Miracolo! Sfoglio il Corriere della Sera di oggi (ieri, ndr) 11 gennaio ed all’improvviso a pag. 25 leggo un titolo che aspettavo da due decenni: “Scolari come zombie, in aula troppo presto”.

L’articolo è a firma di Orsola Riva, figlia di Massimo Riva, giornalista amico di De Bortoli e per nove anni senatore del Pci. Quindi doppia sorpresa, le considerazioni ovvie illustrate dal confronto tra il curricolo italiano e quello di altri paesi non provengono da antiquati sostenitori del vecchio mondo, ma da esponenti di quello ormai dominante.



Sei paesi sono messi a confronto e il confronto, limitato alle elementari, è fulminante: Italia 30-40 ore settimanali, Francia 24, Germania 15-20, Finlandia 19, Olanda 22, Corea del Sud 20. 

Sembra una novità scioccante, ma da anni l’Ocse segnala regolarmente l’anomalia italiana nel silenzio di tutti gli “studiosi” della scuola e di tutti gli “alleati naturali dei giovani”.



Ma ben venga — anche se in ritardo — la messa a fuoco della reale condizione dello studente. Certo che la paura del contrattacco tempopienista è forte. L’articolo è collocato a pag. 25 ed il titolo parla solo di un inizio troppo prematuro delle lezioni. Solo a fatica e solo per le primarie si esamina il totale del tempo scuola.

Ma vi è un altro aspetto che sposta l’attenzione dalla vera natura ed origine del nostro gigantismo curricolare. Si intervista Raffaele Mantegazza, docente di pedagogia generale nell’Università Bicocca di Milano, il quale dice pomposamente: “la scuola non è pensata per i figli ma per i genitori”.



Se così fosse ci sarebbe qualcosa di meritorio e di pensato, almeno nelle intenzioni. Ma non è vero! Questa è anzi la pluridecennale giustificazione del tempopienismo portata come bandiera, assieme ai posti di lavoro docente, dal moloch sindacale.

E così il povero ed ingenuo lettore è costretto a scegliere, sempre dolorosamente, tra amore per la mamma ed amore per il bambino. Nessuno si sogna di dire che la “scuola per le mamme che lavorano” è chiusa dai primi di giugno ai primi di settembre, che a Natale e Pasqua le mamme non hanno 15 giorni di congedo, che la mamma lavoratrice non termina alle 16,30 (ora di termine del tempo pieno) l’orario aziendale.

Non viene minimamente posto il tema, che ho mille volte segnalato, della distinzione indispensabile tra ore obbligatorie a classe intera ed ore opzionali in una scuola aperta come spazio sociale, dalle 7 di mattina alle 7 di sera tutti i giorni dell’anno.

Il moloch sindacale teme moltissimo questa prospettiva, che trasformerebbe la scuola in uno spazio autentico di servizio e di lavoro pieno. La riduzione del curricolo a 20 ore settimanali ridurrebbe di 1/3 i costi dell’istruzione creando la disponibilità per estendere l’apertura della scuola con le attività opzionali, compreso l’intrattenimento. 

Un buon parcheggio, non obbligatorio ma opzionale, sarebbe comunque utile per chi non ne può davvero fare a meno. In Francia il bambino viene tenuto a scuola (non a lezione in aula ma a giocare, dormire, passeggiare, fare i compiti, fare recupero cognitivo, disegnare, suonare, fare cose piacevoli, eccetera) solo se la madre dimostra di lavorare.

Inoltre l’introduzione delle temutissime attività opzionali sarebbe la via maestra per scoprire precocemente attitudini e antipatie del bambino, dando elementi concreti anche per l’orientamento scolastico sul quale da decenni si misurano invano i nostri esperti. Ma purtroppo siamo pieni di esperti che temono le esperienze e perfino la verità.