Sull’articolo di Maria Teresa Tosetto sono pienamente d’accordo a metà, per dirla col filosofo.

Primo, non toccarmi Twitter. È di una efficacia pazzesca: (a) devi saper ficcare un intero ragionamento logico in 140 caratteri (b) ma… hai dei pensieri così complessi che richiedano addirittura 140 caratteri e non finiscano prima? Al netto degli ahahah, intendo. E poi non ti impegna: anche se ci seguiamo a vicenda, basta uno sguardo per capire se quel che dici ora mi interessa, se no muore lì.



Facebook, se lo conosci, lo eviti. So che morrò pecora nera, ma ostento un filo di artatamente maldissimulato sussiego verso chi lo usa. Specie quando è uno che se la tira di essere su sponde “alternative”, e si prende male scoprendo che qualcuno lo considera un-lacché-delle-multinazionali-capitaliste-che-plasmano-i-desideri-artificiali-delle-masse-per-sfruttare-il-popolo (cari miei, noi il lessico anni 70 l’avevamo imparato a sprangate, adesso lasciatecelo usare per giocare). Anche uazzàpp mi incuriosiva e volevo entrarci, fino al momento in cui l’ha comprato Zuckerberg. Ergo, ne sto fuori. I recapiti dei miei amici reali contano troppo, per regalarli a lui.



Ma ogni mezzo è buono per i contenuti che trasporta, nel suo tempo e con i suoi modi, senza attendere qualche futuro radioso. Credo che McLuhan sarebbe d’accordo.

La possibilità di interagire in ogni momento richiede cautela, per non invadere i reciproci spazi. Ok. Impone un equilibrio consapevole tra i diversi soggetti. Ok. Ma era già così col ciclostile, sta a noi trovare ogni volta la misura. Vuoi mettere la comodità di distribuire i materiali da studiare, e poi raccogliere e correggere i compiti, comodamente seduto alla tastiera? o verificare come va il lavoro mentre cammini da un’aula all’altra? si rasenta quasi la crudeltà, poveri nativi digitali indifesi. Non vi salverà tenere la suoneria su frequenze che i timpani over 40 non sentono. Il vantaggio rispetto a voi è che noi canuti conosciamo “anche” tutto il resto, sappiamo che la comunicazione, sia quella costruttiva sia quella dissociante, va molto al di là di quel tale strumento mediatico senza cui oggi sei morto ma che sarà obsoleto il giorno in cui arriverai al diploma. Allora, viviamo il presente con fiducia. Non ho mai condiviso le isterie contro il cellulare acceso, anche se continuerò a mandare in presidenza chi lo usa in modo scorretto: è uno strumento, così come il tablet o il notebook, che poi a modo loro son già così vecchi. 



Scegliamo una piattaforma di comunicazione riservata al nostro gruppo-classe, dove sia più facile evitare la confusione dei ruoli, l’invadenza e i ficcanaso che ci trollano. Scopriremo che la fiducia ci aiuta ad insegnare e ad apprendere efficacemente: in quel che ho visto, ci trovo molto di positivo. Tanto per dire, con la fotocamera del cellulare puoi documentare il lavoro di laboratorio e sopratutto condividerlo (che è l’idea stessa di “relazione”), oltre che archiviare le lavagnate senza bisogno della Lim: sappilo e usalo!