Carissimi Mattia, Francesco, Antonio, Martina, Yuri, Rafi, Giorgia e carissimi tutti voi che mi guardate dai vostri banchi ogni mattina; che avete negli occhi e nella testa uno spazio così vasto che ci vuole stare dentro il mondo intero e anche di più, oggi devo dirvi una cosa che non avrei mai pensato di dovervi dire: la scuola non c’è più!
Tante volte, forse, avete sentito questa frase: da qualche sindacalista o politico che gridava allo scandalo delle supplenze; da qualche alunno che si lamentava del crollo del soffitto della palestra; da qualche mamma che si disperava per l’assenza della mensa. Sì, tante volte avete sentito dire: la scuola è morta. Ma oggi ve lo dice il vostro maestro. Oggi è morta per davvero, qui, a Firenze: proprio tra di noi, sui nostri banchi ha buttato fuori il suo ultimo respiro.
Vi ricordate quando solo qualche giorno fa abbiamo raccolto le foglie, in questo autunno straordinario che stiamo vivendo? Vi ricordate quando abbiamo letto anche qualche poeta che ha raccontato a modo suo le foglie e voi poi avete voluto raccontarle a modo vostro? Quanto è stato straordinario riconoscere nei rossi, negli ori, nei gialli di quelle foglie, l’oro, il rosso e il giallo dei quadri che vi ho mostrato e che anche voi avete voluto tentare poi di copiare? La scuola era viva in quei colori, nell’aria che respiravamo nel giardino, nell’ansia quasi di raccontarci tutto quello che avevamo scoperto. La scuola era viva perché c’eravate voi con la vostra voglia di guardare, capire, abbracciare il mondo dal più piccolo granellino di terra raccolto sotto la pianta, fino al più grande capolavoro della pittura antica o contemporanea che abbiamo visto insieme. La scuola era viva.
E dunque? La nostra palestra ha un bel soffitto, la mensa funziona, tutti i maestri qui sono di ruolo. Ma allora, perché la scuola è morta? Ecco: oggi ho saputo che la visita che avevamo deliberato per andare a visitare la mostra “Bellezza Divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana”, qui, dietro l’angolo, a Palazzo Strozzi, è stata annullata. Per venire incontro alla sensibilità delle famiglie non cattoliche, visto il tema religioso della mostra. Proprio così: una riga per decretare la fine della scuola. Chagall, Van Gogh, Fontana, Munch, Matisse erano lì ad aspettarci a Palazzo Strozzi, nella Firenze di chiese e crocefissi ad ogni angolo di strada, che da ogni parte protestanti, ebrei, musulmani, seguaci di Confucio, taoisti ogni anno vengono a visitare con gli occhi pieni di meraviglia e di stupore. Quasi come voi davanti alle foglie del giardino, alle parole dei poeti e, sono sicuro, come voi a quella mostra davanti ai quadri che non ci sarà più nessuna occasione di vedere.
Vi hanno tolto l’aria e gli occhi: per venire incontro alla sensibilità delle famiglie non cattoliche? Perché, viene da pensare, solo le famiglie cattoliche hanno il diritto di portare i loro figli a vedere le opere di più grandi artisti di ogni tempo? Perché solo ai figli delle famiglie cattoliche è riservato il diritto alla bellezza e al genio che ha saputo interpretare il cuore dell’uomo e la sete di significato di tutta l’umanità? Ecco da dove nasce la morte della scuola: da un consiglio d’interclasse che annulla la possibilità di guardare la bellezza di opere grandi e uniche, compiendo un atto irragionevole che nasce da un pensiero discriminatorio proprio nei confronti di coloro che invece si vogliono tutelare.
Scusatemi Mattia e Yuri, e Martina e Giorgia: ho dovuto usare parole anche forse troppo difficili, ma so che avete capito. La scuola è morta perché, per una scelta che non ha ragioni e che offende anzi la ragione, ci viene impedito di guardare quelle opere che stanno qui, dietro l’angolo. Forse un giorno ci impediranno anche di scendere in giardino a guardare le foglie, perché poi magari leggeremo le parole di Rilke che, parlando dell’autunno, racconta come tutto cade, come anche la terra cade, come tutti noi. Eppure, dice Rilke alla fine del suo testo, qualcosa esiste che tiene questo cadere nelle sue mani. Sarà offensivo anche nella sua umanissima religiosità? Toglieremo quel verso? Non guarderemo più le foglie, non leggeremo più poesie, non guarderemo più opere d’arte. Forse impacchetteranno anche la strada che facciamo per venire qui. Certo, per venire incontro alla sensibilità delle famiglie non cattoliche.
Ecco bambini, ecco genitori: quando muore la ragione, muore anche la scuola. E anch’io muoio, anch’io che sono un semplice maestro, uno che ha creduto che il mio mestiere fosse quello di dovervi aiutare a spalancare tutte le finestre per guardarvi intorno. Tutti, cattolici e non.