Guardami negli occhi, su
mamma guardami ti ho detto.
Come mi vedi tu?
Mi trovi piccola?
No, non sono più piccola, io sto crescendo, guardami ti ho detto.
A scuola mi chiedono perché le maestre mi trattano in modo diverso.
Dicono che fanno le preferenze.
Quindi — guardami bene e ascoltami, mamma — loro dicono che mi amano di più, che sono la loro protetta.
E mi evitano un po’, per questo. Io le sento bene, lo so che sono messa da parte.
Quello che mi fa ridere è che io penso che invece faccio pena.
Che io sono una riga sotto, un gradino in basso, un po’ di meno.
Non di più.
Io sono quella che non parla, sono Muta Selettiva.
Però mamma vedi, io salto, canto, rido, corro e disegno. Ho tutta la fantasia e scrivo le storie. Me ne invento tante.
Allora vedi che so fare le cose?
Tu, mamma, davvero pensi che sono brava lo stesso?




Mia figlia ha 9 anni ed è muta selettiva: lei, fuori di casa, non riesce a parlare. Dice che le si bloccano le parole nella gola, che proprio non riesce a tirarle fuori, come se ci fosse un ostacolo, una grossa fragola che impedisce di uscire. Dice che si vergogna, che non sa nemmeno alzare lo sguardo, e allora rimane immobile, rigida e fissa. Gli occhi puntano i piedi. 



Il mutismo selettivo è un disturbo legato all’ansia, ed è quindi tutta una questione di paura che sale, sale come la febbre e la blocca. Questo le succede a scuola, od ogni volta che qualcuno le rivolge una domanda, quando ci si aspetta una risposta. A casa no, lei è un torrente in piena di parole, è vivacità e chiacchiere, ti sa spiegare per filo e per segno tutto quel che ha fatto, e anche quel che hanno detto gli altri.

Osserva. Ha quella capacità propria di chi affina gli altri sensi, e non le scappa niente. Eppure in classe, le insegnanti dicono che è “assente”, “distratta”, che vive in un mondo a parte. Solo perché non risponde. E ha lo sguardo puntato in basso, o altrove. Le si immobilizza anche la faccia.



Alla scuola dell’infanzia era “timida e introversa”, sempre in disparte. Poi, al primo anno di primaria è stata considerata “lenta e pigra, assente”. Le passerà, deve crescere, mi dicevano.

Sono le nuove maestre, subentrate al secondo anno, a dare l’allarme: dopo quindici giorni mi convocano per un colloquio urgente e dicono che non hanno mai sentito la sua voce. 

Io mi sento in panico, e spiego che no, non è vero, lei a casa parla troppo! Accavalla le parole, da tante che ne dice! Mi dipingono un’altra bambina: in quel momento loro non credono a me e io non credo a loro, ma poi passano i giorni, chiedo a lei e lei mi racconta: 

Io mutisco, mamma. Io mutisco perché… non lo so, perché ho paura. Ho paura della maestra, di tutti quelli che mi fermano per strada, paura di chi non conosco. Io non posso parlare, non è che non voglio, e lo so che non mi capisci, come fai a capirmi? Tu non hai paura delle persone. 
Io alle volte non so neanche di cosa ho paura, so solo che non ci riesco, e allora sto zitta. Qualche volta parlo, ma è così piano che gli altri non mi sentono. E più mi chiedono di alzare la voce, più io mi sento mutire. Io vorrei parlare, non lo faccio apposta, io ci provo e mi sforzo, e vorrei essere come tutti gli altri, ma non ci riesco. A scuola io non so cosa dire. Mi si svuota proprio la testa di parole, non lo so spiegare e quando i miei amici mi chiedono perché non parlo, io mi sento ancora peggio”.

Sono passati tre anni da quel giorno, abbiamo fatto tanta strada ma non siamo arrivati alla fine del nostro percorso. E’ una via fatta di lente salite e ripide discese, scoppi di parole improvvisi che ci fanno tirare respiri di sollievo e altrettanto improvvisi, bruschi ritorni al silenzio.

Cosa abbiamo fatto? Mille cose, piccoli accorgimenti che le hanno regalato parole. Sono state intuizioni, improvvisazioni azzeccate, abbiamo usato il cuore e il buon senso, ascoltato i consigli. 

Mi sono informata attraverso internet e ho conosciuto AIMuSe, l’Associazione italiana mutismo selettivo, associazione di genitori che fornisce aiuto e supporto alle famiglie e ai bambini con, appunto, mutismo selettivo. Questo ha dato una svolta fondamentale alla nostra percezione del disturbo.

L’abbiamo iscritta ad un’associazione ricreativa che mira all’inclusione tra bambini diversamente abili e bambini normodotati, il tutto gestito da una psicologa, dei volontari e delle maestre della scuola. La gioia, lo spirito di accettazione e rispetto delle differenze di ciascuno, considerate bagaglio prezioso, sono stati “sentiti” subito da mia figlia che, appena entrata, ha pronunciato le sue prime parole in libertà. 

