“Il nostro ddl? Chi si lamenta non l’ha letto. Sembra che abbiamo fatto torto alla scuola, assumendo 100mila precari o attuando finalmente la legge Berlinguer sulla parità scolastica, invece stiamo facendo una rivoluzione culturale”. Ora la riforma della Buona Scuola, contenuta nel ddl presentato ieri da Renzi in conferenza stampa, è attesa al vaglio del Parlamento. Ilsussidiario.net ne ha parlato con il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi (Ncd).



Sottosegretario, qualcuno ha notato che l’impianto complessivo ha smentito la vigilia.
Infatti: l’ha smentita, in meglio. Da settembre ad oggi è cambiato tutto, perché l’obiettivo della Buona Scuola non è più stato quello di assumere 150mila precari, ma di partire dalle necessità dei giovani. Così facendo siamo arrivati ai numeri presentati ieri dal presidente del Consiglio, precari compresi. 101mila assunzioni è una cifra storica, se teniamo conto che vi vanno sommati anche i 50mila che entreranno con il prossimo concorso 2016. La risposta del governo è stata a tutto campo: a chi è già nella scuola, a chi sta nelle Gae da 20-30 anni, ai giovani che stanno facendo tirocinio e Tfa.



Peccato che nei 100mila ci siano docenti che non insegnano più da anni e anni.
Il fatto è che a chi sta nelle Gae lo Stato ha detto: Vi assumo. Giusto o sbagliato che sia, gliel’ha promesso. Questo governo è il primo che invece di scaricare il problema sugli altri, lo ha affrontato. Quello che lei dice è un problema, non lo nego. Ma faccio anche presente che noi, nel ddl, non siamo affatto teneri con tutti quelli che con il buon insegnamento hanno poco da spartire.

Non si entra in ruolo senza un periodo di formazione e di prova, e il dirigente scolastico decide.
Appunto. La valutazione è fatta dal preside sulla base di quanto dirà il tutor, e sentiti il collegio dei docenti e il consiglio di istituto. In altri termini, il dirigente potrà dire: Mi spiace, non sei portato. Mi sembra francamente una novità. 



Non c’è il rischio che vengano premiati gli amici?
Io penso che la scuola italiana sia fatta innanzitutto di professionisti responsabili. Dirigenti a cui diamo in gestione scuole, collaboratori, professori, e ai quali riconosciamo anche un compenso aggiuntivo. Ci fidiamo di loro, ci fidiamo del rapporto di autocontrollo del preside insieme al collegio dei docenti. Poi l’evento particolare non si può mai escludere. Bisogna però anche dire che con la sua premessa, in Italia, non si potrebbe fare nulla. 

Veniamo alle paritarie, uno dei dossier sui quali lei si è speso personalmente. La detrazione però fa già discutere. 

Lo sgravio si colloca in un contesto più ampio, di cui fanno parte anche 5 per mille e school bonus, in una logica non di esclusione ma di servizio pubblico perché la scuola è tutta pubblica, statale e non statale. Se il direttore amministrativo di una scuola chiede 100 euro per materiale di consumo o 20 euro di tassa di iscrizione, perché non dovrei poter detrarre? Nell’impostazione che abbiamo scelto tutto ciò che è spesa di frequenza della scuola fino a un massimo di 400 euro si può portare in detrazione. Se non cambiamo questo approccio, per cui pubblico si oppone a paritario, faremo in eterno le guerre di religione.

Cosa risponde alle critiche che provengono dalle paritarie?
Da sessant’anni si parla di parità e nessuno ha mai dato un aiuto alle famiglie. Noi lo stiamo facendo, è una rivoluzione culturale inedita per questo paese. Se non si capisce questo mi preoccupo, perché vuol dire che manca il realismo, meglio allora dedicarsi ad altro.

Perché dalla detrazione avete escluso la secondaria superiore?
Guardi, questo è un tema di discussione e di confronto. Noi come Ncd non vediamo un problema sulle superiori, ma c’è chi si oppone perché teme di dare soldi ai diplomifici.

Si tratta della minoranza Pd?
Anche. Non si tiene conto del fatto la legge Berlinguer ha alzato un muro tra queste scuole e le paritarie. La realtà è che i diplomifici sono i peggiori nemici della parità scolastica, io questo lo dico da tempo e i più avveduti lo capiscono. In questo campo il Miur sta facendo molto: abbiamo assunto 70 ispettori l’anno scorso, col ddl ne assumiamo altri 55. Saranno mandati quasi esclusivamente negli Usr e faranno controlli a tutto il sistema scolastico, in particolar modo quello paritario.

Veniamo all’alternanza scuola-lavoro. 400 ore non sono poche? A settembre erano 600.
Il problema è che non si possono convincere le aziende per decreto, non è che basta scrivere una legge per passare dalle 90 ore in media di alternanza attuale a 600 ore. Abbiamo fatto i conti con la realtà, a settembre siamo partiti con un’idea precisa, è vero, poi abbiamo ascoltato la scuola, fatto modifiche, ma il tema dell’alternanza nel suo concetto forte rimane eccome: far fare esperienza ai giovani. Cade il muro ideologico per cui prima termini la scuola e poi capiamo che cosa vuoi fare da grande.

Le risorse basteranno?
Investiamo 90 milioni su laboratori e scuola digitale e 100 milioni sull’alternanza perché formare i docenti, cioè il tutor che segue il giovane, e avere il personale che va alla ricerca di aziende interessate all’alternanza, è un lavoro… altrimenti 400 ore di alternanza per i tecnici e i professionali ce le possiamo scordare. E poi la novità dell’alternanza per i licei: non c’era. 

Le aziende facevano parte di un registro nazionale, lo avete tolto, perché?

L’albo ci aiutava ad avere un controllo più diretto delle aziende, pensi che ci accusavano perfino di dare manodopera gratis alle imprese… però era anche un aggravio di percorso burocratico. Così abbiamo deciso di toglierlo e di potenziare il personale docente dedicato. 

Adesso il ddl è atteso in Parlamento. Chi sono i nemici della riforma?
Molto più di quanti potrebbe sembrare a prima vista, me ne sono accorto sfogliando i giornali di oggi. La realtà è che a molti, moltissimi fa assai più comodo lo status quo: politici in Parlamento, studenti, docenti, sindacati, burocrazia. Ma io sono convinto che la stragrande maggioranza del paese sia per la riforma. Il Parlamento è sovrano, ma noi abbiamo le ragioni per spiegare e difendere quello che c’è nel ddl. 

(Federico Ferraù)