Sono passati 14 anni da quando si stabilì che i presidi di tipo nuovo, i dirigenti scolastici, avrebbero dovuto sottostare ad una valutazione annuale sostanziosa, “scientifica”, non rituale, apparente, come nel passato. Ma ancora oggi tale valutazione non esiste. Riporto il giudizio di Anna Maria Bellesia da Tecnica della Scuola: “Pur dicendo debolmente di voler essere valutati, sono sempre riusciti a guizzare via da ogni forma di valutazione, e quindi dalla responsabilità di risultato. E anche rispetto a quella introdotta col Sistema Nazionale di Valutazione non sono mancate le resistenze. A proposito, che fine ha fatto la proposta organica per la dirigenza scolastica che l’Invalsi doveva presentare entro dicembre 2014? Un silenzio imbarazzante”.
Ministri, sindacati, associazioni di categoria non sono riusciti a trovare un accordo su come valutare i dirigenti. Vari anni fa mi offersi come volontario, su una cinquantina di casi in Lombardia, per verificare in via sperimentale un metodo di valutazione basato sulle visite di due ispettori e sulla autopresentazione fatta dal preside segmento per segmento della vita dell’istituto. Tutto materiale scritto, qualche colloquio. Verità, obiettività? Tutto molto incerto. Quando chiesi all’ispettore se fosse legittimo il collegio di plesso mi rispose sicuro, perentorio: no, il collegio è di istituto! Allora chiesi se fosse possibile per il collegio di istituto delegare annualmente alcune funzioni ai “collegi di plesso”. La risposta fu: beh in questo caso…
Questo è un esempio della modalità “contemplativa” e “futilmente minacciosa” con cui il ministero e le sue articolazioni gestivano e gestiscono la scuola.
Con la differenza che, con internet, il legame forte esistente tra presidi e Usp si è interrotto, sostituito dalle circolari ministeriali a video. Ancora pochi anni fa un preside con un dubbio chiamava o visitava uno specifico ufficio del provveditorato e si chiariva le idee, così facevano gli amministratori locali o i genitori.
Annualmente, fino al 2000, il provveditorato formulava una valutazione dei presidi. Quasi sempre il giudizio era “ottimo”, salvo eccezioni legate a vicende specifiche esplose o negli istituti o sulla stampa.
Chi non era sotto osservazione automaticamente riceveva l’ottimo. Il modello del giudizio spesso era la copia con la data cambiata di quello dell’anno precedente. Già allora comunque un legame forte ed inequivoco tra il ministero e i suoi presidi non esisteva. Già allora il preside imparava a galleggiare.
Il preside non presidiava, non rappresentava il ministero nella dinamica locale ma si auto-tutelava, si difendeva cioè dalle minacce provenienti dal collegio docenti o dagli studenti o dai genitori o dalla stampa. Solo apparentandosi con una specifica corrente politica o sindacale poteva mantenere un minimo di rotta difendibile e con poco rischio. Il preside galleggiava a volte solennemente, a volte sbracatamente, ed ancora oggi non presidia ma galleggia.
Ebbene, di fronte all’ipotesi ancora timidissima di riforma del governo si mette l’accento sullo “scandalo di un aumento di potere ai presidi”. Che cosa tremenda la possibilità, quando si libera un posto per pensionamenti o autotrasferimenti, di attingere agli elenchi dei docenti disponibili!
Ci vorrebbe ben di più, e cioè la possibilità di fare concorsi di istituto o di distretto, resuscitando quel livello organizzativo che esisteva fino a 15 anni fa e non serviva a nulla ma oggi potrebbe efficacemente sostituire le strutture provinciali in demolizione.
I discorsi sull’autonomia sbandierati da 20 anni e condivisi a parole da tutti crollano di fronte alla doppiezza quasi generalizzata del ceto intellettuale nostrano che non vuole sottostare ad alcuna responsabilità e ad alcuna verifica. Quindi si difende dal local restando acquattato sotto le ali degli “obblighi ministeriali” e contemporaneamente si difende dal ministero invocando le esigenze local.
Secondo me il legame tra presidi e ministero va rafforzato e contemporaneamente, sotto la spinta decentrante del ministero stesso, i presidi vanno indirizzati verso una gestione sempre più nazional- locale cioè aderente alle esigenze specifiche del territorio. Cosa possibilissima.
La valutazione dei presidi in questo percorso tortuoso e annoso dovrebbe essere seria ma non angosciante, e le procedure chiare e rapide, ricorrenti in tempo reale.
Una direzione distrettuale, dove il dirigente avesse in capo una trentina di presidi coi rispettivi istituti scolastici servirebbe egregiamente a questo scopo. Il dirigente distrettuale preposto alla valutazione, non necessariamente annuale, avrebbe a disposizione elementi di conoscenza diretti delle situazioni e delle persone, delle valutazioni esterne alla scuola fatte da amministratori, famiglie ed imprenditori, altre scuole del territorio.
Potrebbe concentrarsi sulle situazioni-limite scandalose e risolverle. Anzi personalmente penso che più che un sistema di valutazione millimetrico, applicato con solennità tragica a tutti e sempre pieno di punti critici, criticabili e criticati con lo stile italico, si dovrebbe puntare ad un sistema in grado di definire chiaramente le gravi violazioni della deontologia professionale. E magari anche le eccellenze.
Ciò chiarirebbe le idee a tutti e semplificherebbe il lavoro, dando anche tranquillità alla grande maggioranza del personale che diventerebbe rapidamente più sereno, disponibile, volenteroso ed efficace.
Sulla valutazione interna — di istituto — del lavoro dei presidi voglio fornire un altro esempio concreto: proposi di usare come strumento base un questionario annuale sempre uguale negli anni, dato ai docenti, ai genitori ed agli alunni, per recepire il clima di istituto e la sua evoluzione nel tempo. Per i risultati cognitivi suggerii di usare abbondantemente i dati Ocse e Invalsi. Apriti cielo! I presidi miei colleghi per primi mi bloccarono, dicendo che non si poteva dare in mano ai subordinati la valutazione, che un preside non poteva essere valutato prescindendo dalla situazione pregressa del suo insediamento, eccetera Mille alibi per rinviare, copiando, anche comprensibilmente, lo stile dei nostri superiori invadenti-assenti.
Occorre sperare che la spinta di Renzi non si attenui, anzi si estenda e si rinforzi, mettendo fine alla paralisi agitante e all’agitazione paralizzante della nostra scuola.