Si fa presto a dire politiche attive del lavoro; realizzarle è assai più complesso. E il centralismo, con le sue dosi massicce di regolamentazione, può in un attimo rovinare tutto. Nella nuova legge regionale (28/2015, “Qualità, innovazione ed internazionalizzazione nei sistemi di istruzione, formazione e lavoro in Lombardia”) che porta la firma di Valentina Aprea, Regione Lombardia ha dato valore legislativo e consolidato il sistema lombardo della dote ed in particolare della Dote unica lavoro. Al centro delle politiche non c’è il soggetto erogatore dei servizi e il suo funzionamento, ma la persona, con le sue attitudini, il suo profilo, la sua disponibilità ad investire su se stessa per entrare — o rientrare — nel mercato del lavoro. Sistema duale, collegamento con le esigenze produttive, apprendistato, internazionalizzazione sono i punti di forza. La legge arriva perfino a prevedere “che almeno il 5% degli studenti del terzo e del quarto anno della formazione professionale concludano il loro percorso della IeFP in apprendistato”, spiega al sussidiario l’assessore Aprea.



In sede di redazione del Jobs Act e in particolare del decreto politiche attive, Regione Lombardia è stata una delle istituzioni più critiche verso il piano del Governo. Come mai?

Siamo stati critici sostanzialmente per tre ragioni. In primo luogo abbiamo contestato la successione logica e temporale dei provvedimenti: il decreto prevede una centralizzazione delle politiche attive a Costituzione vigente e senza che sia stato completato il processo di riordino delle funzioni a seguito della soppressione delle province prevista dalla legge Delrio. Il secondo motivo di critica è legato all’approccio burocratico nella gestione delle politiche attive che rischiano di dipendere esclusivamente dalla capacità dei centri pubblici per l’impiego di incalzare i disoccupati con appuntamenti e colloqui. Il terzo motivo di critica è legato all’organizzazione del mercato del lavoro prevista dal decreto delegato del Jobs Act che impone alle regioni l’apertura di uffici territoriali, i Centri per l’impiego, cui vengono affidate funzioni esclusive di presa in carico, profiling, rilascio dell’assegno di ricollocazione e condizionalità, abrogando la pari dignità tra gli operatori pubblici e i privati accreditati introdotta dalla Riforma Biagi e pienamente attuata nel modello lombardo. 



Però, con il Jobs Act e in particolare con lo strumento dell’assegno di ricollocazione erogato a risultato e per fasce di occupabilità, il Governo si è di fatto ispirato al modello lombardo.

Sì, il sistema di politiche attive definito a livello nazionale presenta molti punti di contatto con il sistema lombardo della Dote unica lavoro. 

Di che cosa parliamo?

Di un sistema integrato di misure che devono essere concordate in un patto di servizio personalizzato; di una proporzionalità dell’aiuto calcolata in base al profilo della persona disoccupata; dell’orientamento al risultato occupazionale; di una piattaforma tecnologica di supporto alla gestione e al monitoraggio e di un sistema informativo con standard condivisi tra le Regioni e lo Stato, e di un coinvolgimento delle università e degli istituti secondari di secondo grado che entrano a far parte della Rete nazionale dei servizi per il lavoro che abbiamo sperimentato con il programma Garanzia Giovani. Quello che cambia, e che a mio avviso rappresenta un elemento di criticità, è la modalità di gestione delle politiche attive con la costruzione di un modello cooperativo basato sulla centralità dei soggetti pubblici.



Come dialoga la nuova legge regionale con il Jobs Act? E in particolare, con quali differenze rispetto alle politiche attive?

