Ludovico Ariosto scrisse in tutto cinque commedie: La Lena, Il Negromante, I Suppositi, La Cassaria e La Scolastica (completata poi dal fratello). Il Negromante è stata scritta nel 1509 e terminata nel 1520, pubblicata poi nel 1535: è ambientata a Cremona e racconta le vicende di un mago, un impostore, che viene interpellato per risolvere un problema coniugale. In pratica Cinto, che è costretto dal patrigno a sposare la ricca Emilia, si è già segretamente sposato per amore con Livinia. Così per sfuggire dai doveri coniugali, si finge impotente. La moglie Emilia ne parla allora con padre Abondio, e questi si rivolge al mago. Mago che verrà corrotto da Cinto, al quale promette di non svelare il suo segreto, anzi rimarcando a padre e figlia che l’impotenza del giovane è inguaribile, a meno che i due si separino. Così il giovane può sposare la sua amata Livinia. I suppositi, invece, è un’altra commedia dell’Ariosto composta nel 1509: i suppositi sono i trovatelli e la trama è un intreccio di scambi di persona e di equivoci che ne derivano. Il protagonista della storia è Erostrato, un giovane studente, innamorato della figlia di un importante imprenditore, Polinesta. Per riuscire a conquistare la ragazza, senza che il padre si possa opporre, escogita uno scambio di persona. Ciò al fine di intrufolarsi nella casa della giovane donna. Chiamato il suo servitore Dulippo, lo studente gli propone di spacciarsi per il padrone, mentre lui vestirà le vesti di un cameriere al fine di lavorare per l’imprenditore e poter così vedere la sua amata. Il piano funziona, anche se lo scambio di persona mostra qualche difficoltà.
Oggi il doodle di Google ricorda la nascita del celebre autore Ludovico Ariosto, nato ben 540 anni fa: certamente il nome è noto e anche la sua opera più famosa, l’Orlando Furioso. Invece, quello che alcuni potrebbero non sapere è da dove prese ispirazione l’Ariosto, e cioè dall’opera di Matteo Maria Boiardo. Si tratta dell’Orlando Innamorato, destinato ad essere oscurato dall’imponenza del componimento di quest’artista, ricordato oggi, che visse a cavallo tra il 1400 e il 1500: l’opera di Boiardo è un poema cavalleresco, scritto in ottave e che riporta le fantastiche avventure amorose, di guerra e magia del protagonista Orlando, pubblicato per la prima volta nel 1483. L’opera fu divisa dall’autore in tre libri, di cui solamente due conclusi e uno rimasto incompiuto: come Ludovico Ariosto, anche Matteo Maria Boiardo era al servizio dei signori d’Este e infatti in questo componimento troviamo riferimenti a Ercole I d’Este. Fu proprio nella sua infanzia e adolescenza che Ludovico Ariosto si avvicinò a questo nuovo poema, nato nella sua corte, e decise di ispirarsi proprio ad esso.
Le Repetita Treccani sono un utile strumento per tutti gli studenti che desiderano ripassare e approfondire un argomento affrontato in classe: proposte appunto dalla Treccani, consistono in rapidi video in grado di delineare con semplicità i punti fondamentali della trattazione che si vuole affrontare. I video sono disponibili online su Treccani.it e c’è anche la possibilità di consultare, via Skype, un docente e porgergli delle veloci domande di chiarimento. Molti dei Repetita Treccani sono dedicati a Ludovico Ariosto, che viene oggi ricordato in occasione del 540° anniversario della sua nascita dal doodle di Google: infatti, la Treccani ha ideato cinque video che affrontano gli argomenti e le opere più salienti dell’artista, tra cui la vita, l’Orlando Furioso, Satire, Rime e Commedie. Di seguito un esempio di Repetita Treccani.
