«Che canto sei?» «Purgatorio XXX» «Ok, inizia pure» «Quando il settentrion del primo cielo…». Un normale pomeriggio nei chiostri dell’Università Cattolica di Milano. Venivano da varie città d’Italia a farsi “verificare” il canto, imparato rigorosamente a memoria. «Bene, sei ufficialmente parte dei Centocanti: d’ora in poi sarai Purgatorio XXX».
L’idea venne, come tutte le idee migliori, intorno ad un tavolo con del buon vino e un gruppo di amici. E pensare che io non ci volevo neanche andare. “Mio padre stasera ha qualcosa da dirci di molto importante, vieni!” Così mi aveva detto Stefano in università. Avevo da studiare, un esame grosso la mattina dopo. Solo che quella sala era così poco distante dal mio appartamento e Stefano era un amico di quelli veri. E così sono andato. Il padre in questione era un certo Franco Nembrini, che io conoscevo soprattutto attraverso i racconti del figlio, ma che una sera avevo sentito parlare del Purgatorio raccontando di sé ed ero rimasto molto colpito.
Quella sera, quando uscii dal suo ufficio in viale Lunigiana a Milano, ero un po’ sbronzo, ma soprattutto ero il presidente della neonata associazione Centocanti, che voleva promuovere la conoscenza della Commedia tra i più giovani. Pezzo forte era il Progetto Centocanti: trovare cento “folli” sotto i 35 anni che, come noi, imparassero a memoria un canto della Commedia affidato dai soci fondatori. Il problema è che di folli ne abbiamo trovati più di duecento, molti incontrati in università, ma altrettanti nei modi più disparati, da varie parti d’Italia e non solo.
Emblematica la storia di Matt, un ragazzo di origine cinese, ma di nazionalità americana che viveva a Torino. Aveva letto di noi su un articolo di giornale e si era iscritto al Progetto dal sito, estasiato dal fatto che parlavamo di Dante come di una persona viva e questo lo ha risvegliato e lo ha fatto diventare uno dei più attivi — nonostante non studiasse lettere —, oltre che un grande amico. Non era l’unico che si avvicinava a Dante pur non avendo una formazione letteraria; nella Commedia vivente c’erano studenti di ingegneria, architettura, economia e, man mano che alcuni di noi si laureavano ed entravano nel mondo della scuola, ragazzi delle scuole superiori.
Quello che mi colpì fin da subito era che Dante stava diventando per me e i miei amici e per tutti quelli che incontravamo, un amico, un compagno di strada. Ricordo che proprio in quegli anni ad uno di noi morì il babbo e conservo ancora il messaggio che mi scrisse: “Solo adesso comincio a capire la selva oscura di Dante”. Quelle parole che ci trovavamo a riproporre in giro per l’Italia in scuole, centri culturali, università, piazze, stavano diventando sempre più carne e sangue.
Questa esperienza cresceva nelle nostre mani senza un nostro progetto, la vedevamo crescere, tanto che grandi enti o associazioni culturali ci chiedevano quale fosse la nostra strategia di marketing e, di fronte alle nostre facce attonite, capivano che forse non ne avevamo una e che questo era la nostra forza.
Il 31 marzo 2006 invademmo la città di Milano, declamando canti della Commedia in metropolitane, piazze e intorno al Duomo. Era una bellissima giornata di sole e ci sentivamo proprio come guerrieri all’arma bianca, che sferzavano l’indifferenza delle persone a colpi di terzine. Nel 2007 venimmo addirittura invitati a inaugurare l’anno scolastico al Quirinale, con il presidente Napolitano, recitando i versi iniziali di Paradiso XXXIII in diretta Rai.
Centocanti cresceva con noi e quello che mi impressionò e mi impressiona tuttora è che Franco ci guardava da lontano; ci aveva affidato forse la più grande passione della sua vita, e aveva il coraggio di guardarci crescere e ardere d’inconsapevolezza.
Ma l’aspetto più significativo di tutta questa storia è la sua conclusione, o meglio, come siamo stati aiutati a comprendere, il suo compimento.
Finita l’università le richieste e i contatti erano al culmine; sempre più persone ci chiedevano incontri, presentazioni, declamazioni e ci si pose davanti una scelta. Rimanere fedeli all’origine di quest’esperienza o trasformarla in un’azienda, con tutto quello che comportava. Sia chiaro, non c’era una via giusta in assoluto, ma c’è stata l’unica via giusta per ognuno di noi. Quello che era nato da Centocanti e dall’amicizia con Franco Nembrini non era appena un’associazione o un format che funzionava, era un metodo di affronto della letteratura e quindi della vita. Molti di noi erano entrati dentro le scuole a parlare di Dante e ci raccontavamo ogni volta di come fosse affascinante incontrare ragazzi e vederli vibrare di fronte all’esperienza di Dante e alla nostra. Rimaneva però sempre il desiderio di continuare questi rapporti, cosa che, inevitabilmente, era molto difficile, dato che in pochi anni abbiamo incontrato migliaia di persone.
Da qui nacque in molti di noi il desiderio di fare dell’educazione la nostra vita: della dozzina di giovani presenti quella sera in viale Lunigiana, la maggior parte sono diventati insegnanti o lavorano in ambito educativo. Guardandomi indietro ora capisco davvero che Centocanti si è compiuta, che ha messo nella nostra vita e in quella di chi ha voluto seguirci un seme che sta germogliando e darà frutto nei modi e nei tempi che non spetta a noi decidere.
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Tv2000 trasmette in prima serata, per quattro lunedì consecutivi, quattro lezioni di Franco Nembrini dedicate alla “Vita nuova” e a ciascuna delle tre cantiche della “Commedia”, già raccolte nei dvd intitolati “El Dante”. Domani la seconda serata.