Il dono: rapporto di amore e libertà. Se si cerca sul vocabolario il termine “donare” appare la definizione «dare ad altri liberamente e senza compenso cosa utile o gradita». Ma perché si dona? Scrive Adorno nei “Minima moralia” che «la vera felicità del dono è tutta nell’immaginazione della felicità del destinatario: e ciò significa scegliere, impiegare tempo, uscire dai propri binari, pensare l’altro come un soggetto: il contrario della smemoratezza».
Nel gesto del dono è il volto dell’altro che si deve tenere presente; è un’attenzione che non può essere autentica se legata a convenzione o a convenienza. Si pensi, ad esempio, a quando si vuole fare un regalo a qualcuno: a volte si ha ben chiaro quello che la persona interessata desidera, altre volte, invece, passeggiando tra le vetrine si aspetta che qualcosa colpisca, che un oggetto, un simbolo rimandi all’altro, ad un legame che si ha con l’altro. Per questo, il regalo è quel tentativo di ricerca della relazione tra un “io” e un “tu” espresso mediante un simbolo. A cosa servirebbe, altrimenti, un anello di fidanzamento se dietro a questo non ci fosse una promessa di eternità? Proprio perché basato su un rapporto, il dono è amore e questa realtà è testimoniata quotidianamente: una madre che dona la vita a suo figlio, un ragazzo che dona una rosa alla sua fidanzata, un prete che dona un sorriso a un fedele.
Per questo Gesù afferma che “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” e donare la vita è possibile là dove si hanno le ragioni per cui vale la pena offrire e spendere la propria vita. Con tutta la sua umanità, l’uomo sa donare se stesso e lo sa fare in piena libertà ed per questo che il dono non pretende una “corrispondenza biunivoca”. Enzo Bianchi, nel “Dono. Senza reciprocità”, afferma, infatti, che «nel donare c’è un soggetto, il donatore, che nella libertà, non costretto, e per generosità, per amore, fa un dono all’altro, indipendentemente dalla risposta di questo (…). Donare appare dunque un movimento asimmetrico che nasce da spontaneità e libertà»; se così non fosse diventerebbe mercato, pressione, distruzione della libertà altrui, perderebbe la sua origine. Il dono genera una mossa individuale e desta una responsabilità che va oltre la riuscita e la pretesa. Come nel caso riportato da Mark Anspach in “Cosa significa ricambiare? Dono e reciprocità”, il gesto di Matt Jones che «accetta di donare un rene “senza un perché”; cioè non per salvare dalla dialisi una persona cara, ma solo per la gioia di aiutare sconosciuti». Solo considerando il proprio bisogno di dare e il bisogno dell’altro di ricevere, la vera essenza del donare esce dalla logica del “Do ut des”.
L’esempio più grande nella storia della gratuità e dell’amore del dono è il sacrificio di Cristo per salvare l’umanità: un gesto d’amore libero che ha conservato la libertà di ogni uomo, senza “se” e senza “ma”, senza che si meritasse o che si potesse ricambiare. A volte si incorre nell’errore di considerare l’importanza del dono in termini pratici e utilitaristici, perdendo di vista il vero significato del gesto: ogni cosa, infatti, può essere donata e assumere un valore incommensurabile che va al di là del sentimento e della materialità; si sa per esperienza che uno sguardo di tenerezza, seppur non comprato da Tiffany, non pubblicizzato dai giornali, non richiesto in una lettera a Babbo Natale, è un regalo prezioso.
Purtroppo oggi l’essenzialità del rapporto personale nel dono spesso viene meno a causa di una cultura basata sull’individualismo e sulle relazioni in rete. Come affermano Marco Aime e Anna Cossetta, ne “Il dono al tempo di internet”, «una delle caratteristiche della rete è quella di dare vita a comunità immaginate, che non sempre necessitano di relazione tra gli individui». Sembra come se non si avesse più bisogno dell’altro per donare, come se non si necessitasse più di quell’attenzione, di quel legame umano. Ma il dono è e sempre sarà il segno di attenzione e di tenerezza che ciascuno cerca e ha il bisogno di dare.
Come si evince nell'”Adorazione dei Magi” del Parmigianino, dove il Bambino osserva e abbraccia l’offerta dei Magi che con quei doni vogliono portare omaggio al Salvatore: la gioia del dare e del ricevere. Ed è per questo che Internet, il mercato e i mass media, che tendono a distruggere l’essenzialità del dono, non potranno mai riuscire nel loro intento fin quando il bambino della novella “Il dono di Natale” di Grazia Deledda sentirà il bisogno di muoversi spinto da una «curiosità invincibile» generata dal mistero del dono.
(Francesca Andriani)