La nuova legge regionale porta a valore legislativo e consolida il sistema lombardo della Dote ed in particolare della Dote unica lavoro. Per garantire i livelli essenziali delle prestazioni sul territorio regionale, con elevati standard di servizio, siamo intervenuti sul versante della qualità del servizio erogato e non sulla scelta aprioristica di far svolgere alcune attività ai soli soggetti pubblici. Abbiamo confermato la nostra scelta di valutare le politiche e premiare i più efficienti sulla base dei risultati occupazionali raggiunti, indipendentemente dalla loro natura giuridica, pubblica o privata. In tale ottica, abbiamo meglio definito le regole di ripetizione nel tempo, e introdotto un sistema di rating per il monitoraggio e il controllo delle politiche e degli operatori. La legge 28/2015 introduce anche misure innovative per la diffusione del cosiddetto smartworking, forme flessibili di lavoro in ordine a tempi, spazi e strumenti, nonché per la promozione di servizi di welfare aziendale, atti a coniugare le esigenze delle imprese con quelle dei lavoratori, al fine di favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori. 

 

Cosa succederà di questa legge se le politiche attive, come da disegno di legge costituzionale in discussione al Senato, saranno riassegnate allo Stato? 

E’ difficile prevedere cosa accadrà con la revisione costituzionale, anche se ci auguriamo che possano aprirsi scenari che consentano a Regione Lombardia di mantenere le proprie prerogative nella gestione delle politiche attive sul territorio nell’ambito delle linee di indirizzo generali fissate a livello nazionale. Penso, ad esempio, al regionalismo differenziato previsto dall’art. 116, così come modificato dal ddl costituzionale in discussione, o alla possibilità di poter continuare a ricorrere allo strumento della convenzione per regolare i rapporti tra lo Stato e le Regioni anche dopo la riforma del Titolo V, come previsto dall’accordo quadro sulle politiche attive del 30 luglio scorso. 

 

Intanto, c’è da gestire un periodo transitorio di due anni.

Sì. Due anni durante i quali continueremo ad applicare la legge 28/2015 che consolida l’efficace strumento della Dul e daremo il nostro contributo istituzionale, laddove richiesto dalle previste intese tra Stato e Regioni. Sono convinta che l’esperienza di Regione Lombardia possa concretamente aiutare il migliore sviluppo della politiche attive anche a livello nazionale.

 

Come dialoga invece la nuova legge regionale con la Buona Scuola? 

La regolamentazione del raccordo tra scuola e mondo del lavoro è uno dei pochi punti che salvo della legge 107/2015. La mia storia politica e istituzionale dimostra l’impegno per raggiungere questo obiettivo, fin dalla legge delega 53 del 2003 e dal decreto legislativo sull’alternanza scuola-lavoro del 2005, che resta ancora oggi il punto di riferimento. La legge 107 introduce l’obbligo dell’alternanza per gli studenti dell’ultimo triennio delle scuole secondarie superiori, che nelle scuole lombarde e nei corsi professionalizzanti regionali costituiscono già una buona pratica molto diffusa. 

 

E la sua legge cosa fa? 

La nuova legge regionale 28/2015 salda ancora di più le politiche dell’istruzione con quelle del lavoro, per ridurre il mismatch tra le competenze acquisite dai giovani nel sistema di istruzione e formazione e quelle richieste dal mercato del lavoro. Di fatto introduce in Lombardia il sistema duale prevedendo percorsi di alternanza più robusti, in particolare per i percorsi professionalizzanti, che vanno da un minimo di 200 ore l’anno fino a 450 ore l’anno, rispetto alle 400 ore nel triennio degli istituti tecnici e professionali previsti dalla Buona Scuola. Ma la vera novità della legge 28/2015 riguarda l’obbligo di prevedere che almeno il 5% degli studenti del terzo e del quarto anno della formazione professionale concludano il loro percorso della IeFP in apprendistato. Saremo la prima regione a partire già da quest’anno formativo con queste novità e a poter vantare centinaia di studenti con contratto di apprendistato. L’obiettivo di fine legislatura è quello di avvicinare sempre di più il sistema IeFP lombardo al sistema duale tedesco o a quello di Bolzano, per restare in Italia.

