LIPSIA — Dieci giorni con Anna, Ani, Arusyak, Elen, Genia, Meline, Siranusch e la loro insegnante Ruzana, un piccolo gruppo di armene di Yerevan nella nostra scuola, nella Sassonia-Anhalt. Il ministero dell’Educazione organizza dal 2006 questo gemellaggio, che mi ha visto più volte in Armenia e come ospite di diversi piccoli gruppi qui in Germania.
Le ragazze armene sono del tutto “globalizzate”, hanno tutte uno smartphone, alcune anche un Apple, e nel bus, mentre raggiungevamo le città importanti della nostra regione, si comportavano esattamente come i nostri e le nostre giovani quindicenni quando si incontrano e stanno insieme. Aveva un bel da fare la collega Ruzana a richiamarle, invitandole a godere della bella natura e a osservare le cose mentre raggiungevano Lipsia, la città in cui è sepolto J.S. Bach, la città della chiesa di San Nicola, simbolo della caduta del Muro; e poi Dresda, la città della ricostruita “Frauenkirche” dopo i bombardamenti del 1945; Weimar, la città di Goethe, maestro della natura e dell’abitare nel mondo ed Erfurt con il grandioso duomo cattolico, in cui — mi ha detto Ruzanna — lei e le studentesse si sono sentite come a casa, come in un chiesa della loro confessione apostolica-armena. E lo avevano pensata l’una separata dall’altra.
Nella parrocchia cattolica di Eisenberg (Turingia), dove sono state invitate dal parroco ad incontrare degli insegnanti di tedesco in pensione per leggere insieme delle favole dei fratelli Grimm, le ragazze hanno presentato uno spettacolo di musiche e danze occidentali e armene, nel quale si vedeva bene che sotto il sostrato globalizzato è riconoscibile la grande anima della loro patria. Nel 1915-1918 erano ragazze come queste che furono costrette a lunghe marce, durante il genocidio, fino alla città di Aleppo, per fare un nome di triste attualità odierna. Una grande anima sofferente, quella del loro popolo, ma piena di vita.
Genia, presentando lo spettacolo, ha letto tra l’altro una frase di papa Francesco in cui si ricordava anche il martirio dei bambini armeni come partecipazione al “mistero della croce di Cristo”, martirio che non può né dev’essere dimenticato. Elen ha suonato la seconda sonata di Joseph Hadyn con una serietà e una professionalità messa in risalto dal grande pianoforte Blüthner. Meline ed Anna hanno ballato alcune danze odierne con i loro costumi tradizionali armeni. Anna ed Ani, quest’ultima anche da sola, hanno poi ballato balli armeni classici, in cui si manifesta l’anima armena, asiatica e europea, nella sua completezza.
Le foto della visita sono state viste attraverso i social network da tanti genitori armeni e dagli studenti che sono già stati da noi. Un modo questo di far partecipare al viaggio anche chi non si può permettere di venire spesso in Germania, la terra che tanti armeni desiderano, come luogo di benessere e di ordine (per esempio, la possibilità di mangiare tre volte al giorno, mi ha risposto una ragazza quando le ho chiesto come mai desiderasse venire in Germania).
All’aeroporto Schönefeld di Berlino, dopo i giorni passati insieme, un ultimo scambio di battute. — Verrà il prossimo anno da noi, signor Roberto? — Sì, presto, a marzo. — E poi verrà ancora? Verrà sempre?
Quel “sempre” mi ha penetrato l’anima: è questo il desiderio che si nasconde nelle lezioni, nelle visite, nei momenti conviviali. Il desiderio di un amore gratuito, che dura sempre.