Arrivano due nuove figure di docenti: il docente mentor e il docente quadro. Lo ha detto il sottosegretario Faraone la settimana scorsa a Il Sole 24 Ore. Pochi giorni prima, Faraone aveva annunciato un’altra rivoluzione, quella di far valutare i docenti dai loro studenti, come già avviene in alcune scuole del paese. Ne abbiamo parlato con Ezio Delfino, presidente di Disal. 



Delfino, come commenta le dichiarazioni di Faraone diffuse a mezzo stampa?
Gli annunci del sottosegretario all’Istruzione hanno probabilmente lo scopo di “sondare” gli umori dei diversi soggetti della scuola, in vista delle decretazioni che dovranno dare attuazione alle linee della “Buona Scuola”. Non voglio credere che si tratti solo di esternazioni estemporanee e demagogiche. L’introduzione delle diversificazioni di carriera, gli incentivi e la valutazione del merito dei docenti sono azioni assolutamente necessarie per il rilancio di un moderno sistema scolastico. Certo, c’è da auspicare che il decisore politico sappia ascoltare ed armonizzare anche le esperienze e le proposte che provengono dal mondo delle associazioni professionali della scuola, dagli esperti e dal confronto con modelli europei.



La valutazione degli studenti entrerebbe a pieno titolo nel sistema di valutazione delle scuole pensato dal SNV, via Rapporto di autovalutazione. Che ne pensa?
E’ una proposta eccessiva, almeno nella forma con cui è stata lanciata dal sottosegretario, probabilmente spinto dall’enfasi di sottolineare che i docenti devono essere comunque valutati. Ascoltare gli studenti, almeno nelle scuole superiori, è una cosa utile ed in molte scuole già avviene attraverso questionari, organi consultivi, ed attraverso quelle libere aggregazioni tra studenti e docenti attorno a determinati progetti o iniziative che, di fatto, evidenziano quali sono i docenti più attivi ed apprezzati dagli studenti… 



Ma…?
La loro è una voce interessante quando si tratta di coinvolgerli in procedure legate all’autovalutazione del servizio complessivo di una istituzione scolastica. Altro è  inserire gli studenti in un organismo tecnico-professionale quale il Nucleo di valutazione coinvolgendoli, indebitamente, in deliberazioni che potrebbero essere determinanti, almeno nella intenzione del Governo, per l’accesso dei docenti a livelli stipendiali superiori.

Dalla stampa sappiamo che si tratta di una prassi già avviata in qualche scuola del paese, come il Berchet di Milano.
Non mancano esempi in Europa in cui, seppur in modo consultivo, il punto di vista degli studenti è inserito nei percorsi di valutazione degli insegnanti: in Ungheria, ad esempio, dove metodi di valutazione comprendono l’osservazione in classe, colloqui, punti di vista degli alunni, o in Polonia, dove è il capo di istituto a effettuare la valutazione della performance professionale degli insegnanti e durante questa valutazione egli può richiedere il parere dell’organo di rappresentanza degli studenti.

Quale sarebbe la sua proposta? 

Più che impegnare gli studenti all’interno dei Nuclei di valutazione o di impegnarli nella stesura di pericolose classifiche dei propri insegnanti, ritengo che sarebbe interessante avviare delle modalità di controllo che osservino, invece, il docente “in azione”, ossia mentre vive in classe con gli studenti. Un osservatore potrebbe giudicare, ad esempio, quanto gli alunni vengono coinvolti, quanto si appassionano nelle attività proposte, in che modo interagiscono gli uni con gli altri e con l’insegnante, come stanno imparando comportamenti costruttivi e cooperativi grazie al loro docente. Un modello, questo, che, indirettamente, renderebbe in qualche modo “soggetti” di valutazione degli insegnanti i loro alunni, osservati mentre vivono sulla propria pelle la proposta didattica del docente, senza renderli direttamente arbitri.

