Nel suo nuovo libro Le figure della seduzione in Kierkegaard, Luigi Campagner sviluppa un’analisi psicologica delle vicende affettive del famoso filosofo danese, a partire dalle sue stesse opere, quali Diario del Seduttore, La Ripresa, Timore e Tremore. Il pensiero di Kierkegaard oggi affascina molti anche tra i giovani e studenti: esso infatti è attuale e “sembra fare grip con l’esperienza: sembra aderirvi meglio di altri discorsi”, afferma l’autore del libro, che per questo consiglia la lettura del filosofo anche tra i banchi di scuola.
Un libro sull’amore, un libro sull’impossibilità di amare. Perché tornare a leggere Kierkegaard a scuola?
Sui banchi di scuola fioriscono i primi amori, perciò sarei favorevole a chi volesse portarsi il Don Giovanni sotto il braccio, come si usava fare con i libri prima dell’avvento degli zainetti… Del resto, Kierkegaard è stata una delle mie letture fin da ragazzo, poi all’università e come insegnante. Oggi ci torno come psicoanalista riprendendolo dopo la pubblicazione delle Lettere del Fidanzamento: le 32 lettere, che il filosofo faceva recapitare in giornata alla giovanissima Regine, figlia del Consigliere di Stato Olsen, esigendo che le leggesse ad alta voce e che rispondesse “seduta stante”. Dalle lettere scritte tra l’estate del 1840 e l’autunno del 1841 è ripartito il mio interesse per il corpus estetico dell’opera di Kierkegaard, soprattutto il Don Giovanni – un opera impareggiabile non solo per gli appassionati di musica -, le pagine del Diario dedicate al rapporto tormentato col padre e con Regine, il Diario del Seduttore, La Ripresa, Timore e Tremore…
Da dove è partito per questa ricerca?
Sono andato alla ricerca di alcune frasi che mi ricordavo proprio dai banchi di scuola, come quella del Diario dove Kierkegaard, paragonandosi a Socrate, afferma di aver imparato tutto da una ragazza. E’ una frase con un’eco potentissima, in grado di risuonare per anni nell’animo di uno studente. Suggerisce che si possa dare e ricevere: scambiare, costruire, fare società. Nel libro ho cercato di seguirne le tracce, ma queste non portano da nessuna parte… In tutto Platone, di cui Socrate è la voce “dialogante”, non c’è un solo dialogo con una ragazza, o dove una ragazza sia protagonista o co-protagonista. Per intenderci, un dialogo come quello tra la quattordicenne Maria di Nazareth con l’Angelo – dialogo alla pari, dove l’ultima parola spetta a lei – in tutto Kierkegaard (come in tutto Platone) non ha cittadinanza.
A suo parere Kierkegaard è “testimonio dell’amore”? Quali elementi permettono di comprenderlo?
Mi ricordavo la domanda che Kierkegaard aveva posto a proposito del vescovo Mynster, primate di Danimarca e amico di suo padre, in occasione dei suoi funerali: “è forse il vescovo Mynster un testimonio della fede?” rispondendo poi in modo drasticamente negativo. Così me lo sono domandato anch’io di Kierkegaard a proposito dell’amore.
Confrontarsi con lui su questo terreno ha voluto dire confrontarsi con i suoi maggiori traduttori e interpreti. L’approccio a Kierkegaard è molto cambiato dal 1972, quando usciva la prima raccolta delle Opere a cura del padre Cornelio Fabro, poi con Remo Cantoni, traduttore (laico) del Diario del Seduttore, ad oggi con Gianni Garrera, che ha tradotto le Lettere del Fidanzamento e collabora alla nuova edizione del Diario. Si può dire che il paradigma interpretativo della rottura del fidanzamento con Regine sia stato capovolto, e quello che veniva presentato come una forma (per quanto paradossale) di amore, viene riletto come un inganno fin da principio. Nel libro ho seguito questa seconda pista, che mi ha portato ad una visione d’insieme più coerente del corpus delle opere estetiche col resto dell’opera di Kierkegaard.
La dimensione di apertura alla religiosità che manteneva Kierkegaard si è quindi dissipata scomparendo del tutto, oppure si è trasformata in qualcosa d’altro?
Lo stadio estetico, con i suoi bagliori di seduzione e godimento e lo stadio religioso, con la sua promessa di salvezza per ogni singolo, sono gli unici ad avere per Kierkegaard un vero interesse… Me ne sono occupato soprattutto cercando di lasciare spazio ai testi: alle sue parole, alle sue frasi, alle freddure, all’ironia, alle contorsioni linguistiche e concettuali. Kierkegaard è un virtuoso della penna! Da questo punto di vista il lettore non resta mai deluso. Il problema, tuttavia, è che Kierkegaard non ci ha creduto: non ha avuto fede! Neppure nella sua vocazione di scrittore. In fondo il suo rapporto con il credere si può “stringere” su questo punto: si può credere? L’esperienza è credibile? Ci si può consegnare con fiducia a una voca-(a)zione… oppure quale che sia la scelta l’esito è già segnato: “fidatevi di una ragazza: ve ne pentirete. Non fidatevi… ve ne pentirete ugualmente. O che vi fidate o che non vi fidate ve ne pentirete ugualmente!”.
Oggi, di fronte ad una inconsistenza dei rapporti tra uomo e donna (che non durano più, per i più) cosa ci dice la storia di Regina e Soren?
Che la seduzione da sola non basta. Quella che Kierkegaard attua con Regine e da cui Regine si lascia intrappolare è una seduzione (per quanto sui generis). Se-durre è portare un altro dalla propria parte, ingaggiarlo per un compito, in-vogliarlo, con-vocarlo per un lavoro i cui frutti sono di comune godimento. Qui il tema del godimento rientra in gioco, ma in chiave giuridica, secondo l’importante precisazione del discorso lacaniano sul godimento fatta da Giacomo B. Contri. Per dirla ancora con uno degli aforismi con i quali Contri ricapitola il tema godimento e rapporto sessuale: quello che c’è di irrinunciabile è la sigaretta che i due amanti si fumano dopo. Metafora che non ha bisogno di spiegazioni, anche per i non fumatori. Giacché se non combineranno qualcosa di buono dopo, potranno dire addio anche a quell’effimero, ma non per questo disprezzabile, godimento.
Perché il pensiero di Kierkegaard incanta tanto gli studenti?
Non solo gli studenti. Kierkegaard ha molti fans anche tra i docenti e in fondo se li merita, perché la sua critica così radicale è una provocazione stimolante, che non si può lasciar cadere con leggerezza. È anche vero che il suo discorso cattura soprattutto i giovani perché sembra fare “grip” con l’esperienza: sembra aderirvi meglio di altri discorsi, e per quanto si tratti di una sensazione ingannevole, una sorta di miraggio, occorre dare atto a Kierkegaard che l’elenco dei temi trattati è piuttosto completo: il rapporto con la donna in primis (a prescindere che egli lo trovi possibile o impossibile), la fede, la professione, la politica, ma anche la malattia, l’angoscia, la melanconia, la singolarità e la legge… Ecco: l’economia manca. Quello di Kierkegaard non è un pensiero economico. L’idea stessa di vantaggio per Kierkegaard è un’idea oscena. “Muovere qualcuno: no, non lo faccio. C’è chi legge i miei scritti, chi se li studia, chi li impara a memoria, chi se ne serve quando deve predicare e insegnare… Mio Dio, ma allora io faccio più male che bene!“.
(Carerina Gatti)