Forse si dovrebbe imparare dalla Germania non solo per il calcio. Dopo i disastrosi risultati di Pisa 2000 i tedeschi si sono rimboccati le maniche ed in un decennio hanno sfornato standard nazionali non fumosi, sistemi di prove standardizzate negli esami finali oltre che generalizzazione della scuola dell’infanzia ed altri provvedimenti.
In Italia i risultati della ricerca continuano a non interessare sostanzialmente a nessuno. I programmi dei vari partiti ed associazioni continuano a viaggiare sulla base di presupposti che definire ideologici è un complimento e di conseguenza i governi si barcamenano molcendo a parole l’ego frustrato degli insegnanti ma nei fatti non trovando di meglio che tagliare (necessariamente) i finanziamenti alle scuole senza comprovati criteri di produttività.
Conseguentemente il rapporto sul Snv Invalsi fa notizia, se la fa, per un giorno e poi via di nuovo.
Proviamo invece a vedere che cosa se ne potrebbe cavare su alcuni fronti. Cominciamo dalle differenze territoriali.
Nell’introduzione la neo-presidente Ajello afferma “…si confermano marcate differenze territoriali che tendono ad acuirsi al crescere dei livelli scolastici. A differenza delle rilevazioni precedenti, emergono minori differenze territoriali per la scuola primaria, mentre esse diventano sempre più visibili nel passaggio alla scuola secondaria di primo grado e ancora maggiormente in quella di secondo grado”.
In effetti. Sia in italiano che in matematica nelle due prove della scuola primaria (II e V anno) le macroregioni NordOvest, NordEst, Centro, Sud e SudIsole risultano sostanzialmente allineate intorno alla media italiana, il che significa che si trovano sullo stesso livello. Anzi, il Centro registra una leggera superiorità, anche rispetto a NordOvest e NordEst. Questo dato si è peraltro delineato fin dalle prime somministrazioni.
Al contrario, a partire dalla prova di terza media e per arrivare a quella di seconda superiore le differenze territoriali si definiscono oramai solidamente, come attestato da cinque edizioni di Pisa, due di Timss ed altrettante di Servizio nazionale di valutazione (Snv). In testa il NordOvest ed il NordEst in progressivo avvicinamento fino a raggiungere e superare la parità, il Centro oscillante al centro, il Sud ad un livello inferiore ed il SudIsole ad un livello decisamente inferiore. Per quanto concerne le singole regioni si conferma il primato positivo del Trentino e quello negativo della Sicilia tallonata al ribasso dalla Calabria. Riscontri con Pisa: i territori in testa sono gli stessi, Trentino, Bolzano, Lombardia e Veneto. Due approfondimenti: è la Campania a zavorrare i risultati del Sud ed il Lazio quelli del Centro (con quale peso delle scuole di Roma? Potremo mai saperlo?). Sul Centro si conferma un’anomalia oramai ripetuta: è lo status economico sociale che determina (ahinoi) in modo significativo il livello degli apprendimenti. Ma il Centro denuncia uno status superiore a quello del Nord ed apprendimenti inferiori. Che si pensi di dormire sugli allori? Certo è che la Toscana in italiano è, con il Lazio, il fanalino di coda del Centro, superata da Umbria e Marche.
Per quanto riguarda l’equità cioè le differenze di prestazioni registrate fra gli allievi, le macroregioni con i risultati peggiori sono anche quelle in cui le differenze fra le scuole sono più macroscopiche.
Se ne possono dedurre alcune ipotesi. La differenza fra le diverse parti d’Italia non deriva da dati naturali, ma da componenti sociali. La sostanziale omogeneità di partenza è tanto solida da durare per tutta la scuola elementare, ma a partire dalla media cede. Quali le variabili? Il lavoro della scuola ed il condizionamento della cultura delle società. La scuola lavora male, ma si può forse anche pensare che la società non l’aiuta.
Ci dice molto il dato che concerne l’equità. Decenni di scolarizzazione di massa e di miglioramento dei consumi, se non delle attività produttive, non sembrano avere inciso a sufficienza sul dualismo sociale del Sud. Da una parte un “popolo” poco acculturato e che non sembra avere tratto dalle migliori condizioni di vita e di consumo del dopoguerra una spinta sufficiente ad una reale emancipazione culturale, dall’altra famiglie di media e piccola borghesia che investono molto sugli studi e sulla carriera dei figli. Segnali? L’alta percentuale di anticipatari, la spinta ai voti alti alla maturità, ma anche la disponibilità a trasferirsi per frequentare le università prestigiose del Nord e la capacità di andare a ricoprire ruoli di direzione e di immagine non più solo nei settori meno prestigiosi della pubblica amministrazione anche del Nord. Gli insegnanti appartengono come genitori a pieno titolo a questa parte e, sebbene sia vero che la scuola è nella maggior parte del territorio un presidio unico culturale e come tale spesso orgogliosamente si vive, spesso sembrano dare per persa la battaglia nei confronti del “popolo”, quando non cercano gli stessi piccoli privilegi, avendone peraltro gli strumenti.
Ma è importante anche vedere le tendenze. Sebbene le differenze a sfavore del Mezzogiorno che emergono dalla rilevazione 2013-2014 si confermino come un dato non nuovo, l’entità del divario sembra però mostrare un andamento differenziato a seconda del livello scolare, della materia e del territorio (Sud o SudIsole) con tendenze al miglioramento o alla stazionarietà. In particolare migliorano i risultati della primaria fino a arrivare ad una sostanziale parità.
La scuola del Nord sembra essere più egualitaria e più produttiva, ma i giovani del Nord sembrano avere una minore spinta ad una forte autoaffermazione individuale. Non succede solo ora e qui nel nostro paese: non sempre le buone condizioni di contesto spingono alla struggle for life.
Nulla di nuovo sulle differenze fra gli ordinamenti. Come nel caso dei territori la scala è sempre la stessa: licei, istituti tecnici, professionali. Manca all’appello ancora l’Istruzione e formazione professionale poiché l’adesione sia delle Regioni che delle istituzioni formative all’interno delle Regioni per il secondo anno è stata solamente volontaria. Ma le scale cominciano ad altezze diverse nei diversi territori e succede che i liceali di una regione del Sud ottengono risultati inferiori agli studenti di istituti tecnici di una regione del Nord.
Come mettere insieme questi dati con i risultati della maturità che continuano a premiare gli studenti del Sud e soprattutto i liceali? Si tratta probabilmente non tanto di alterazioni consapevoli da parte dei docenti quanto dell’introiezione di scale di valori differenti in relazione alle aspettative degli insegnanti, che partono quindi da altezze diverse. Chiarire questo punto e renderne consapevoli i protagonisti è preliminare a qualsiasi operazione di miglioramento. Non si può migliorare se non si pensa di doverlo fare.