“Una scuola aperta alla realtà. Oggi”: tutte le sessioni di lavoro del recente XVI convegno nazionale CdO Opere Educative, svoltosi a Pesaro, con la presenza di oltre 250 gestori di scuole paritarie, sono state percorse in filigrana dall’impegnativo compito identificato dal titolo.  

Un compito che nel caso della scuola — ha ricordato Bernhard Scholz nell’incontro di apertura del venerdì sera — significa tenere sempre presenti le parole di papa Francesco pronunciate nell’incontro con la scuola italiana del 10 maggio scorso: “andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni“. Perché torni ad essere un luogo con queste caratteristiche, ha precisato Scholz, occorre che la scuola stessa sia “aperta”, cioè che ci siano insegnanti e gestori di scuole disponibili al cambiamento, a lavorare insieme, a confrontarsi con sincerità e coraggio per mettere a fuoco le domande più importanti ed essere il più possibile oggettivi di fronte ai problemi, prendendo decisioni finalizzate a conseguire il vero scopo di ogni scuola, cioè il bene degli alunni.



Apertura che significa anche disponibilità ad accogliere la sfida della valutazione della scuola, tema affrontato nell’incontro con Tommaso Agasisti ed Elena Ugolini. Una sfida che le scuole paritarie devono e vogliono accogliere, non tanto perché obbligatoria, quanto perché consapevoli di offrire agli alunni e alle famiglie un servizio di valore. Per giungere ad una valutazione attendibile e davvero utile — hanno sottolineato i relatori — “occorre avere ben presente che valutare è diverso da misurare. Si corre infatti il rischio di usare le misure per sostituire il giudizio di valore legando valutazione a misurazione. Per avere una vera valutazione occorre un soggetto in azione che legge il numero in base allo scopo”. 



E’ necessaria una grande apertura anche al cambiamento che sta avvenendo nella società italiana e mondiale. Un cambiamento che coinvolge i sistemi scolastici e di fronte al quale il nostro paese rischia di restare irrimediabilmente indietro. E’ stato questo il tema dell’incontro conclusivo, arricchito da uno straordinario dialogo fra Luigi Berlinguer e Giorgio Vittadini. 

L’insegnamento standardizzato garantito nel secolo scorso dalla scuola statale di massa — hanno affermato entrambi — non è più adeguato alle necessità dei tempi. Oggi nel mondo c’è una discussione su cosa è la scuola, che si manifesta anche nella forte crescita dell’homeschooling. E’ la fine della scuola nella forma in cui si è realizzata finora? E’ possibile, e in ogni caso si colgono processi per cui anche l’impianto costituzionale appare datato: non è più lo stato che deve farsi carico di educare e istruire tutta la popolazione.



Occorre una scuola aperta, ha ribadito Berlinguer, riprendendo anche lui la frase di Papa Francesco “per educare un bambino ci vuole il villaggio”; e una scuola, in più, capace di contaminarsi con la “volgarità” della pratica. La scuola per tutti, infatti, ha una tale eterogeneità che non può che essere la scuola di tutte le individualità, fatta per sviluppare i talenti e la capacità critica di ognuno. Diversamente, come sta accadendo, non riesce a formare un capitale umano capace di interagire con competenza nella fasi di cambiamento, sempre più rapide e imprevedibili. 

E mentre in Italia siamo fermi ad un sistema standardizzato, in tutto il mondo si sviluppano sistemi fortemente centrati sull’autonomia e sulla libertà di scelta educativa, sole condizioni in grado di garantire il raggiungimento delle cognitive skills necessarie oggi. 

In conclusione, anche un apprezzamento di entrambi per quanto sta facendo il governo sulla scuola, perché “occorre registrare la novità assoluta culturale di alcuni punti della Buona Scuola”. Certo, “dopo 50 anni di immobilismo è evidente che per una piena parità e autonomia occorre fare una lunga marcia”, e che “la detraibilità è solo un capitolo di una pluralità di misure”. Tuttavia, l’idea delle detrazioni sulle rette è “assolutamente rivoluzionaria nonostante l’esiguità della cifra”, così come il 5 per mille e le  detrazioni per chi investe nella scuola. Sono segnali che indicano — hanno affermato i relatori — che è cambiato il clima.

Principi rivoluzionari presenti nella legge, timidi e che potrebbero anche abortire, perché “le resistenze sono ancora elevate”, ma proprio per questo da sostenere con forza, perché “oggi è una battaglia dì civiltà, che unisce posizioni diverse”. E’ la sola possibilità perché la breccia che si è aperta possa finalmente far crollare la diga dello statalismo.