Da buon giocatore di poker, il premier Renzi ha ben condotto la sua partita e sinora sono poche le certezze sui provvedimenti di riforma della scuola che dovrebbero essere varati dal Consiglio dei ministri di oggi. Tramontata la strada del decreto legge, le assunzioni, di cui non si sa bene il numero (forse 100mila, forse più), saranno affidate a un disegno di legge che dovrà affrontare lo forche caudine del Parlamento, con tempi incerti e trabocchetti vari.



L’incertezza delle discussione parlamentare fa però a pugni con i tempi della scuola reale. Indiscrezioni del ministero parlano della definizione dell’organico entro il 31 marzo, ma non tutti sanno che si tratta di quello di previsione, mentre quello reale (organico di fatto) viene stabilito in estate, dopo che le scuole, visti i risultati degli scrutini di giugno e acquisiti i dati delle iscrizioni di luglio, formano le classi e quindi chiedono agli uffici scolastici regionali l’assegnazione del personale sulle cattedre necessarie. 



In molti si chiedono se il disegno di legge che sarà presentato oggi potrà essere approvato in tempi rapidi, in modo che il nuovo anno scolastico 2015-16 possa partire con i neoassunti. Gli obiettivi del governo sembrano ambiziosi e si parla del 15 aprile, ma sono in molti a non credere che la riforma della scuola possa essere varata in un mese. Se si dovessero allungare i tempi e il provvedimento non dovesse raggiungere l’approvazione definitiva entro l’estate, sarà ancora necessario fare ricorso al personale delle graduatorie permanenti, negando il principio del “mai più precari”, asse portante della Buona Scuola. In questo modo il governo potrebbe dichiarare che sarebbe stato meglio il decreto, ma che il Parlamento, con le sue lentezze, non è in grado di rispondere alle necessità del Paese, mettendo a tacere tutti i critici che accusano il presidente del Consiglio di “demotirannia”.



Sotto questo aspetto la scuola pare sia stata data in pasto, ancora una volta, alla logica politica, mentre le necessità degli oltre otto milioni di studenti e del milione e più di docenti e personale Ata, sono molte e ancora sul tappeto. Oggi i fondi di istituto sono praticamente senza risorse, per cui la didattica è senza soldi e molti progetti sono stati accantonanti, mentre vengono attuati prevalentemente quelli finanziati da enti esterni, spesso legati agli enti locali, ma non sempre con standard di qualità elevati. Più in generale, nella scuola italiana tutto si fa a costo zero o poco più: dalle funzioni strumentali ai responsabili di dipartimento, dai collaboratori ai docenti coordinatori di classe, per non parlare delle supplenze brevi, dei rimborsi per le visite d’istruzione o le uscite didattiche, sino ai corsi di aggiornamento. 

Inoltre gli annunciati interventi di edilizia scolastica sono troppo limitati e gli oltre 10mila istituti hanno pressoché tutti bisogno di manutenzione ordinarie e straordinaria, a causa della riduzione dei bilanci degli enti locali che da almeno da 5-6 anni non hanno più investito negli edifici scolastici. 

Nonostante tutto alcuni provvedimenti della Buona Scuola sembrano indispensabili, come le detrazioni per le rette della scuola paritaria, che renderebbero un buon servizio al sistema dell’istruzione italiana, dando parziale attuazione alla legge 62/2000 che ha messo sullo stesso piano scuola statale e non statale e considerando cittadini con gli stessi diritti anche quel milione di studenti che frequenta la scuola paritaria.

La carriera dei docenti ha bisogno di modifiche sostanziali, ma una notizia dell’ultim’ora rende noto che verrebbe applicato il criterio del Gattopardo secondo cui “si cambia tutto, perché nulla cambi”. Rimarrebbe l’anzianità di servizio con gli scatti progressivi, assieme ai due docenti mentor e a quello di staff. Insomma se fosse vera l’indiscrezione sarebbe ridimensionato notevolmente il criterio del merito, uno dei pilastri della riforma. Una vittoria dei sindacati, che sinora sembravano essere stati lasciati fuori dalla porta? I docenti sarebbero così protagonisti di un fritto misto all’italiana che non porterebbe a nessun giovamento. 

Tuttavia anche il merito va inserito con discrezionalità. Infatti non può e non deve significare soltanto attività di staff o di progettazione. Nel merito deve essere valutata la capacità di stare con gli studenti, perché bisogna ricordare che è buona soprattutto la scuola fatta in classe, dove gli alunni imparano conoscenze, sviluppano abilità e competenze. I grandi e buoni docenti sono infatti coloro che in classe diventano punto di riferimento per i loro allievi. L’introduzione di nuove materie diventa un’occasione di crescita e di flessibilità oraria (alcune discipline potranno essere opzionali), anche se la tecnica Clil (insegnamento in lingua straniera di una disciplina curricolare) alla primaria può sembrare un elemento più adatto al libro dei sogni che alla realtà scolastica di oggi. Gli esperti dovrebbero fare più attenzione ai deficit di conoscenze della lingua italiana. 

In ogni caso, per vedere nel dettaglio la Buona Scuola bisognerà aspettare la conferenza stampa che seguirà il Consiglio dei ministri, quando Matteo Renzi — finito l’azzardo — farà vedere la carte.