Del recente rapporto dell’Oecd dal titolo Students, computers and learning, è stato sottolineato sui diversi media solo il dato secondo cui il computer non garantisce, di per sé, migliori risultati di apprendimento. In ogni caso, dopo un solo giorno di questo rapporto non ha più parlato nessuno: come quasi sempre accade, i documenti dell’Oecd cadono, per lo meno nel nostro paese, nell’indifferenza più assoluta.
Invece, soprattutto in questo caso, il rapporto pone alla riflessione di chi si occupa di scuola, e in particolare dei docenti, un tema chiave: quello del rapporto tra lettura digitale e lettura a stampa; tema a cui l’Oecd dedica anche l’ultimo numero della rivista PISA in Focus.
Ciò che si evidenzia (e che presenta risvolti didattici fondamentali) è che i due tipi di lettura richiedono capacità diverse, per cui la buona capacità di lettura a stampa non consente di generalizzare per un’altrettanto buona capacità di lettura digitale.
Sia la lettura digitale sia la lettura a stampa, infatti, sono degli skill (termine non traducibile esattamente come capacità), cioè una somma di singole abilità che prima sono state acquisite separatamente e successivamente si sono fuse insieme, dando origine a un comportamento complesso in cui risulta impossibile individuare i confini dei singoli componenti. Lo skill della lettura digitale può pertanto sembrare equivalente a quello della lettura a stampa, ma in realtà fa riferimento ad abilità diverse.
In primo luogo spesso la lettura digitale si esercita su testi diversi da quelli presentati a stampa: nel primo caso si tratta in prevalenza di comunicazioni personali e di scambi che mirano a raggiungere uno scopo specifico (transazioni), come nelle e-mail e nei messaggi che fissano la data di una riunione o che chiedono un suggerimento on aiuto. I testi narrativi si trovano invece per lo più sui testi a stampa, tant’è vero che anche i vari lettori quali Kindle, Kobo, Sony, Cybook, Pocketbook riproducono le pagina di un libro e si leggono in modo molto simile ai libri stampati. Tale differenza richiederebbe, secondo l’Oecd, che vengano realizzate forme di valutazione diversificate: ciò che finora non è avvenuto nelle prove Pisa.
Anche i processi cognitivi sembrerebbero gli stessi, ma la lettura digitale richiede in misura maggiore il ricorso alla memoria a breve termine, proprio perché la navigazione online si svolge attraverso testi presentati quasi in contemporanea. Infatti la lettura digitale implica che non si faccia quasi mai riferimento esclusivamente al testo visibile sullo schermo. Essa richiede anche di essere capaci di navigare tra le pagine di un testo e tra i diversi riferimenti presenti su una stessa pagina, nonché di saper operare un filtro in termini di rilevanza, pertinenza e affidabilità delle informazioni. Richiede, soprattutto, di saper distinguere tra informazioni scientificamente fondate e informazioni frutto soltanto di senso comune quando non addirittura di falsi o di volontà di manipolazione.
La lettura a stampa, invece, favorisce la riflessione e richiede in misura minore di valutare la credibilità dei contenuti, in quanto l’autore del testo opera da filtro.
A nostro avviso, a livello didattico occorrerebbe partire da un concetto che già Vygotskij considerava centrale: quello di dispositivo protesico, cioè di strumento che amplia le capacità naturali dell’individuo. Non bisogna dimenticare, infatti, che il computer è in definitiva uno strumento e che quindi può essere utilizzato sia in modo produttivo sia in modo negativo.
Oggi non si può evitare di far apprendere ai propri allievi anche la capacità di lettura digitale, ma non si deve nemmeno tenere totalmente separate le due forme di lettura.
Il computer, e in particolare Internet, consentono infatti di effettuare in modo estremamente economico approfondimenti, verifiche, espansioni del testo a stampa, che un tempo avrebbero richiesto di trascorrere intere giornate in biblioteca. Libro e web, pertanto, sono complementari.
Se si legge solo per divertimento, allora il web può essere insuperabile. Ma se si legge per arricchire il proprio pensiero, per comprendere meglio se stessi e gli altri, per capire la realtà, occorre il libro (su carta o su lettore ebook), a patto però che sia completato dal web.
Solo in questo modo, oltretutto, è possibile costruire nella mente degli allievi quella rete di conoscenze che fa riferimento a diversi settori disciplinari, unificandoli intorno al contenuto del testo che si sta leggendo.
La vera sfida, quindi (e il rapporto Oecd lo ricorda con forza), è quella di non utilizzare il computer solo per finalità di gioco, ma di farlo diventare davvero un mezzo per apprendere: senza dubbio un mezzo potente, a patto che lo si sappia davvero utilizzare in tal senso. La conoscenza di alcune tecniche di navigazione e di alcuni strumenti di navigazione (ad esempio collegamenti ipertestuali, schede, i menu, il tasto “back”) sono parte dell’essere alfabetizzati nel mezzo digitale, ma comunque non bastano.
Non bisogna infatti dimenticare che la vera sfida del futuro è lo sviluppo del cervello umano e che semmai dovrebbero essere i computer a copiarne l’architettura, come ha rammentato lo studioso Roberto Cingolani (direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia a Genova) nella sua “lezione su progresso” tenuta il 12 ottobre alla Fondazione Telecom.