Prova impegnativa quella scelta per la tipologia A. Si tratta del commento a una poesia del poeta premio Nobel Salvatore Quasimodo: Ride la gazza, nera sugli aranci, in Ed è subito sera. Edizione: S. Quasimodo, Poesie e discorsi sulla poesia, a cura di G. Finzi, Mondadori, Milano1996. Ecco lo svolgimento del sussidiario.net.



1. Il testo in analisi, “Ride la gazza, nera sugli aranci”, appartiene alla raccolta “Ed è subito sera”, pubblicata nel 1942 del poeta Salvatore Quasimodo. L’autore, nato a Modica, ricorda la sua infanzia trascorsa nelle belle terre della Sicilia: descrive tratti di vita vissuta, i giochi e le danze dei bambini, riferendosi costantemente ad elementi naturali. Il richiamo alla luna ci inserisce in una dimensione onirica e sacrale, il mondo delle memorie dell’autore. Eppure il poeta desidera che questi ricordi reali nel passato abbiano un riscontro nel presente: uno scroscio interrompe questo flusso di piacevoli pensieri ed egli si rende conto amaramente del fatto che tutto quel mondo di bellezza non appartiene più a lui. Nella seconda parte della poesia, dopo questo improvviso risveglio, il poeta torna nella contemplazione delle sue terre, rivolgendosi al vento e osservando gli uccelli, l’airone e la gazza.



2. 1. Una situazione del presente riporta il poeta nel mondo passato: dei bambini stanno giocando intorno a lui, cantano e danzano lungo il prato della chiesa. L’autore, osservando la scena, prorompe con questa considerazione: “Forse questo è un segno vero della vita”, accorgendosi che la circostanza in cui egli si trova immerso è ancora più densa di significato perché, oltre ad essere un dato del presente, porta con sé la vera vita, cioè la propria origine e appartenenza, il proprio passato.

2. 2. Attraverso l’espressione “Pietà della sera” al verso 5, Quasimodo racchiude tutta la sacralità dell’esperienza che sta vivendo: egli contemplando il presente si trova immensamente grato di ricevere il dono del passato. In quest’aura di gratitudine e commozione, il poeta indica un momento della giornata, la sera. La sera, infatti, è il momento in cui si può guardare e considerare in modo compiuto quanto avvenuto durante tutto l’arco della giornata.



2. 3. A cavallo tra i versi 5 e 6 si trova l’enjambement “ombre / riaccese”. Queste ombre sono i ricordi, che proseguono la loro epifania in senso sempre più onirico, come ci conferma il “breve sonno” del verso 8. Le ombre vengono accese dal fuoco della luna, illuminate da questa luce della memoria. È una visione bellissima, ma le ombre non possono splendere di luce propria: occorre la luce della luna. I ricordi non possono tornare alla vita piena.

2. 4. Il tema della memoria percorre tutto il testo. La memoria concede alle ombre un breve sonno, cioè una breve esistenza, perché i ricordi non possono esistere se non nella dimensione onirica. L’invito a destarsi è un invito a entrare nella realtà presente. La memoria conferisce al ricordo la dimensione del presente.

2. 5. Ai versi 10-11, però, il tempo irrompe e ruba al poeta il suo passato che ora gli appartiene solo in forma di “arsi, remoti simulacri”. Quasimodo ammette di averlo perduto, ormai non è più suo. L’unica possibilità è quella di parlare a immagini bruciate, distrutte dal tempo e lontanissime.

2. 6. L’atmosfera mitica del testo si rende evidente nella descrizione della scena delle danze coreutiche dei fanciulli. Essi richiamano a una religiosità primordiale, a una dimensione rituale. In particolare, l’espressione “pietà della sera” e anche l’immagine dei “nudi fanciulli”. Più in generale, il costante richiamo a elementi naturali.

2. 7. Nella seconda parte della poesia il tema della natura è centrale. Il poeta parla con il vento profumato di fiori d’arancio, chiedendogli di spostare la luna in modo che illumini i fanciulli dormienti, di indirizzare il giovane puledro sulle orme delle cavalle, di aprire il mare e infine alzare le nuvole dagli alberi: tutti questi imperativi esprimono il bisogno disperato di farsi svelare quel passato, di potervi accedere in qualche modo. La natura infatti porta al poeta l’essenza della sua vita passata, come il vento trattiene il profumo dei fiori d’arancio che caratterizza la terra sicula. Gli ultimi tre versi sono dedicati a due diverse specie di uccelli: l’airone e la gazza. L’airone potrebbe essere associato al poeta, poiché esso si avvicina all’acqua e cerca nel fango il suo nutrimento; in modo simile il poeta brama suo passato. Appollaiata sull’arancio, la gazza guarda il tentativo dell’airone e ride; il suo verso infatti sembra una risata, molto amara. Il tentativo dell’airone è un fallimento e il colore nero della gazza sta a rappresentare l’inevitabile finitezza di tutte le cose.

3. La poesia è composta da 19 endecasillabi e racchiude tre temi principali: fanciullezza (in particolare nei primi versi), la memoria (vv. 8-11) e infine, la comunione con la natura. Il titolo, “Ride la gazza, nera sugli aranci” coincide con l’ultimo verso del componimento. Il poeta ha messo in luce proprio la finitezza e l’impossibilità di possedere la propria vita, che possiamo solo contemplare grazie alla memoria, provocata dalla realtà naturale, che per questo motivo merita tutta la devozione del poeta. Il richiamo alla fanciullezza è ricorrente nelle poesie di Quasimodo, per esempio in Spazio: “Talvolta un bambino vi canta / non mio (…)”. Anche qui, l’accorgimento che quel passato non gli appartiene più. La poesia continua riaffermando la centralità della natura nella poetica di Quasimodo: “(…) Ed è amore alla terra / ch’è buona se pure vi rombano abissi / di acque, di stelle, di luce”. 

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