Ieri sera è andato in onda su TV2000 il primo appuntamento con Nel mezzo del cammin, 34 episodi che mettono a tema la misericordia nell’opera di Dante, accompagnando il cammino dell’anno giubilare che si apre oggi. Abbiamo colto l’occasione per parlare con Franco Nembrini dell’ambizioso progetto.



Per cominciare, come sei arrivato in televisione?

In maniera del tutto inaspettata. Negli anni scorsi ho avuto l’occasione di tenere un numero sempre crescente di incontri a Roma. Incominciai con una serata sull’educazione, mi chiesero di tornare per riprendere le domande che erano emerse, citai Dante e mi proposero un incontro sulla Commedia. Poi è stato un crescendo, fino all’anno passato in cui ho tenuto diversi cicli, in parrocchie, teatri, centri culturali, sull’Inferno, sul Purgatorio, su Miguel Mañara… Alla fine, la notizia di questo strano professore che riempiva le sale è arrivata fino a TV2000, ci siamo incontrati, è nata l’idea di trasmettere una serie di quattro serate che avevo registrato a suo tempo. Sono andate in onda tra aprile e maggio scorsi, hanno avuto indici di ascolto al di là di ogni aspettativa, e così è nato il progetto di Nel mezzo del cammin.



Che usa per le scenografie anche i contributi di un collaboratore d’eccezione, Gabriele Dell’Otto. Anche qui, come nasce la vostra collaborazione?

Anche qui, in maniera del tutto inaspettata. Semplicemente, era stato invitato da un amico ad ascoltare uno dei miei incontri. Lui è uno dei più grandi illustratori italiani, lavora regolarmente per la Marvel (per i pochi inesperti di fumetti, è la casa editrice americana che fa l’Uomo Ragno, I Fantastici Quattro…), ha disegnato il manifesto di Lucca comics 2014… Alla fine dell’incontro ha dipinto una tavola ispirata a quel che avevo detto ed è venuto a cercarmi. È nata così una splendida amicizia, e lui mi ha proposto un progetto un po’ folle: una nuova edizione della Divina commedia, interamente illustrata da lui e commentata da me. È un progetto decisamente temerario, non so se ce la faremo mai; però lui intanto ha cominciato a disegnare, e così abbiamo pensato di usare le sue immagini per le trasmissioni. A me sembrano straordinarie, vediamo se anche gli spettatori saranno d’accordo.



Anche trentaquattro puntate non sono poca cosa. Come hai fatto a prepararti?

In effetti ho dovuto lavorare molto. Per fortuna non da solo. Quest’estate ho fatto un mese di “ritiro” con un gruppo di giovani amici. Sono quelli che, tanti anni fa, avevano fondato l’associazione Centocanti, un gruppo di cento ragazzi — allora studenti liceali o universitari — che avevano imparato ciascuno un canto a memoria, con lo scopo di realizzare una sorta di Divina commedia vivente, da rappresentare dovunque: nelle scuole, nelle piazze, nelle chiese. Oggi l’associazione ha chiuso, perché i ragazzi sono diventati adulti e hanno preso ciascuno la propria strada; molti di loro però sono diventati insegnanti e continuano a studiare e a leggere Dante. Così a luglio scorso ci siamo visti con alcuni di loro e ci siamo aiutati a mettere a fuoco tanti aspetti del poema.

Tu sei abituato a parlare davanti a un pubblico reale: cosa cambia a stare davanti a una telecamera?

Sì, io non riesco a parlare a freddo, a leggere un testo scritto, a recitare. A me interessa comunicare un’esperienza vera a persone vere. Spesso tante delle cose che dico sono legate a qualche fatto che mi è appena accaduto, o sorgono come reazione a quel che vedo succedere in sala. Così anche per le trasmissioni ho chiesto di parlare davanti a un pubblico vero. Non è stato facile, però sono grato a tantissimi amici di Roma e dintorni che mi hanno seguito e aiutato fedelmente anche in questo. Poi, certo, la televisione ha le sue regole: i tempi, i movimenti non possono essere del tutto improvvisati, ho dovuto imparare a disciplinarmi anch’io. Non è stato facile, soprattutto nelle prime puntate — spero non si noti troppo — mi sentivo proprio un po’ legato. Poi credo di averci preso la mano…

 

Nell’era di Internet e della “terza guerra mondiale a pezzi”, come l’ha definita il Papa, che senso ha mettersi davanti alla televisione per riprendere in mano un testo di settecento anni fa?

Perché Dante parla a tutti. Parla dell’uomo, del cuore dell’uomo, del desiderio che muove la vita dell’uomo, perciò parla agli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Una volta mi è capitato di presentare Dante a Mosca, a persone del tutto digiune degli elementi di base del suo linguaggio — Gesù, la Madonna, i santi… —, in più col problema della traduzione. Una serata difficilissima, avevo l’impressione che fosse stata del tutto inutile. Invece alla fine mi si avvicina una signora di una certa età, in lacrime, mi abbraccia e mi dice: «La ringrazio perché lei stasera mi ha ridato le stelle». Ecco, Dante può restituire a chiunque, ai nostri ragazzi apparentemente assorbiti dai loro smartphone come a quelli assorbiti dall’idolo della guerra, il senso delle stelle. Cioè del desiderio di infinito di cui il cuore di ogni persona è fatto, quel «centro di gravità — per usare le parole di Kafka che tante volte don Luigi Giussani ci ha ricordato — che nemmeno l’educazione più pazza può spostare».

 

Certo, poi c’è l’educazione, la scuola, i mille e mille insegnanti che quotidianamente propongono Dante nelle aule. Che cosa potresti suggerire loro?

Niente. Niente, nel senso che non ci sono trucchi, tecniche, strategie. Sì, certo, ci sono maestri da seguire, libri da leggere (magari anche i miei…), però al fondo c’è una sola condizione perché una lezione scolastica sia un avvenimento vivo: che io, insegnante, sia il primo a fare un’esperienza. Perché vale la pena insegnare Dante (e non solo Dante, ma anche Leopardi, e la storia, la matematica, la meccanica…)? Perché quello che insegno è servito a me, serve a me oggi, per capire di più chi sono io, che cosa sto a fare al mondo, che cos’è la realtà, perché vale la pena di affrontarla, e di affrontarla in un modo piuttosto che in un altro. Come spiega un grande studioso, Tzvetan Todorov, in un meraviglioso libretto appena ristampato, La letteratura in pericolo: «il lettore legge le opere per trovare in esse un significato che gli consenta di comprendere meglio l’uomo e il mondo, per scoprire una bellezza che arricchisca la sua esistenza; così facendo, egli riesce a capire meglio se stesso». Capire meglio se stessi: ecco che cosa chiedono i ragazzi ai loro insegnanti. Quando un insegnante è seriamente impegnato in questa ricerca per sé, tutto ciò che propone — ripeto, non solo la letteratura, anche l’arte, la scienza, la cucina — diventa un’occasione anche per l’altro.


Su TV2000, ogni lunedì in prima serata, 34 puntate (4 sulla Vita Nova, 10 sull’Inferno, 10 sul Purgatorio e 10 sul Paradiso) per incontrare Dante nella viva voce di Franco Nembrini. 28 del digitale terrestre, satellite al canale 140 di Sky, piattaforma satellitare TvSat canale 18, streaming www.tv2000.it