E’ stata del 25% circa la partecipazione dei docenti e dei lavoratori della scuola allo sciopero indetto per la giornata di oggi dai Cobas e da Anief per denunciare “le incostituzionalità della buona scuola approvata con la legge 107/2015, i tagli dell’ultima legge di stabilità e le risorse irrisorie per il rinnovo contrattuale previste nel nuovo disegno di legge di stabilità 2015″. Come fatto sapere dal portavoce nazionale dei Cobas, Piero Bernocchi, adesso i sindacati puntano a un referendum nel 2017 con l’obiettivo di cancellare la legge. “La prospettiva è di inserirlo con altri provvedimenti, come il Jobs Act e altre normative ambientali”, ha spiegato Bernocchi. Alla protesta non hanno partecipato Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda che, secondo i Cobas, “non solo non hanno dato alcuna risposta ai nostri ripetuti inviti a lottare e scioperare insieme come a maggio e giugno, ma hanno solo convocato una manifestazione del pubblico impiego a fine novembre, senza sciopero, in cui la lotta contro la 107 svanisce, inviando al governo Renzi e a docenti ed Ata un segnale di resa incondizionata”.



Una giornata di sciopero per la scuola, un venerdì nero per gli ennesimi scontri che ormai non sembrano più una novità ma che non bisogna mai far finta che siano una questione normale. A Milano ad esempio oggi, per via dello sciopero nazionale contro la Buona Scuola del governo Renzi, la manifestazione è partita da Piazza Cairoli e il corteo si è avviato in direzione Lanza con alla testa lo striscione con scritto «Contro gerarchie e scuole azienda resistiamo alla buona scuola». Chiarissimo il motivo della protesta, un po’ meno il tentativo ogni volta di creare disordini per le città e i negozi del centro città: la Polizia infatti ha dovuto, per fortuna in maniera “leggera”, caricare un gruppi di studenti che voleva raggiungere il palazzo del Miur a Milano e durante la carica un professore di 50 anni e una ragazza di 18 sono stati colpiti alla testa con numerosi tagli. Al corteo, per fortuna in maggioranza pacifico, hanno presi parte oltre a coordinamenti di professori e bidelli anche gruppi di militanti dei centri sociali come Cantiere e Casc. «Contro gerarchie e scuola azienda la buona scuola è quella che resiste!» il vero slogan della giornata a Milan ma anche nelle principali altri città italiane.



Uno sciopero che sta coinvolgendo molti partecipanti quello della scuola, o meglio contro la riforma della Buona scuola del governo Renzi, che si sta tenendo in questi momenti a Roma davanti a due sedi importanti delle istituzioni italiane. La mobilitazione indetta, lo ricordiamo, da Cobas, Unicobas, Anief e altri sindacati protesta sia contro la riforma scolastica del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini e anche contro la Legge di stabilità e proprio per questo motivo verranno svolti due passaggi davanti ad altrettanti luoghi specifici. La manifestazione è cominciata infatti davanti al Ministero dell’Istruzione alle 10 circa e poi viene replicata davanti al Parlamento, verso mezzogiorno: i motivi sono spiegati dal presidente dell’Anief, Marcello Pacifico. «Si è scelto questo doppio passaggio perché dalle ore 14 prenderà il via al Senato l’esame degli emendamenti alla Legge di Stabilità». Sono infatti soltanto alcune modifiche di questa finanziaria che potrebbero, secondo i sindacati di base, veramente porre un argine ai presunti danni della riforma e dei tagli, anche a famiglie e studenti. Per questa motivazione la manifestazione si duplica per ottenere, sperano gli organizzatori, più forza: sarà dunque importante vedere anche come rispondono le istituzioni e i vari emendamenti che verranno presentati, anche dalle opposizioni, alla ingente Legge di Stabilità 2016, mentre in piazza migliaia di manifestanti urlano arrabbiati ai palazzi della politica.