Ariosto, ricordato oggi nel 540esimo anniversario della sua nascita, ha condiviso gli studi e la passione per gli scritti del Petrarca con un altro letterato, Pietro Bembo. Quest’ultimo aveva circa quattro anni più di Ludovico e pur essendo nato a Venezia, passò del tempo a Firenze dove apprese il toscano e anche del tempo a Messina, dove imparò invece il greco. Infine, dopo essersi laureato all’università di Padova si trasferì a Ferrara e fu proprio lì che conobbe l’Ariosto. In occasione del suo primo soggiorno a Ferrara scrisse anche una delle sue opere più famose, intitolata “Gli Asolani”. Egli fu l’iniziatore del Petrarchismo, ovvero quel movimento che considerava lo stile di Petrarca come un modello a cui fare riferimento: non solo, con la sua opera “Prose nelle quali si ragiona della volger lingua”, Pietro Bembo gettò le fondamenta e le basi della lingua italiana, per la quale gli esempi da prendere in considerazione, come lui scrive, erano Boccaccio per la prosa e Petrarca per la poesia. Dopo il primo soggiorno a Ferrara, Bembo si mosse ancora molto, e viaggiò infine verso Roma, dove è sepolto nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva.
Ludovico Ariosto scrisse cinque commedie: La Lena, Il Negromante, I Suppositi, La Cassaria e La Scolastica (completata poi dal fratello). Queste commedie sono il primo esempio di teatro comico italiano. In particolare, La Lena è ambientata nel ferrarese ed è stata composta subito dopo il sacco di Roma. La commedia è stata rappresentata per la prima volta nel Castello Estense nel 1528. è una commedia amorosa a lieto fine. La protagonista è appunto Lena, donna cinica e arrivista, sposata con Pacifico. La donna ha però un amante il ricco e avaro Fazio, conosciuto perché la figlia Licinia studia l’arte del ricamo da Lena. Flavio, figlio del rivale di Fazio, è innamorato di Licinia e, grazie alla complicità di Lena, i due giovani riescono a coronare il loro sogno d’amore. L’Ariosto si dedicò anche all’attività poetica con una serie di componimenti in latino e in italiano: versi nei quali cantò la soavità dell’amore, la bellezza della natura primaverile, la pace della campagna e le amicizie che allietano la vita.
In occasione del 500° anniversario della nascita dell’Ariosto, si organizzò uno sceneggiato che riprendeva le vicende della più famosa opera dell’artista, intitolato appunto l’Orlando Furioso. Il lavoro era diviso in cinque puntate della durata di un’ora circa ciascuna e traeva spunto dal lavoro di Luca Ronconi, che aveva presentato qualche anno prima un’opera teatrale tratta appunto dall’Orlando Furioso, riscuotendo un enorme successo. Naturalmente, si fecero degli adattamenti dall’opera teatrale per modellarla rispetto al nuovo mezzo di comunicazione, il video al posto del palcoscenico, e infine fu trasmessa su un solo canale Rai nel 1975. Ronconi, consapevole del fatto che la partecipazione degli spettatori e anche la possibilità di inscenare più vicende nello stesso momento sono due caratteristiche salienti del teatro, aveva voluto proporre una visione doppia, su due canali differenti, presentando uno sceneggiato più vicino al modus teatrale e un altro più adatto alla televisione, in modo che i telespettatori potessero scegliere. La sua proposta fu però scartata. Nello sceneggiato, realizzato anche in versione cinematografica, Massimo Foschi interpretò l’Orlando, Ottavia Piccolo fu Angelica e Luigi Diberti prese le vesti del personaggio Ruggiero.
Le satire di Ludovico Ariosto sono sette lunghi componimenti in versi che prendono il nome e l’andamento poetico da simili opere di Orazio. Sottoforma di lettere confidenziali in cui Ariosto parla di sé e della sua vita, rivolgendosi a parenti e amici. Queste opere furono scritte tra il 1517 e il 1525, pubblicate poi nel 1534 a Ferrara. La prima satira, scritta in autunno nel 1517, è indirizzata al fratello Alessandro Ariosto e a Ludovico da Bagno, segretario del cardinale Ippolito d’Este. La trama riguarda il rifiuto di Ariosto di seguire in Ungheria il cardinale e ne narra quindi la rottura dei rapporti. La seconda è rivolta al fratello Galasso ed è del 1517, scritta appunto prima di un viaggio a Roma fatto dal poeta per risolvere alcuni problemi legati al beneficio ecclesiastico di Sant’Agata in Faenza. Questa satira esprime considerazioni sul disincanto della vita cortigiana. È indirizzata al cugino Annibale Malaguzzi, invece, la terza satira, scritta a maggio del 1518. Gli narra del suo nuovo lavoro al servizio del duca. Composta nel 1523, la quarta satira è rivolta a Sigismondo Malaguzzi. Qui l’autore si duole della lontananza dalla sua amata, si lamenta anche del duro lavoro in Garfagnana e del fatto di non trovare il tempo per scrivere. Parla della vita matrimoniale, invece, la quinta satira, anche questa dedicata ad Annibale Malaguzzi, scritta tra il 1519 e il 1521. Nella sesta satira l’autore chiede a Pietro Bembo di procurargli un professore di greco per il figlio Virginio, studente a Padova. Questa è stata scritta tra il 1524-1525. L’ultima satira è indirizzata a Bonaventura Pistolfilo, segretario del duca Alfonso I d’Este. Scritta nella primavera del 1524 mentre si trovava in Garfagnana. In questa satira il poeta spiega i motivi del rifiuto di diventare ambasciatore estense a Roma ed esprime il desiderio di tornare presto a Ferrara.