Ho cercato di rafforzare il legame con la compagna del cuore, con cui si sente a proprio agio e ho allargato sempre più il “giro” di amichetti, scambiando inviti e spiegando ai genitori, così da non creare eccessive aspettative intorno a lei. 

Ho imparato a non sentirmi a disagio quando lei non parla, e non sforzarla. Non rispondo più al posto suo quando qualcuno scioccamente le domanda “ti hanno mangiato la lingua?”. Le ho posto piccole sfide quotidiane: “vuoi le figurine? Vai a comprarle nel negozio, io ti aspetto fuori“. In assoluta tranquillità, ho capito che se le abbasso l’ansia, non caricandola ulteriormente ma sdrammatizzando, lei ce la può fare. Ho minimizzato il mutismo, davanti a lei.

L’ho portata al gattile comunale del paese che lei ama tanto, facendo circa 380 chilometri, per regalarle una micetta romagnola. Con lei, per esempio, parla tantissimo.

Al mare l’ho guardata, appena arrivati, e le ho detto: “qua sei libera, non ti conosce nessuno, tra dieci giorni te ne vai, quindi recita, fai l’altra te, metti via la paura. Prova a conoscere le bambine! Dimenticati del mutismo“. E lei, incredibilmente, inaspettatamente l’ha fatto. E’ salita in piedi sul lettino in spiaggia e ha cercato la sua compagna ideale. Poi si è lanciata e le ha detto: “ciao, vuoi giocare con me?”

E poi, ancora, ha scoperto la sua passione: il pattinaggio artistico su ghiaccio. Ha trovato la sua dimensione, quello che la fa stare bene, sentire fortissima, imbattibile, valida. “Io sono brava, lo vedi? E posso fare qualsiasi cosa. Se riesco a fare questo, posso anche parlare” sembra dire mentre sorride al suo allenatore.

E’ stata seguita da una brava logopedista per un paio di anni e ora, indirizzata da AIMuSe, mi sono affidata a una valida psicologa dell’età evolutiva con cui mia figlia ha immediatamente stabilito un contatto verbale e affettivo. La dottoressa sta riuscendo a creare una collaborazione con insegnanti e dirigente scolastica e sta aiutando a comprendere come indirizzare l’attività scolastica e migliorare l’approccio di mia figlia con la scuola e la classe. La difficoltà maggiore che incontriamo, a parte il marcato disagio di mia figlia in classe e il suo silenzio che viene interrotto da poche parole (a volte fiumi ma sono casi eccezionali), sono i problemi di valutazione orale collegati al suo silenzio. 

In questi anni in cui mi sono avvicinata al mutismo selettivo, ho avvicinato molte persone, raccolto tante testimonianze, curato un libro e imparato molte cose.

La prima è che sembra essere un disturbo raro ed invece non lo è: i bambini muti continuano ad aumentare, forse perché i ritmi della società in cui viviamo e della scuola sono incalzanti, troppo perché i nostri figli riescano ad adeguarsi, o forse semplicemente perché, iniziando ad essere riconosciuto, il mutismo selettivo non è più confuso con altri disturbi. 

Che è fondamentale il coinvolgimento e la collaborazione tra scuola, professionisti e famiglia per aiutare questi bambini a vincere la propria ansia. Questo, purtroppo, ad oggi non è sempre possibile o semplice da attuarsi. In molti casi mancano le informazioni, la volontà di ascolto e degli strumenti compensativi certi, che siano universalmente accettati o accettabili. Una valutazione scolastica che sappia andare oltre l’espressione orale. Spesso le famiglie si sentono sole, in lotta per far ascoltare e comprendere il proprio disagio. In questo, oltre che nell’informare correttamente, diventa essenziale il ruolo di AIMuSe. 

Spesso perfino gli specialisti non sono adeguatamente preparati sull’argomento, e anche in questo caso l’associazione ricopre un ruolo importante, cercando di offrire occasioni di informazione e formazione costante e capillare, rivolta a medici, professionisti e scuole. 

Ho soprattutto imparato, in questi anni faticosi, a combattere e lottare insieme a mia figlia, a gioire per le sue conquiste e a fidarmi di lei: so che ce la farà. Anzi, ce l’ha già fatta.

Daniela Conti


Domenica 19 aprile 2015 alle ore 10.00 si svolgerà presso la Sala del Centro Intergenerazionale di Via Oberdan 23, Gorgonzola (Milano) il convegno nazionale “La voce ritrovata: affrontare il Mutismo Selettivo a scuola, a casa e nella comunità”. 
L’iniziativa è promossa da Aimuse Onlus (Associazione italiana mutismo selettivo). Il convegno ospita relatori esperti che studiano e trattano da anni il mutismo selettivo.