Oggi, primo giorno di maturità, il Ministero ha proposto per la tipologia B (saggio breve o articolo di giornale) il tema delle responsabilità in ambito socio-economico. Gli studenti hanno avuto la possibilità di consultare vari stralci di documenti, tra cui scritti di economisti e banchieri di diverse nazionalità, come per esempio Wolfgang Behringer e Jacques Attali. Ecco qui un esempio di svolgimento del tema, redatto per Ilsussidiario.net da Francesco Seghezzi.
I paradossi della responsabilità
È certamente un paradosso parlare di responsabilità in una società che è caratterizzata sempre più dalla mancanza di legami. Nel modello economico del capitalismo finanziario e nell’utopia politica della democrazia diretta l’attore centrale è l’individuo che agisce per ottenere il proprio interesse.
I cambiamenti climatici e il conseguente rischio di danni permanenti per il nostro pianeta mostrano come l’individualismo contemporaneo abbia limiti oggettivi. La responsabilità che l’uomo contemporaneo si trova addosso è dimostrazione della sua struttura antropologica inevitabilmente relazionale. Questo è ben espresso da Wolfgang Behringer quando scrive che ormai “in pratica ogni abitante della terra è colpevole”.
A ben vedere, quello della responsabilità nei confronti del pianeta e di chi lo abiterà nei prossimi secoli, non è un tema nuovo. A partire da Malthus, passando per il pericolo di una guerra atomica fino ad arrivare ai movimenti ambientalisti, molto si è scritto e detto su questi rischi, non senza diverse contraddizioni. Basti pensare alle diverse proposte in materia di controlli delle nascite che rispondono alla domanda posta nel 1999 da Amartya Sen davanti all’aumento della popolazione mondiale: “è necessario un intervento pubblico per agevolare il rallentamento?”. Ci troviamo quindi allo stesso tempo a limitare l’accesso al mondo di nuovi individui e di proteggere il mondo da rischi futuri. Questo paradosso è tipico della condizione dell’uomo contemporaneo che non coglie la dimensione della sfida che i cambiamenti stanno portando.
Il binomio tecnica-politica per tentare di controllare il presente e soprattutto il futuro del mondo è una tentazione costante dell’individualismo. Occorre rileggere Hannah Arendt per recuperare tutto il valore irriducibile della nascita quando scrive che “Il miracolo che salva il mondo, il dominio delle faccende umane, dalla sua normale, ‘naturale’ rovina è in definitiva il fatto della natalità, in cui è ontologicamente radicata la facoltà dell’azione”. È questa l’unica responsabilità che si può prendere nei confronti di una generazione futura, lasciare che essa possa essere.
Non si tratta di concetti astratti ma di un giudizio socio-politico ben preciso. La responsabilità della politica è quella di generare spazi di libertà per i cittadini, e la vita in un pianeta sano è una pre-condizione per l’esistenza di tali spazi.
Questa lettura può essere sviluppata anche per un altro grande tema che spesso domina il dibattito pubblico: il multiculturalismo. Ci troviamo nella stessa dinamica sopra accennata. L’individualismo contemporaneo per compiere sé stesso, nella dimensione economica, si trova obbligato al contatto con chi è altro e diverso. Infatti, la crisi obbliga le imprese occidentali a guardare ai paesi emergenti come players principali per le nostre esportazioni. Senza l’incontro con civiltà molto lontane dalla nostra la nostra sostenibilità economica è destinata a finire. Per dirlo con le parole di Luce Irigaray “la coesistenza mondiale corrisponde a una delle sfide della nostra epoca”.
Scorgiamo quindi un ulteriore paradosso che obbliga l’individuo contemporaneo a riscoprire l’impossibilità di concepirsi come monade, e quindi come polo di uno scontro dialettico tra simile e diverso.
Il modello stesso di economia che si sta delineando, sempre più nella direzione della condivisione dei beni, della sharing economy, obbliga il modello capitalista ad uscire dai suoi limiti per passare da una mano invisibile a una comunità di intenti. Questo senza rinunciare al legittimo interesse per il profitto e per il mantenimento della proprietà, ma cominciando a intuire che la condivisione di competenze e servizi, anche all’esterno di una logica di mercato, genera benessere.
Le nuove responsabilità nascono dunque dalle sfide che il mondo contemporaneo lancia. Sono un obbligo ad andare oltre una concezione individualista del singolo, un obbligo non morale ma, come abbiamo visto anche sociale ed economico. L’economia e la sociologia hanno il compito di cogliere queste sfide e costruire modelli che siano all’altezza. Perchè è ormai chiaro a tutti, come dice Papa Francesco, che “il progresso economico e sociale equo si può ottenere solo congiungendo le capacità scientifiche e tecniche a un impegno di solidarietà costante, accompagnato da una gratuità generosa e disinteressata a tutti i livelli.”