Oggi il doodle di Google è dedicato a Ludovico Ariosto che nacque a Reggio Emilia l’8 settembre 1474. L’autore è conosciuto soprattutto per il poema cavalleresco “Orlando furioso”. L’opera, di cui esitono tre edizioni, è sicuramente la più famosa dell’Ariosto a patire dal suo incipit: “Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, | le cortesie, l’audaci imprese io canto”. Celebre anche la descrizione che Ariosto fa della sua Ferrara, nel canto XXXV: “Del re de’ fiumi tra l’altiere corna | or siede umile (diceagli) e piccol borgo: | dinanzi il Po, di dietro gli soggiorna | d’alta palude un nebuloso gorgo; | che, volgendosi gli anni, la più adorna | di tutte le città d’Italia scorgo, | non pur di mura e d’ampli tetti regi, | ma di bei studi e di costumi egregi”. Indimenticabile il passo del poema in cui Astolfo va sulla luna per recuperare il senno di Orlando (nel XXXIV canto): “Era come un liquor suttile e molle, | atto a esalar, se non si tien ben chiuso; | e si vedea raccolto in varie ampolle, | qual più, qual men capace, atte a quell’uso. | Quella è maggior di tutte, in che del follesignor d’Anglante era il gran senno infuso; | e fu da l’altre conosciuta, quando | avea scritto di fuor: Senno d’Orlando”. Tra le altre celebri opere di Ariosto ricordiamo le Satire, La Cassaria, I Suppositi, Il Negromante, La Lena e Gli studenti.
Uno dei passi più celebri dell’Orlando Furioso, il cui autore viene ricordato oggi in occasione del 540° anniversario della sua nascita, è quello in cui Astolfo va sulla luna, accompagnato da San Giovanni Evangelista, con lo scopo ben preciso di recuperare il senno di Orlando. La luna, descritto da Ludovico Ariosto come apparentemente simile alla terra, ma in realtà del tutto differente, è il luogo di raccolta di tutte le cose perdute dagli uomini: proprio in questo passaggio, dove Astolfo cerca tra gli oggetti smarriti per recuperare il senno di Orlando, pian piano si rende chiaro il pensiero dell’autore rispetto a ciò che manca agli uomini del suo tempo. Quello che emerge dalla descrizione di ciò che Astolfo trova sulla luna, è la profonda delusione di Ariosto a causa dell’aridità dei rapporti sociali, di tutte le adulazioni poco sincere che riempiono le corti e di tutti gli amori tanto conclamati quanto vuoti che è costretto ad incontrare ogni giorno. Una delle cose principali, perdute dagli uomini e descritta da Ariosto, è la fama, uno dei maggiori valori su cui l’Umanesimo è fondato. Proprio questa è il mezzo fondamentale che consentirebbe agli uomini di rifuggire la distruzione, l’annullamento a cui altrimenti tutte le cose vanno incontro, e di riconquistare quella pienezza e quel significato di cui altrimenti le vicende umane sarebbero prive.
Ci sono numerosi elementi dell’Orlando Furioso nel nuovo doodle che Google ha dedicato oggi a Ludovico Ariosto nel 540esimo anniversario della sua nascita (avvenuta a Reggio Emilia l’8 settembre 1474). A formare la scritta del celebre motore di ricerca c’è il mostro marino che viene nominato insieme alla donzella (anche lei presente nel logo) nel canto IX dell’opera ([…]e quante donne può pigliar, vivanda/tutte destina a un animal vorace,/che viene ogni dì al lito, e sempre nuova/donna o donzella, onde si pasca, truova). Immancabile poi anche Ruggero, capostipite della Casa d’Este assieme a Bradamante, che nel disegno cavalca l’ippogrifo, creatura alata un po’ cavallo e un po’ grifone, con testa e ali di aquila. Nonostante il valoroso guerriero riesca a salvare Angelica dalle grinfie del mostro, lei alla fine sposerà Medoro scatenando la follia di Orlando.
