Prendete un foglio e scrivete. Dopo aver tanto visto, tanto letto e sentito. Prima di parlare ancora, di ascoltare ancora, di vedere ancora. Prima di vedere altro, e così dimenticare. Scrivete perché quello che succede quando abbiamo sedici, diciassette anni è diverso da tutto il resto, è visto, vissuto, sentito in un altro modo. Lascia un’impronta più profonda, e la lascia anche se non te ne curi, nel qual caso lavorerà sotto, nel buio cieco della pura reazione, e farà male. Scrivete perché qualcosa avete saputo e visto e, dunque, vissuto. Scrivete per approfondire un’impressione, uno sgomento, un’opinione. Scrivete perché così dovrete trarli dall’ombra dell’indistinto, guardarli, chiarirli a voi stessi, avviarli a diventare un giudizio. Scrivete perché siete ancora seri davanti alla vita, e quando non sembra è perché ve ne vergognate, come di un peccato infantile. A meno che non vi si interpelli. Allora viene fuori, che siete seri. Dunque, questa mattina, a lezione di italiano, prendete un foglio e per un’ora pensate e scrivete: voi, davanti alla tragedia di Parigi.



“Preferisco il silenzio”

Tutto il globo, di mano in mano, di nazione in nazione, si sta passando uno stendardo da portare con sentita indignazione. Uno stendardo muto, comodo, da far sventolare nella direzione più vantaggiosa o, nel migliore dei casi, nella direzione verso cui tutti quanti stanno volgendo il loro sdegno.



Seguire la massa, cogliere blande informazioni, un po’ qua un po’ là, annuire ad ogni voce che si alza più delle altre. Non voglio far parte di questo. Troppi hanno già parlato a sproposito, inneggiando a una libertà di pensiero che fino al giorno prima avrebbero detestato, facendosi paladini della battaglia di Charlie che in questo momento già deride molti dei suoi ipocriti sostenitori.

Preferisco il silenzio. Preferisco osservare chi usa questi fatti per scagliarsi contro la comunità musulmana senza un minimo di buon senso, e chi con altrettanta foga contrattacca. Osservo con attenzione per ricordare ogni parola ed ogni gesto di chi parla dell’attentato, soffrendo per come il genere umano riesce a confermare tutte le mie pessimistiche opinioni sulla nostra moralità.



Preferisco il silenzio perché ritengo sia l’atteggiamento più adatto di fronte al lutto; non lo faccio per mancanza di opinioni in merito, ma per evitare di strumentalizzare, di esagerare, di lavorare troppo di interpretazione.

Ho assistito a una sola reazione che ha ricevuto il mio pieno apprezzamento e la mia totale comprensione, quella di mio fratello appena undicenne: è scoppiato a piangere, in preda all’incredulità e alla rabbia, una rabbia che il suo animo non sapeva verso che cosa indirizzare e che è crollata su se stessa con devastante intensità.  

Penso che il fatto più sconvolgente sia che questa non è stata la reazione di ognuno di noi.

Anna Rusconi, 17 anni
 

“Siate Charlie, ma non siate disinformati”

Ci troviamo sicuramente  davanti a fatti cruenti e totalmente inaccettabili, assassinii da condannare senza “se” e senza “ma”. 

Detto questo, ritengo sia necessario fare alcune precisazioni: i terroristi autori di tali fatti affermavano di agire per conto dell’Isis, o di Al Qaeda, in nome quindi della religione islamica. Da musulmano, mi sento in diritto e in dovere di affermare che la religione in nome della quale costoro dicono di agire condanna la violenza e non può e non deve quindi essere usata come pretesto per giustificare la violenza; basti pensare che i musulmani, quando si incontrano, si scambiano una forma di saluto rituale che, tradotta, significa “Che la pace sia con te”.

E’ certamente normale e comprensibile, di fronte al terrore e all’incredulità, reagire come hanno reagito molti, puntando il dito: l’uomo ha sempre bisogno di cercare una causa, una spiegazione a fatti che gli sembrano altrimenti ingiustificabili; ma la paura, la fretta, e a volte anche l’ignoranza, portano a commettere errori. Ed è un errore quello che si sta commettendo, è un errore definire, come hanno fatto in molti, un miliardo e mezzo di musulmani terroristi.

I fanatici esistono in tutte le religioni, sono sempre esistiti e sempre esisteranno, ma, se una mela è marcia, ciò non significa che sia marcio tutto il melo; e questo errore è figlio di tante cose, ma in gran misura, a mio sindacabile giudizio, della disinformazione: in questi giorni i media, nella rincorsa al titolo sensazionale, alla prima pagina ad effetto, hanno spesso commesso l’errore di disinformare, andando talvolta, intenzionalmente o non intenzionalmente, ad alimentare quell’odio che è inevitabilmente latente in ognuno di noi.

L’informazione è un mezzo potente ed indispensabile, ma quando si trasforma in disinformazione diventa pericoloso.

La disinformazione è un vizio, una bestia che va spacciata al più presto.

 Quindi siate “Charlie”, ma non siate disinformati.

Davide Lhamid, 17 anni

“Riscoprire la bellezza del quotidiano”

Di fronte ai fatti di Parigi sorgono molti interrogativi: come possono atti simili essere legati alla religione? Che cosa ha spinto i terroristi ad agire così? Che cosa possiamo fare noi di fronte a ciò?

Alla prima domanda penso di poter rispondere che quanto è successo poco c’entra con la religione, più pretesto che vera motivazione. In quanto alla seconda domanda, la risposta resterà un mistero; forse è stato un modo per esprimere una rabbia interiore… ma il rischio di sminuire la complessità del cuore umano è molto grande, e quindi credo sia meglio che il mistero rimanga.

La terza domanda è la più impegnativa: si avverte subito un senso di impotenza e di smarrimento, ma almeno un’intuizione di risposta c’è. E’ stato di esempio per tutti noi quell’uomo che, per le strade di Parigi, in onore degli ebrei morti nel secondo attentato, ha eseguito la sonata per violoncello di Bach.

 La bellezza è presente. Il nostro compito, allora, è quello di scoprire sempre di più nel nostro quotidiano quella bellezza, unica a corrispondere al cuore, unica a portare speranza e frutto, necessaria per essere uomini.

Lucia Castelnuovo, 16 anni

(Anna Rusconi, Davide Lhamid, Lucia Castelnuovo sono studenti del Liceo classico D. Crespi di Busto Arsizio, Varese)