I “cantieri” voluti dal ministro Giannini sono all’opera. Chiusa la parentesi degli esami di stato, il tema della riforma della scuola – dall’edilizia al reclutamento dei docenti – tornerà ad essere all’ordine del giorno, anche perché entro luglio i due gruppi di lavoro metteranno nero su bianco le loro proposte. ilsussidiario.net ne ha parlato con il sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi. Ingegnere, sindaco di Piacenza per due mandati, già vicepresidente nazionale dell’Anci, Reggi è stato il coordinatore della campagna elettorale di Matteo Renzi in occasione delle primarie del Pd del 2012. Sue le deleghe in materia di edilizia scolastica, autonomia, reclutamento del personale scolastico, valutazione.
Sottosegretario Reggi, la carriera dei docenti dev’essere legata al merito, questo la Giannini lo ha detto fin dal primo giorno. Le recenti raccomandazioni dell’Europa le hanno dato ragione. A che punto siamo?
Soltanto attraverso una buona classe di insegnanti si può migliorare la scuola, per questo investire sulla qualità dei docenti è il punto di partenza. Ancor prima viene quindi la qualità del personale che assumiamo. Occorre verificare la reale capacità di fare gli insegnanti, perché conoscere la teoria non basta. E poi investire sulla formazione in servizio, che a mio avviso dovrà progressivamente divenire obbligatoria.
Ma le prove Invalsi valuteranno direttamente l’operato degli insegnanti?
No, questa è una bufala colossale. Le prove Invalsi sono uno strumento di misurazione di un trend di apprendimento, non di valutazione dell’operato dei docenti. Chi in passato ha associato direttamente le prove Invalsi alla valutazione dei docenti non solo ha sbagliato, ma ha fatto un danno notevole. Gli insegnanti si sono sentiti giudicati, mentre le prove – nel quadro del nuovo Sistema Nazionale di Valutazione che partirà a settembre – intendono dare loro e alle scuole strumenti utili a mettere in atto un eventuale piano di miglioramento.
Esempio?
Ambiti molto diversi. Dall’intervento sui laboratori, là dove un apprendimento tecnico-scientifico è particolarmente scarso, alla decisione di attivare percorsi per attuare una didattica più efficace; da una maggiore attenzione all’inclusione, ad un maggiore utilizzo della progettazione in team.
Cosa può anticipare della rivalutazione della carrirera dei docenti in base al merito?
Il cantiere del ministero elaborerà una proposta, che verrà messa in consultazione e dibattuta con tutti i protagonisti della scuola. Al suo interno ci sarà anche il tema della carriera di dirigenti e docenti che non sarà più solo legata all’anzianità, per quanto posso ora anticipare, ma valuterà le competenze acquisite e la formazione, nonché l’impegno nelle attività complementari alla didattica. Penso che oggi sia un diritto anche degli insegnanti farsi valutare, pretendere una formazione continua obbligatoria, altrimenti siamo condannati al sistema attuale, dove chi si impegna, studia e si aggiorna è retribuito esattamente come chi queste cose non le fa.
Sembra che la carica innovativa di Renzi non vada molto d’accordo con il conservatorismo della Cgil, che nella scuola ha uno dei suoi capisaldi. E se si arrivasse alla resa dei conti proprio nella scuola?
Credo che la direzione imposta da Renzi al rilancio del paese sia stata recepita anche dal sindacato, e che al di là di alcune poche frange resistenti, la maggioranza, anche all’interno della Cgil, voglia superare vecchi modi di intendere la scuola. La soluzione, in ogni caso, sta nel dialogo.
Quali sono questi “vecchi modi”?
La scuola non può essere solo un modo per occupare del personale, perché è prima di tutto un servizio pubblico, il più importante che abbiamo. Nella trattativa che seguirà alla consultazione dovremo essere capaci di superare le sacche di privilegio e le resistenze che tutelano solo alcune categorie, privilegando il bene di studenti e famiglie.
Ma per un sindacato come la Cgil l’anzianità è tutto…
Credo che dentro la Cgil, almeno nella sua maggioranza, questo criterio non sia più un totem inviolabile. Nel momento in cui faremo proposte convincenti, anche i più riottosi saranno costretti a prendere atto che le cose stanno cambiando. La competitività del paese passa solo attraverso il riconoscimento del merito e del valore di ciascuno.
Non si è ancora capito se il recente successo elettorale di Renzi alle europee si tradurrà in una qualche forma di impulso, o di cambio di direzione, al programma del ministro Giannini…
Guardi, inanzitutto siamo chiamati a dare stabilità alla scuola. In questi anni la scuola ha subìto continui tagli e soprattutto è stata gravata di incertezze che hanno impedito la programmazione del lavoro e l’attuazione dell’autonomia scolastica. La prima cosa da fare ora è dare stabilità di risorse umane ed economiche, superando la logica dell’emergenza che ha segnato l’amministrazione negli ultimi anni.
Per quanto riguarda il reclutamento dei docenti e il Tfa, la situazione è caotica, sfilacciata.
