di questa realtà: a distanza di tre anni dall’abbandono della scuola solo un giovane drop-out su sette ha una condizione occupazionale favorevole e quasi la metà di loro non studia e non lavora. In effetti, tra i gruppi sociali si evidenziano differenze consistenti nelle scelte scolastiche, nelle performance e nei fenomeni di dispersione. La condizione socio-economica delle famiglie di provenienza in Trentino, come in tutte le società avanzate, esercita un’influenza significativa sull’allocazione individuale nella stratificazione sociale anche attraverso la continua riproduzione delle disuguaglianze delle opportunità di istruzione (Opes 2011, 2012, 2013). Le rilevazioni sistematiche Ocse-Pisa evidenziano che in provincia l’impatto delle disuguaglianze educative di origine sociale sulle competenze raggiunte dagli studenti è assolutamente assimilabile a quello complessivo del sistema italiano.

Analogamente l’Istat conferma la sostanziale similitudine tra il sistema nazionale e quello trentino circa il peso del livello di istruzione e occupazionale dei genitori sulle effettive possibilità dei figli di ottenere il massimo dei voti all’esame di licenza media, nella scelta di percorsi liceali e nella probabilità di abbandonare gli studi nel secondo ciclo. Il differenziale sociale determina situazioni nettamente più favorevoli dei tre indicatori per i figli dei laureati rispetto a chi ha genitori poco istruiti: i dati del Trentino sono solo di qualche decimo percentuale più favorevoli rispetto a quelli nazionali. Il rischio abbandono riguarda prevalentemente gli studenti di genere maschile, di bassa estrazione sociale, con una carriera scolastica irregolare. Le scelte formative sono in gran parte influenzate dai risultati ottenuti nei primi anni di scuola e gli esiti sostanzialmente predeterminati da fattori ascrittivi.

Su circa 26mila iscritti negli istituti del secondo ciclo di istruzione e nella formazione professionale ogni anno in Trentino mediamente sono circa 500 i giovani che abbandonano senza assolvere l’obbligo formativo e altrettanti abbandonano dopo la maggiore età senza aver conseguito alcun titolo. Il rischio concreto di chi lascia il sistema formativo, complice la congiuntura economica non favorevole, è di incorrere in una situazione di disoccupazione prolungata con conseguenti ripercussioni sulle possibilità di riscatto personale attraverso il lavoro (Ress 2014).

Quindi, anche in Trentino si pone la necessità oltre che l’opportunità di potenziare gli interventi di politica scolastica mirati a ridurre le disuguaglianze di  istruzione. Di fondamentale importanza appare la promozione di un orientamento non solo informativo ma soprattutto formativo che garantisca agli studenti e alle loro famiglie strumenti più efficaci nel passaggio dal primo al secondo grado del sistema scolastico, favorendo scelte più consapevoli che con molta probabilità potrebbero concorrere a ridurre alcuni meccanismi di disuguaglianza. 

Altrettanto importante appare la normalizzazione di apposite misure di sostegno nella scelta del percorso formativo, sia in termini economici che di orientamento, degli studenti più svantaggiati dalle risorse del contesto sociale e della famiglia di origine. 

Un’ultima riflessione riguarda la stessa struttura del sistema scolastico e la sua canalizzazione precoce, che altrimenti ripensati potrebbero innescare mutamenti virtuosi in ordine all’equità attenuando il ruolo delle condizioni socio-economiche familiari nelle scelte formative (Brunello e Checchi 2007). La soluzione trentina di rendere il primo biennio dell’istruzione secondaria abbastanza omogeneo tra i vari istituti e addirittura uguale nell’istruzione tecnica è una prima risposta concreta che va nella direzione giusta, permettendo agli studenti una certa mobilità indolore tra le diverse proposte formative. Agli stessi obiettivi è riconducibile l’altra scelta trentina di circoscrivere l’istruzione professionale a limitate realtà territoriali e invece di sostenere una specifica formazione professionale di competenza provinciale orientata verso professioni legate alle vocazioni dello sviluppo territoriale. 

Infine, va evidenziata una scelta importante della Giunta provinciale che ha individuato quale asse fondamentale della società del sapere e dell’innovazione lo sviluppo nella popolazione trentina della conoscenza delle lingue straniere, che deve realizzarsi attraverso un “Piano straordinario di legislatura per l’apprendimento delle lingue comunitarie − Trentino Trilingue” che coinvolga il sistema scolastico e che si integri con altre azioni, anche per gli adulti, sui settori della cultura, del turismo e dell’informazione. In quest’ottica, la conoscenza delle lingue straniere assume un ruolo fondamentale, sempre più di valenza internazionale: tante e nuove saranno le opportunità di occupazione e di applicazione delle lingue nei vari settori, dalla moda al turismo, alla sanità, alla cultura con figure professionali in continua evoluzione.

Un disegno importante che rappresenta la piena consapevolezza delle criticità del sistema scolastico ma anche una chiara visione delle strategie. I risultati si potranno percepire fra qualche anno, dopo i necessari processi di adeguamento da parte delle istituzioni scolastiche e formative e soprattutto se i processi politici saranno sostenuti dalla continuità decisionale e dai conseguenti investimenti finalizzati in modo da attivare le necessarie alleanze e sinergie tra i soggetti interessati.