Come spiega l’introduzione di queste novità (nuovi ruoli dei docenti e valutazione studenti) inizialmente estranee al piano de la Buona Scuola?
Le variabili di cui si è fatto portavoce il sottosegretario Faraone tengono probabilmente in conto  i risultati della consultazione sulla Buona Scuola ai quali, ora, il Governo è impegnato a dare risposte concrete. La consultazione ha evidenziato la necessità d introdurre modalità di riconoscimento del merito degli operatori della scuola e di azioni di formazione permanente per migliorarne la professionalità. Nello stesso documento, inoltre, il Governo ha evidenziato alcune innovazioni finora assenti nel nostro sistema scolastico e ormai collaudate in altri paesi: il concreto riconoscimento dei meriti professionali, il potenziamento dell’autonomia delle scuole e un incremento della flessibilità organizzativa. Se alcune anticipazioni dell’onorevole Faraone si concretizzassero in questi ambiti in proposte reali, sarebbe l’inizio di un’interessante inversione di tendenza.

Va bene, ipotizziamo la creazione del “docente mentor” (e del “docente quadro”). E’ questo il presupposto giusto per parlare di carriera dei docenti, che è una preoccupazione del governo, visto che si doveva premiare il merito (senza poi dire come farlo)?
L’unica progressione di carriera prevista oggi in Italia è quella basata sugli scatti di anzianità di servizio, senza considerazione alcuna del merito: un modello che, al di là della passione educativa e della preparazione di molti docenti, finisce per disincentivare, in generale, la qualità dell’insegnamento. Valutazione, valorizzazione delle specificità e merito, ai fini della carriera e dello stipendio, invece, vanno di pari passo in tutti gli stati europei, compreso il forte investimento sulla formazione continua. Con periodiche verifiche e valutazioni del loro lavoro. In proposito vorrei fare una citazione…

Prego.
Con queste regole del gioco che svincolano di fatto la carriera e le retribuzioni degli insegnanti dagli esiti dei loro comportamenti, i docenti non hanno incentivi economici o di mobilità che li inducano a impegnarsi e fare bene nella loro scuola: i loro interessi privati non sono allineati con quelli collettivi“. Lo scrive la Banca d’Italia in uno studio dedicato al nostro sistema scolastico.

Stando alla consultazione pubblica, pare che solo un 35% reputi che il merito debba determinare gli scatti di carriera. Come commenta questo dato? 

La scuola italiana è orfana di un principio realmente meritocratico e di diversificazione di carriere. Ristabilire il merito come snodo per una qualità della scuola è importante, ma anche controverso: si tratta, infatti, di realizzare un sistema di incentivi che premino la performance dell’insegnante alla luce di un valutazione del merito. Occorre, però, un’attenzione: evitare di dimenticare anche la valorizzazione della genuina attitudine e capacità di insegnare di tanti, premiando esclusivamente quelle specializzazioni resesi necessarie dall’introduzione della autonomia delle scuole: funzioni strumentali, coordinamento dei progetto, interventi di formazione, quadri intermedi ecc. Molti insegnanti, infatti, sono “meritevoli” anche se non hanno specifiche funzioni aggiuntive. Per questo è importante sostenere che la valutazione del singolo docente e di un istituto siano misurate anche dai risultati che essi conseguono in termini di incremento degli apprendimenti degli studenti e non esclusivamente sulla congruenza dei processi o dal potenziamento delle figure di sistema.

La valutazione degli studenti è l’ennesima rivoluzione annunciata che dovrebbe partire da settembre. Per i docenti, idem. Sono giuste queste priorità?
Le azioni sulla scuola annunciate dal Governo dovranno tener conto di due necessità oggi prioritarie: quella della misurazione/valutazione degli apprendimenti e delle prestazioni professionali di chi opera nella scuola e di un controllo /investimento adeguato delle risorse finanziarie e, perciò, degli investimenti sulla scuola e, in particolare, quelli sui docenti. A questi elementi di innovazione deve parallelamente essere avviata la riscrittura di un nuovo profilo del docente (e del dirigente scolastico) che ne definisca, nel quadro dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, compiti, obiettivi, attribuzioni, caratteristiche per l’accesso, competenze didattiche: solo un profilo chiaro e adeguato può, infatti, consentire una corretta valutazione e premialità del merito. Investire in educazione è, oggi, priorità assoluta per favorire l’auspicata ripresa. Con urgenza, ma senza improvvisazione o demagogia.