Lo so bene, c’è un’incredibile sovrapposizione di norme. È una disgrazia che assorbe la metà del nostro tempo. Anche a queste persone dobbiamo dare maggiori certezze di una ragionevole stabilità delle modalità con cui formiamo e selezioniamo chi dovrà fare uno dei mestieri più importanti: costruire il futuro dei nostri figli e quindi di tutto il paese.
Ma la tentazione di azzerare tutto e fare una legge quadro, non l’avete avuta?
No, questo no. Io sto girando molto nelle scuole del paese e quello che chiedono gli insegnanti è una tregua, dicono chiaramente di non poterne più di riforme che si susseguono a cambiare continuamente le cose. Quando dicevo che occorre stabilità intendevo questo, i cantieri servono anche a questo scopo, a consolidare, possibilmente migliorandole, tante situazioni come − ad esempio − l’autonomia prevista dalla legge Berlinguer, che va attuata fino in fondo, dandole le gambe e le risorse per poter correre. Se lo facessimo avremmo realizzato la più grande riforma che questo paese attende nella scuola.
Parla di autonomia finanziaria?
Intendo l’autonomia di gestione, ad esempio attraverso l’organico fuzionale. Le faccio l’esempio dei bambini di etnie diverse e degli alunni con disabilità. Sono richiesti interventi particolarmente impegnativi, ma i vincoli di risorse umane ed economiche e contrattuali impediscono un utilizzo flessibile del personale e un contrasto serio del disagio.
Ma c’è una disponiblità vostra a investire sull’autonomia finanziaria? Per essere espliciti: come vede l’assegnazione annuale di un budget complessivo, a tutte le scuole statali e non statali, su parametri fissi omnicomprensivi senza vincoli di destinazione, con il quale ogni scuola provveda alla realizzazione dell’offerta formativa, con un severo controllo annuale sull’utilizzo delle risorse assegnate?
Io sono un convinto federalista che sul territorio ha sempre sofferto molto il centralismo regionale e nazionale, però ho sempre riconosciuto anche la necessità di evitare le diseguaglianze. Il modello che mi ha presentato lei sarebbe efficacissimo in alcune zone del paese, ma creerebbe enormi diseguaglianze in altre, dunque non va bene. Quello che conta è garantire l’autonomia, certamente, ma attraverso una coordinamento che deve essere in capo allo Stato. Altro è la parità scolastica, che vogliamo assolutamente tutelare nel nome del principio di sussidiarietà a noi molto caro.
A proposito di scuole, autonomia e territorio… Lei ha fatto il sindaco, giusto?
Appunto. Avevo una rete di scuole pubbliche e paritarie che funzionavano bene perché c’era un coordinamento pedagogico unico, perché facevano programmazione assieme e gli standard di qualità erano uguali per tutti o per lo meno sopra una soglia minima stabilita dallo stato. In questo senso mi va bene il modello che dice lei, autonomia massima sì ma secondo criteri di valutazione e standard di qualità che devono essere comuni. Un genitore ovunque mandi il figlio deve avere la garanzia di un livello di qualità da tutto il pubblico e da tutto il privato.
Torniamo un attimo al Tfa. Non si sa ancora come sarà la struttura della prova a meno di un mese dai test preliminari, che si svolgeranno dal 14 al 31 luglio…
Ma i candidati si sono preparati o no in questi anni? Dunque che problemi hanno?
Non è scorretto imporre a un candidato la regione nella quale fare il Tfa?
Secondo me no: è un meccanismo più flessibile che dà più opportunità. L’alternativa era quella di aspettare che le sedi universitarie autorizzassero la propria classe di concorso, ma così avremmo perso dei mesi e dato meno chances ai partecipanti. Ci sarà forse da fare qualche spostamento, ma a fronte di questo possibile disagio ci sono opportunità più ampie.
Uno dei problemi più gravi dell’amministrazione scolastica è dato dai ricorsi. Alcuni sindacati per esempio impugneranno il Tfa perché privo dei pareri di legge di Cnpi e Cnam… Come pensate di fermare la valanga?
Invito quella parte del sindacato che vuole la battaglia giuridica a spostare il confronto sul piano dei contenuti. Un ministero che si occupa solo di ricorsi non fa bene alla scuola, ma non fa bene nemmeno al sindacato che ha a cuore il bene della scuola. Del Cnpi, un organo che non si è riunito da un anno e mezzo, mi pare che nessuno senta la mancanza. Confrontiamoci, ma senza attaccarci a strumenti che sono solo un pretesto per litigare.
Ma c’è chi vuole dare la scuola in mano ai giudici.
Ma che vantaggio hanno costoro?
Evidentemente quello di sanare per legge, attraverso le sentenze, una miriade di situazioni di fatto.
Lo so, è chiaro che lo scopo è questo, ma credo che viviamo un tempo in cui questa situazione non è più possibile. Ora dobbiamo mettercela alle spalle. E possiamo farlo solamente insieme.
Quale politica di assunzione dei dirigenti scolastici avete in mente?
Ripartiremo entro l’anno con il primo corso-concorso previsto dall’ex ministro Carrozza e che noi abbiamo anticipato. Da lì uscirà il primo blocco di nuovi dirigenti.
(Federico Ferraù)