A me sembra di rivedere una vecchia fotografia degli anni Sessanta, quando ero piccolo e andavo all’oratorio in settimana e alla domenica, quando la scuola forse chiudeva il giovedì, ma non ricordo bene perché; so solo che mio papà qualche volta, quando qualcuno non azzeccava i congiuntivi, diceva che quello lì era andato a scuola, appunto, il giovedì. Quello che sta succedendo in questi giorni nella scuola e intorno al mondo giovanile, grazie al nostro illuminato presidente del Consiglio e alla sua azione di governo, ricorda proprio una vecchia foto scolorita di quei tempi.
Per chi quei tempi non avesse avuto la fortuna di viverli, racconterò brevemente: la domenica, quando tornavi dall’oratorio, dopo il cinema e la cannuccia di liquirizia dentro la bottiglia di gazzosa, trovavi qualche volta lo zio che era passato a trovare i tuoi genitori. Si usava così, dalla Lombardia alla Sicilia, lo racconta anche Battiato in una sua canzone di qualche tempo fa. E lo zio tirava fuori i pasticcini e, quasi sempre, una qualche lira per te che eri piccolo e che la settimana successiva all’oratorio potevi comprarti anche quella roba strana, una specie di farina di castagne, che avresti sempre tirato su con la cannuccia di liquirizia. Altri tempi, niente a che vedere con cannucce d’argento e polvere bianca. Era la mancia, una tantum, una cosa che ti capitava perché potessi essere più felice e contento.
Ecco, lo zio Matteo, quest’anno, è passato dalla grande famiglia della scuola e ha lasciato la sua bella mancia, 500 euro per chi, tra gli insegnanti, avesse voglia di farsi un giro in giostra, un piccolo tour nel luna park della tecnologia, soprattutto. Perché è lì che, nella maggior parte dei casi, potranno spendere il loro bonus. Ma lo zio Matteo, o il suo ministro, non ho capito bene, in questi giorni ha schiacciato un’altra volta il tasto dell’otturatore della sua vecchia macchina fotografica e …click, un bello scatto a ricordare anche le domeniche assolate in oratorio, quelle di Celentano, per intenderci, o le settimane di vacanza dalla scuola tutti insieme appassionatamente sul campo da basket con il cemento che bolle. Ecco, lo zio Matteo ha pensato ancora agli insegnanti: lasciarli soli ad affrontare la dura realtà della didattica, la faticosa sfida con i mostri nativi digitali?
Mai. Ecco allora l’intervento: finalmente ciascuna scuola potrà dotarsi di un animatore digitale, e sono già cominciate le primarie in ogni collegio docenti per scegliere chi potrà vestire la famosa maglietta gialla con su la scritta, appunto, animatore. Ma non come quella dell’oratorio: la scritta farà fulmini e saette e sarà direttamente collegata con la lim di ogni docente, di ogni classe. Se non fosse che è vera, sta notizia, verrebbe proprio da ridere. O piangere. Tanto che i presidi, i più solerti ammiratori dello zio, hanno già provveduto a ritagliare dal Fondo d’istituto una cifretta per il nostro animatore. Naturalmente deviando lì alcuni soldi che erano stati stanziati per attività inclusive: già, per anni era la moda, bastava pronunciare quella parola lì e arrivavano soldi a valanga.
Ma adesso la parola d’ordine è digitale, così i vari progetti per alunni stranieri, periferici e bisognosi speciali sono stati ridimensionati. Per l’animatore digitale? Che verrà, come quelli dell’oratorio, non alla domenica, ovviamente, a fare un bel girotondo con i colleghi e con gli allievi e poi, dalla sua postazione, o digital work station, ordinerà a tutti loro: adesso tutti giù per terra? Lette queste notizie uno potrebbe ormai immaginarsi qualsiasi cosa, ma lo zio Matteo e i suoi sopravanzano qualsiasi ipotesi di narrazione fantasy: è di questi giorni la decisione, sembra, di dare ai diciottenni, anche a loro (cioè, nella maggior parte dei casi, agli studenti) un bel bonus di 500 euro. Da spendere per incrementare la cultura, il teatro, il cinema, i libri. O magari al ristorante o al pub, per far vedere che l’Italia non ha paura e si diverte. E, qualunque cosa sia, si può dare torto allo zio? Era così che si faceva, già negli anni Sessanta, a comprarsi un po’ d’affetto dai nipoti. O qualche voto dai votanti. Ma pare che gli zii siano proprio alla riscossa, non si sono fermati qui: è di queste ultime ore la notizia che il presidente del Consiglio pensa di istituire nella scuola l’ora di otium: “È necessario creare all’interno dei programmi e dei curricoli un’ora di ‘otium’, di pensiero dedicata al dialogo e alla sociabilità civile; non un insegnamento trasmissivo e prescrittivo di valori astratti, ma un’ora di libertà europea dell’ascolto e della cittadinanza che dalla discussione delle convinzioni trovi le ragioni di un dialogo”.
Ha detto proprio così, almeno così è stato riportato dai quotidiani. Che cosa aveva in mente? Pensate agli insegnanti che avranno da fare corsi di aggiornamento, magari digitali, per sviluppare una didattica della sociabilità nell’ora di otium. Mica insegnare a scrivere o a parlare. Forse agli alunni la parola potrebbe però fare piacere: qualunque cosa sia, sembra si tratti di fumo, di vano dialogo senza compiti e valutazioni, al fine del successo formativo delle loro giovani menti. E comunque, qualora non si arrivasse a nessuna conclusione intorno alla questione, c’è sempre l’animatore digitale, il girotondo e la sua gioiosa macchina da guerra (visto i tempi), il suo tutti giù per terra. Vuoi vedere, mi viene da pensare, che questi qui sono andati tutti a scuola il giovedì? O, forse, vorrebbero proprio che la scuola tornasse lì?
Pensare, continuare a pensare: queste sono le parole d’ordine. E anche resistere: non solo all’attacco dei nemici lontani, di quelli con le bombe, ma persino a quello dei parenti. Soprattutto degli zii.