 

Può spiegare meglio le novità in materia di internazionalizzazione e merito? Cosa è la “dote merito”? 

La legge 28/2015 considera l’internazionalizzazione una leva identitaria del sistema lombardo al pari della sua qualità. In questo senso, per tutti i componenti del mondo dell’istruzione, della formazione e del lavoro la legge 28/2015 prevede opportunità di internazionalizzazione. In particolare, con la dote merito coniughiamo la nostra tradizionale attenzione ai migliori studenti con l’apertura ad esperienze di apprendimento intensive e di alto livello, che possono essere scelte da un ricco catalogo validato dalla Regione, anche con uno sguardo internazionale. 

 

In pratica cosa significa?

A giorni verrà messo a disposizione dei giovani che hanno conseguito una qualifica o un diploma con il massimo dei voti lo scorso anno scolastico e formativo il catalogo dell’edizione 2015 che li sfiderà con destinazioni ambiziose come New York, Mosca, Pechino, Tel Aviv, Londra, Miami, Dublino ed altre ancora e con possibilità di vivere esperienze uniche, selezionate da Regione Lombardia. In questo modo, investiamo nei talenti che le istituzioni scolastiche e formative hanno selezionato. Inoltre, la legge 28/2015 ci consentirà dal prossimo anno di offrire agli studenti meritevoli anche la possibilità di scegliere l’iscrizione ad un percorso universitario in Italia o all’estero, in alternativa all’apprendimento esperienziale.

 

Cosa pensa del decreto interministeriale sull’apprendistato? 

Il testo approvato è molto migliorato rispetto alle prime versioni che introducevano, dal nostro punto di vista, una iper-regolamentazione, rischiando di ostacolare ancora una volta il decollo di questa tipologia contrattuale. Regione Lombardia ha sempre creduto in questo contratto di qualità, che coniuga lavoro e formazione on the job, anche come strumento di contrasto alla dispersione scolastica e formativa. Prova ne è la previsione dell’obbligo del 5% richiamata dalla legge 28/2015. Per queste stesse ragioni, abbiamo aderito con convinzione al progetto sperimentale per l’apprendistato di primo livello nella IeFP proposto dal ministero del Lavoro e che dovrebbe vedere coinvolti 83 enti lombardi della IeFP. 

 

Come sta andando Garanzia Giovani in Lombardia? 

Garanzia Giovani, che ha mutuato da Dul l’impianto gestionale, in Lombardia sta dando ottimi risultati anche grazie alla rete di operatori diffusa sul territorio e al contributo dei vari attori economici e istituzionali coinvolti, penso ad esempio al terzo settore. Dall’avvio del programma al 5 ottobre, sono stati attivati nel mercato del lavoro quasi 30mila giovani. Stiamo parlando di 15.300 Neet che hanno avuto la possibilità di fare un’esperienza di lavoro attraverso un tirocinio, ma anche di circa 12mila giovani che hanno trovato un’occupazione con un contratto a tempo determinato o indeterminato (9.458 con contratto a determinato, 2.855 con contratto a tempo indeterminato). Infine, 2.310 giovani sono stati inseriti in un percorso di apprendistato. Certamente il nostro sistema può e deve fare meglio e sono impegnata i prima persona per questo obiettivo, anche con progetti specifici per il coinvolgimento di giovani che ancora non hanno aderito al programma, ma siamo una delle poche regioni che può vantare simili risultati in termini occupazionali e di performance.

 

E’ vero che le aAgenzie per il lavoro suggeriscono ai giovani di passare dal programma Garanzia Giovani al programma Dote unica lavoro?

Non è possibile il passaggio da Garanzia Giovani a Dul in quanto, secondo la programmazione attuativa regionale, il target di Neet dai 18 ai 29 anni deve essere trattato esclusivamente all’interno del programma Garanzia Giovani. Solo al termine del percorso di Garanzia Giovani il ragazzo può eventualmente iscriversi a Dul e svolgere le misure di politica attiva che questa prevede. 

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