Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha firmato l’altro ieri il decreto che definisce i criteri per l’assegnazione dei contributi alle scuole paritarie, validi per il 2015, che complessivamente ammontano a 471,9 milioni di euro. Una cifra minore rispetto al 2013 e 2014, visto che allora erano stati erogati poco più di 496 milioni. 



Il sottosegretario Gabriele Toccafondi ne ha dato immediata comunicazione alla reti associative con un proprio comunicato, anche se quando si parla di paritarie, prima di ogni trionfalismo, bisogna sempre mettere in evidenza il grido di dolore che viene da molte regioni italiane. In Liguria e nel Centro Sud, con lenta emorragia, continuano infatti a chiudere gli asili paritari privati. Si tratta in genere di scuole dalle dimensioni medio-piccole, poste in aree periferiche, spesso parrocchiali, animate da suore in su con gli anni, che non riescono a far quadrare i bilanci per le spese di gestione sempre più alte e gli aspetti normativi sempre più vincolanti. A remare contro il sistema delle paritarie ci si mette anche una burocrazia elefantiaca, a cui non interessa per nulla la grande difficoltà a far quadrare i conti da parte degli enti gestori. Il ritardo nell’erogazione dei contributi mette in sofferenza le scuole che spesso devono ricorre alle banche per poter pagare gli stipendi dei dipendenti.



Per essere concreti basta guardare la paradossale lentezza cui è stata erogata la quota finale dei fondi 2013-2014, un anno scolastico già totalmente archiviato. Si tratta del famigerato capitolo di bilancio 1299 (discusso nella conferenza Stato-Regioni) che ha ricevuto l’approvazione dalla Corte dei Conti già il 24 dicembre 2014, ma che è ancora nelle casse del ministero dell’Economia. Al Miur, proprio ieri, hanno dichiarato che si sta effettuando una verifica contabile, anche se ai funzionari poco importa che le scuole aspettino l’erogazione come l’acqua per i pesci. 



La strada è stata davvero tortuosa e non se ne vede la fine. Dopo lo scorso dicembre il Miur ha inoltrato al Mef la richiesta di cassa, ma a febbraio nulla si era ancora mosso. Pochi giorni fa è stato emesso il provvedimento di Cassa e appena finita la verifica i soldi saranno passati alle singole Regioni, che si occuperanno poi di distribuirli alle singole scuole, in base ai tabulati di ripartizione forniti dalle direzioni scolastiche regionali. Una corsa a ostacoli che porterà al versamento dei denari solo tra maggio e giugno, con circa un anno di ritardo. 

Per il 2015 le cose dovrebbero andare meglio, visto che nelle legge di stabilità 2015 si è deciso che tutti i finanziamenti saranno gestiti dal Miur, lasciando fuori dal meccanismo le Regioni. Tuttavia non pochi fanno notare che a 7 mesi dall’inizio dell’anno scolastico, non si è visto un solo euro. 

Come si è detto il decreto è stato firmato solo ieri, ma anche in questo caso ci vorranno mesi per l’erogazione dei fondi. Il vero problema è burocratico funzionale: le istituzioni scolastiche infatti nell’approntare i loro bilanci non hanno mai certezze nella quantità dei fondi e soprattutto nei tempi di erogazione. Il tutto pare affidato al caso o ai tempi sempre incerti del meccanismo ministeriale. 

La lista delle doglianze per le paritarie non è finita. Il progetto della “Buona Scuola”, in discussione in Parlamento, prevede una detrazione annuale per famiglia di 76 euro e se la discussione parlamentare non modificherà il meccanismo, questo dato, che pur rappresenta una novità nel panorama statalista dell’istruzione italiana, si configura più come un’elemosina che un vantaggio fiscale. Anche il Jobs Act, con l’abolizione totale del sistema dei contratti a progetto a partire dal 2016, se non verranno varati specifici provvedimenti, creerà difficoltà alla piccole scuole paritarie, in particolare dell’infanzia. Infatti gli insegnamenti speciali, come l’insegnante madrelingua, attività motoria o psicomotricità, atelier, teatro, canto comportano orari molto ridotti, nell’ordine di 8-15, sino a 20 ore al mese, che diventano eccessivamente onerosi se bisognerà optare per i contratti a tempo determinato, o addirittura indeterminato. Nel frattempo le scuole hanno imparato a prendere quello che passa il convento, che quest’anno ha previsto una riduzione dei fondi di un altro 5%, ma è pur sempre meglio l’uovo (ridotto) di oggi, che la gallina di domani.