Doppia manifestazione a Roma contro la riforma della scuola, con lo sciopero di insegnanti, sindacati, studenti e operatori nel mondo scolastico che si ritrovano nella Capitale per manifestare contro la Buona Scuola del Governo Renzi. Prima al Ministero dell’Istruzione e poi davanti al Parlamento per portare la voce della scuola davanti alle aule delle decisioni legislative, viste come responsabili di questa riforma che proprio non piace. Parla il presidente di Anief, Marcello Pacifico, una delle sigle più coinvolte nelle manifestazioni: il responsabile del sindacato di base della scuola afferma che è lo stesso personale scolastico ad aver chiesto di farsi sentire, «per opporci a questa logica, di tipo aziendale, che il Governo vuole imporre nella scuola italiana». Di fronte alle prospettive della riforma vuota dal premier e firmata dal ministro dell’Istruzione Stefani Giannini, continua Pacifico, non si può rimanere inermi: «basta con gli inganni, come si fa a dire che la supplentite è finita, visto che rimangono da assumere quasi 200mila precari abilitati tra Graduatorie a eliminazione e graduatorie d’Istituto?». Gli otto euro di aumenti previsti dalla Legge di Stabilità sono visti come un grido di vendetta dall’Anief e oggi in piazza urleranno tutta la loro rabbia. Durissima la chiusura del comunicato: «l’ora di tolleranza è finita», afferma ancora Pacifico.

Lo sciopero della scuola di oggi, venerdì 13 novembre 2015, interesserà moltissimi istituti italiani, di cui parte dei docenti, professori e del personale Ata e dirigente deciderà di manifestare contro la riforma della scuola di Matteo Renzi. La Buona Scuola proprio non piace, ma in effetti non si ha memoria di una riforma della scuola che non abbia suscitato critiche feroci, scioperi e agitazioni, almeno dal dopoguerra ad oggi. In questo caso lo sciopero della scuola di venerdì 13 novembre 2015 è stato indetto da Unicobas, Anief, Cub Scuola, Cobas e Usi Surf, che hanno anche organizzato i cortei di Roma. Lo sciopero di oggi, venerdì 13 novembre 2015, si articola in realtà in modo molto dettagliato contro alcuni passaggi della riforma della scuola, anche se mediaticamente lo sciopero (definito “della Scuola”) sarà vissuto contro l’intero impianto della Buona Scuola voluta da Matteo Renzi.

Le motivazioni dello sciopero della scuola rivendicate Unicobas, riguardano i metodi di valutazione degli insegnanti, il sistema scuola-lavoro così come concepito dalla riforma, le disparità di trattamento tra gli assunti (prima e dopo l’entrata in vigore della legge) e il contenuto delle deleghe – che però ancora devono essere discussi in Parlamento.

L’Italia è ancora una volta maglia nera Ue nell’istruzione, piazzandosi all’ultimo posto tra i 28 con il più basso numero di laureati, al penultimo per gli ingressi nel mondo del lavoro e tra i peggiori per il sempre elevato numero di abbandoni scolastici. Queste le conclusioni del rapporto Ue 2015 di monitoraggio su educazione e formazione. Sempre secondo Bruxelles, però, negli ultimi anni sono stati «fatti progressi» e la «recente riforma può aiutare a creare le condizioni per migliorare ulteriormente i risultati».

L’Italia è invece tra i Paesi virtuosi per l’inserimento nell’educazione dei bimbi dai 4 anni in su, con il 98,7%. «È in corso di attuazione un sistema di valutazione scolastico, sono migliorate le capacità di base, il tasso di abbandoni scolastici è in diminuzione e la partecipazione dei bambini dai 4 ai 6 anni nel sistema educativo è quasi universale», apprezza ancora la Commissione, che evidenzia però che «le differenze regionali nelle capacità di base restano ampie». Brutte notizie, invece, per chi esce dall’università o comunque da un ciclo di istruzione superiore in Italia non riesce ad entrare nel mondo del lavoro: sono appena il 45%, e per di più in calo del 12,6% dal 2011, contro una media Ue del 76% gli occupati tra i 20-34enni con lauree o titolo di studi secondari superiori. Peggio solo la Grecia, con il 44,3%.