Il ministro Giannini sembra fare sul serio. La promessa di reintroduzione della storia dell’arte nelle scuole italiane, espressa nel protocollo d’intesa Miur-Mibact lo scorso 28 maggio, è stata rilanciata e specificata di recente nel corso della terza edizione degli Stati Generali della Cultura, promossi dal Sole 24 Ore in collaborazione con Fondazione Roma.
“La storia dell’arte deve tornare ad essere una materia strutturale all’interno dei percorsi di studio nelle scuole italiane” ha affermato il ministro; ma perché queste parole non restassero dichiarazioni di principio, era necessario entrare nella concretezza della situazione: quattro conti bisognava iniziare a farli. Ha infatti proseguito Stefania Giannini: “Sapete quanto ci costerà introdurre la storia dell’arte in tutti i livelli dei licei, nel biennio e nel triennio, negli istituti di scienze umane e negli istituti turistici? Costerà più o meno 25 milioni di euro. E sapete qual è il budget del ministero: 51 miliardi di euro. Ce la faremo? Sì, ce la dobbiamo fare“.
Il contesto di questa dichiarazione dimostra la sinergia in atto tra i due ministeri dell’Istruzione e dei Beni culturali, per attuare un programma di ampie vedute, ma anche di grande complessità, e non solo dal punto di vista economico. La logica che lo muove è la coscienza dell’unicità della nostra identità di popolo cui appartiene il 60 per cento del patrimonio artistico mondiale; il concetto di tutela non ancorato alla sola sua salvaguardia, ma sviluppata come sua rivitalizzazione in quanto investimento produttivo; infine il valore dell’educazione dei giovani propulsori di una energia creativa che parte da un amore alla propria storia.
Lo scenario affascinante che si prospetta va tuttavia a interagire con dinamiche e situazioni molto complesse di cui non si può non tenere conto.
Dal punto di vista dei curricoli scolastici la reintegrazione delle ore di storia dell’arte comporterà un aumento del monteore, cosa che rende necessaria la revisione e il riequilibrio dei curricola scolastici: in ogni caso si deve andare a metter mano all’architettura della riforma Gelmini, che giunge il prossimo anno scolastico a completare il suo primo quinquennio con una formula degli esami di Stato non ancora chiaramente delineata.
Un altro ordine di riflessioni è invece stato aperto dal ministro Franceschini quando ha affermato che “è cominciata la stagione degli investimenti perché nell’epoca della globalizzazione il sostegno della nostra cultura diventa una scelta economica strategica“.
Il recente d.l. art bonus varato dal ministro favorisce l’instaurarsi di una nuova mentalità nella fruizione del nostro patrimonio, più accessibile, frequentabile, quindi familiare; d’altra parte la diffusione della digitalizzazione indica che la tecnologia informatica ha aperto nuovi e affascinanti orizzonti di approccio alle opere d’arte permettendo, ad esempio, di godere di straordinari particolari inediti e inesplorati fino a pochi anni fa.
Siamo nell’epoca della globalizzazione: i confini della nostra realtà si sono allargati oltre lo spazio fisico della nostra possibilità di movimento. Oggi è possibile fare ottime visite virtuali alle più prestigiose istituzioni museali nel mondo senza muoversi dalla comoda poltrona della nostra camera. Accumuliamo una grande quantità di esperienze artistiche in poco tempo, allungando velocemente la lista di opere d’arte che possiamo dire di avere “visto”: ma è cambiato radicalmente il senso della parola vedere.
Nel dibattito pubblico del 9 giugno scorso presso la facoltà di Architettura della Sapienza di Roma per parlare di digitale e cultura, protagonisti il ministro Dario Franceschini e il presidente di Google Eric Schmidt, è emersa chiaramente una dicotomia di criteri e di valori nel modo di considerare, appunto, il rapporto con il patrimonio artistico. Per Franceschini se è vero che “il turismo ha bisogno del commercio elettronico ed è il settore in cui siamo più arretrati, il processo di digitalizzazione deve riguardare maggiore godibilità dell’impianto architettonico-culturale-museale, mantenendo arte e cultura al di fuori delle logiche commerciali“. Eric Schmidt ha affermato che “il sistema educativo italiano non forma persone adatte al nuovo mondo; per affrontare questo problema è importante far recepire le abilità a livello digitale, incoraggiare i giovani in questo senso.Il futuro dell’arte è online, ma soprattutto la sfida sarà sul telefonino“.
L’epoca di internet, dunque, come sta cambiano il senso della parola “vedere”, così sta rivoluzionando anche il modo di pensare, e di interagire con la realtà: in questo caso la realtà è quella dell’opera d’arte. Con questo cambiamento bisogna fare i conti.
Chiunque abbia fatto una vera esperienza di incontro con l’opera d’arte può affermare che si tratta di una esperienza unica, personale, che coinvolge intelligenza e cuore, conoscenze e sensibilità.
Solo sentendo sulla propria pelle l’emozione che l’opera comunica si può dire di averla incontrata.
Ma questo non è possibile se l’incontro non è anche concreto, materiale: l’opera prende vita e comunica anche attraverso la materia con cui è fatta, con il contesto in cui è inserita e con cui interagisce. Tutto ciò viene perduto se vediamo attraverso uno schermo, per quanto sia in alta definizione.
La difesa del ruolo dell’educazione all’arte quale fulcro e motore della vita culturale e civile del nostro Paese, e nel nostro sistema educativo deve dunque saper accogliere le sfide del web, ma nel contempo non rinunciare a quello che è il cuore del valore del nostro patrimonio non riducibile ad alcuna unità di misura puramente quantitativa.
Profeticamente scrisse Vassilij Kandinskij nel lontano 1912: “L’uomo non deve dunque accostarsi all’arte con la ragione e con la comprensione, ma con l’anima e con l’esperienza vissuta. Ragione e comprensione si trovano nel corredo dell’artista, il quale deve disporre di tutti i mezzi per raggiungere il suo fine. E colui per il quale l’opera è stata creata, deve aprire senza riserve la sua anima e stabilire un contatto diretto con essa. Anch’egli allora sarà felice” (Sulla comprensione dell’arte, Monaco 1912).