Il disegno di legge sulla Buona Scuola contiene molti innovativi interventi ed una serie di deleghe per il riordino del sistema nazionale di istruzione e formazione, del sistema per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento, dell’assunzione e formazione del dirigente scolastico e del sistema di valutazione, del riordino della governance della scuola e degli organi collegiali, la semplificazione degli Its, la revisione dei percorsi di IeFP, che daranno al Governo la facoltà di poter cambiare completamente la scuola italiana. 



È evidente che si tratta di questioni che si sarebbero potute affrontare direttamente in Parlamento assieme al testo del ddl, demandando a successivi decreti ministeriali la conseguente disciplina regolamentare. Diversamente, si sarebbe potuto definire la delega con i più rigorosi criteri costituzionalmente previsti. Invece, la scelta del Governo è stata di prevedere una delega dagli ampi confini e dai vaghi indirizzi. Inoltre, il Governo ha deciso di mantenere nello stesso ddl la norma che disciplina il vasto piano di immissioni in ruolo, nonostante i tempi della sua approvazione mettano a forte rischio la sua realizzazione per il prossimo anno scolastico 2015/2016.



Per questo, nella Commissione Cultura della Camera, molti hanno chiesto al Governo di stralciare il piano di assunzioni dal ddl, con il duplice obiettivo di consentirne la realizzazione ai tecnici del Miur e di permettere al Parlamento la migliore discussione sulle altre misure.

Sebbene fosse ragionevole, questa richiesta è stata rigettata assieme all’altra sullo stralcio delle numerose deleghe, perché il Governo vuole indissolubilmente legare il piano straordinario di assunzione con l’approvazione delle altre misure, incluse quelle riservate alle deleghe.

Tuttavia, questa scelta rende precario l’equilibrio complessivo dell’intero provvedimento, che ha la pretesa di determinare una riforma organica del sistema di istruzione e formazione, perché rischia di ridurne la portata al semplice scambio tra più immissioni in ruolo di quanto gli attuali ordinamenti richiedano e le altre misure più innovative ed interessanti dello stesso provvedimento.



Accelerare  l’approvazione del ddl con la pressione dei tempi tecnici necessari per l’immissione in ruolo entro l’avvio del prossimo anno scolastico rischia di spingere il Parlamento ad esprimersi velocemente su questioni che dovrebbero essere affrontate con un vero confronto, in tempi più congrui di quelli ora concessi.  

Questa situazione sembra ancora più paradossale dopo che il Miur ha ostentato di aver realizzato la più grande consultazione sociale sulla Buona Scuola, sebbene il testo consegnato alle Camere ne abbia tradito ampiamente gli esiti.

In particolare, lo stesso piano straordinario di assunzione non è sicuramente quello inizialmente previsto con la giustificazione di dare attuazione alla famosa sentenza della Corte Europea sul precariato scolastico. 

Oltre al fatto che il testo della relativa norma non risulta di facile comprensione, è ormai chiaro che le stesse graduatorie a esaurimento (Gae) non saranno svuotate da questo ingente piano di immissione in ruolo, lasciando senza chiare prospettive soprattutto la platea dei più giovani abilitati con il tirocinio formativo attivo (Tfa) e gli insegnanti che hanno già avuto incarichi di supplenza per la copertura di posti disponibili e vacanti per più di 36 mesi, senza essere iscritti nelle Gae. 

Insomma, l’urgenza dell’immissione in ruolo di 100mila insegnanti precari discutibilmente individuati rischia di consegnare una riforma frettolosa, i cui limiti sono già evidenti nel testo consegnato al Parlamento e che occorre assolutamente correggere. 

Il governo consideri che dispiacere tutti, senza piacere a nessuno non sempre è indice che si stanno facendo le cose giuste.