Come è noto, Renzi ha firmato il decreto che autorizza la spesa pubblica per la “card” di 500 euro data a ciascun insegnante per l’autoformazione. Un terzo o poco più dello stipendio — a seconda dell’anzianità — che ciascun docente potrà utilizzare nel modo che ritiene più utile alla propria formazione. La carta elettronica servirà per l’acquisto di libri, corsi, software, hardware, ingressi a eventi culturali utili per l’aggiornamento professionale. Come spenderli? Cosa privilegiare?



Io insegno lingua francese in un istituto alberghiero di Palermo. Già questo determina la bussola del mio desiderio: un corso di aggiornamento di glottodidattica in Francia è in cima alla lista, per quanto la cifra sarebbe solo un contributo alla spesa totale. La Francia sembra lontanissima da quaggiù. L’amata douce France cantata da Charles Trenet, la nazione di Carlo Magno, Eleonora d’Aquitania, Baudelaire, Rimbaud, Péguy, Claudel, Chartres e Bordeaux, Grenoble, Nantes, e tutta la bellezza di laghi, fiumi, boschi, sapori, profumi… Impossibile mettere un punto. Per raggiungerla anche per pochi giorni, sono andata sempre a caccia di bandi nazionali per la formazione dall’accesso spesso molto selettivo. A volte con successo. E immagino che andando lì, farei incetta di libri e film in lingua originale, cd musicali in offerta… e anche di foie gras e formaggi. Perché noi insegniamo lingua e civiltà e l’una e l’altra si intersecano e mutano, arricchendosi all’infinito, sono storiche e abbracciano la novità di una società francese e di una cultura che spesso ci raggiunge ridotta dai frame del gossip politico. 



Poi però penso: devo essere realistica. Nonostante la Strategia di Lisbona 2010 ed Europa 2020 insista sulle lingue straniere, le diverse riforme che hanno eliminato le sperimentazioni — fatto salvo il liceo classico europeo — hanno reso l’insegnamento delle lingue straniere precario e la mia cattedra fragile. Sono di ruolo da più di 15 anni e sono stata perdente cattedra per due anni. Poi sono stata “riassorbita” dalla mia scuola. Da due anni rischio nuovamente la stessa sorte. E allora penso che con la riforma apportata dalla nuova legge 107/2015, se un domani più o meno lontano dovessi tornare a perdere posto, dovrò avere titoli (ancora!) e competenze per essere più professionalmente utile ai dirigenti del mio ambito territoriale. Ed ecco che, come accade ai fidanzati che appena decidono la data del matrimonio iniziano ad “accorgersi” di pubblicità prima ignorate, “vedo” un avviso su un master in europrogettazione… e altri simili. Un fiorire di offerte formative per i docenti più o meno serie. Come dice una mia autorevole collega, “il mercato delle vacche”. Adieu, douce France! 



Insomma, sono 500 euro e sono oggettivamente un’opportunità. Ma tali e tante sono state le rinunce fatte verso le opportunità di formazione che il mio imbarazzo è simile a quello di un diabetico a cui per un giorno sia concesso di scegliere un dolce in pasticceria. E il rischio è che il valore di questa cifra non sia funzionale a coltivare una passione, magari proprio per la disciplina insegnata (!), ma l’uso del titolo eventualmente spendibile sul mercato del lavoro. Però forse i miei alunni sarebbero molto più affascinati dal volto di un’insegnante di lingua e civiltà francese che pulsa di passione per ciò che insegna. Vorrà dire che dopo il master in europrogettazione proverò ad euro-progettare un progetto (gulp!) per portare me e i miei allievi in Francia. La bellezza vince.