Pur essendo un insegnante di latino e greco, non smetto mai di rimanere sorpreso di quanto quei testi che potrebbero essere definiti delle “anticaglie impolverate da soffitta” od oggetti riservati ai “topi da biblioteca” abbiano ancora da suggerire a noi e soprattutto ai ragazzi del nostro tempo. 



Sembrava una quinta ora di lezione “normale”, cioè con il pensiero dei ragazzi in parte rivolto alla lezione, in parte alle “sudate carte” dell’impegno pomeridiano e soprattutto alle altre attività, quando un passo della Congiura di Catilina di Sallustio ha acceso l’interesse. C’era cioè una relazione tra quello che più di duemila anni fa aveva scritto un romano e l’esperienza viva, presente, attuale dei ragazzi (e lo confesso, anche mia). Si tratta del capitolo 9 in cui Sallustio, storico latino del primo secolo a.C., riflettendo sul periodo di crisi politica, sociale e morale che sta vivendo, vuole descrivere un tempo antico ideale, completamente diverso dalla situazione presente.



Igitur domi militiaeque boni mores colebantur; concordia maxuma, minuma avaritia erat; ius bonumque apud eos non legibus magis quam natura valebat. – Dunque in pace e in guerra erano praticati i buoni costumi; grandissima era la concordia, minima l’avidità; il diritto e ciò che è buono erano osservati non maggiormente in virtù delle leggi che per natura.

Il passo ha catturato l’attenzione per la ricchezza delle osservazioni, che sfuggono ad una lettura veloce ma emergono ad una lettura attenta. Infatti lo scrittore precisa le caratteristiche di questo tempo antico, che non sono altro che il modello di società in cui Sallustio aspirerebbe a vivere. 



Innanzitutto lo storico latino mette in evidenza che in ogni circostanza, in pace e in guerra, i buoni costumi(boni mores, le buone usanze) erano praticati. Non c’è quindi una situazione eccezionale, come la guerra, che giustifichi un comportamento im-morale, cioè contrario ai mores; e non c’è nemmeno d’altro canto l’alibi che si possono praticare i buoni costumi perché si è in una circostanza favorevole come la pace.

Presenta poi nel testo il carattere fondamentale della società dei tempi antichi: concordia maxuma, minuma avaritia(= avidità) erat. La contrapposizione concordia/avaritia è sottolineata dagli opposti maxuma/ minuma. La società era insomma fondata su un “sentimento” comune profondo, “un unico cuore”, in cui l’insaziabile brama personale non trovava se non pochissimo spazio. È realista Sallustio, anche in questo quadro ideale: è ineliminabile l’avaritia, ma la si può limitare al massimo (minuma), non farla diventare un malcostume comune dell’intera società. 

Ed ecco quello che ha colpito tutti:ius, cioè il diritto, cioè che è ius-tus (giusto), “ciò che è conforme alle leggi”, et bonum, cioè “ciò che è come deve essere per natura”, l’onesto, apud eos (cioè presso gli antichi) non legibus magis quam natura valebat, cioè non erano applicati in virtù delle leggi più che per natura. In altri termini: la forza coercitiva delle leggi non era superiore alla spontanea adesione al bene. 

Due punti sono stati oggetto di profonde riflessioni. 

Innanzitutto l’espressione ius et bonum. Per Sallustio pare che il diritto e il bene, se pur distinti, siano legati tra loro. Interessanti sono state le osservazioni sul legame tra bene-diritto naturale-diritto positivo (cioè le leggi). Di quei giorni era l’approvazione da parte del parlamento belga dell’eutanasia per i minori. L’aggancio con l’attualità non poteva essere più pertinente.

Quindi la contrapposizione non legibus magis quam natura. Chi può negare la forza coercitiva delle leggi? Ma abbiamo abbastanza forza morale per evitare ciò che noi sappiamo e capiamo essere  sbagliato, da evitare, anche in assenza o senza la costrizione di una legge? La nostra natura (la parola deriva dal latino nascor, cioè nasciamo fatti così) ci indica ciò che è bene e ciò che è male, ma quanto la seguiamo?

Sallustio, in conclusione, viveva in un periodo di crisi ed indica a sé, ai romani del suo tempo e a noi una strada per uscire da essa: seguire ius et bonum, non perché costretti da una legge ma perché la natura ci spinge in questa direzione. Così si può recuperare quella concordia che è quell’elemento che fa fiorire una nazione. 

Uno spunto, una frase di un romano di duemila anni fa: ma a scuola può capitare che, persino in una quinta ora di lezione, possa riemergere in tutta la sua freschezza e attualità. 

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