L’opera più celebre di Ludovico Ariosto è senz’altro L’Orlando furioso, che non in molti ricordano come nacque. Venne infatti ideato come continuazione di un’opera rimasta incompiuta da parte del poeta Matteo Maria Boiardo, considerato uno dei più importanti poeti italiani del XV secolo, L’Orlando innamorato. Si trattava di un tipico cosiddetto “romanzo cortese” come andava di moda in quel periodo storico purtroppo rimasto incompiuto per via della morte improvvisa del poeta. Ariosto impiegò ben undici anni a comporre la sua opera che invece non fu gradita al suo signore al quale l’aveva dedicata, Ippolito. Nonostante questo il poema ebbe subito un grande successo popolare e i suoi colleghi dell’epoca, tra cui Niccolò Macchiavelli, definirono L’Orlando furioso un poema bello e in molti punti mirabile. Nel 1521 una seconda edizione rivista dall’autore venne pubblicata a Ferrara e nel 1532 ne uscì una terza edizione coni un linguaggio più vicino a quell’italiano nazionale che stava prendendo piede. Si tratta nella versione originale di un tipico poema cavalleresco in 46 canti in ottave. E’ la storia del cavaliere Orlando la cui storia si intreccia con quella di altri personaggi durante una delle tante guerre medievali tra islamici e cristiani. Protagonista femminile è Angelica desiderata da molti e che invece sposa un musulmano, Medoro. Ecco la ragione della furia e della follia di Orlando.
Ludovico Ariosto è stato uno degli ultimi poeti e commediografi umanisti: nato nel 1474 a Reggio Emilia da un nobile signore che lavorava presso gli Estensi, ha seguito gli studi di legge per volontà di suo padre, Niccolò Ariosto. Oltre agli studi imposti dalla famiglia, che gli avrebbero assicurato un mestiere alla corte di Ferrara, l’Ariosto intraprese anche studi umanistici e letterari e già agli inizi del 1500 cominciò a comporre le sue prime opere. In seguito alla morte del padre, che lasciava la moglie e dieci figli, di cui lui primogenito, dovette accettare il posto di capitano della Rocca di Canossa per poter mantenere la famiglia. In seguito, passò al servizio del cardinale Ippolito in veste di segretario e diplomatico e prese gli ordini minori: il cardinale, essendo un uomo più pragmatico che di chiesa, non ha mai apprezzato le doti e il talento letterario dell’artista, preferendo sempre affidargli incarichi più pratici che lo obbligavano spesso a seguirlo in molti dei suoi viaggi. Fu proprio al servizio del cardinale Ippolito che Ludovico Ariosto iniziò, nel 1505, la stesura della sua opera più celebre, l’Orlando Furioso senza smettere di rimaneggiarla fino alla sua morte. Quando venne eletto Papa Leone X, si recò a Roma nella speranza di ricevere un incarico in uno dei maggiori centri letterari dell’epoca, senza però alcun risultato: durante quel viaggio incontrò quella che in seguito diventò sua moglie, Alessandra Benucci Strozzi. Quando il cardinale Ippolito accettò un incarico in Ungheria, Ludovico si rifiutò di seguirlo e passò al servizio di Alfonso, il fratello, dall’indole molto simile a quella del suo precedente padrone. Neanche Alfonso fu in grado di apprezzare mai le doti letterarie dell’Ariosto e nessuno dei due fratelli apprezzò il dono che lui fece loro, ovvero la prima stesura dell’Orlando Furioso, la cui prima edizione fu pubblicata nel 1516. Oltre a questa, Ludovico Ariosto scrisse anche varie satire e commedie, tra cui La Cassaria, Il Negromante e I Suppositi, nella quali emerge in più occasioni l’ambivalente rapporto che aveva nei confronti della corte di quell’epoca. Ludovico Ariosto morì nel 1533 a Ferrara, essendosi ammalato in uno dei suoi viaggi con Alfonso.