Chi ama il nostro Paese non può non amare la scuola e quando il presidente Renzi cominciò ad affermare che quella della scuola era la riforma più importante per il Paese, poiché sulla scuola se ne costruisce il futuro, tutti coloro che vi operano con passione attraverso le difficoltà di tutti i giorni, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, hanno avuto un sussulto, frutto della speranza che ha fatto loro pensare: “fusse che fusse la vorta bona?”, ricordando la battuta del barista di Ceccano di Manfrediana memoria.
Quindi moltissimi, accantonate le diffidenze, si sono avviati a dare il loro contributo alla consultazione sulla “Buona Scuola” non ascoltando chi remava contro dicendo che tanto era solo una messa in scena di finta democrazia, ma credendo e confidando che fosse in arrivo l’onda di quella che il presidente del Consiglio definiva “rivoluzione”. Tutti i citati, quelli con la passione, i “missionari” che nonostante tutto in questi anni anno tenuto in piedi la nostra scuola, permettendo a molti studenti di avere comunque una preparazione che, guarda caso, ha generato anche quei ricercatori italiani che oggi “vanno a ruba” all’estero e di cui tutti siamo orgogliosi, come buoni surfisti si sono preparati a cavalcare l’onda del cambiamento.
Così, quando finalmente è uscito il ddl, si è subito notato che lo spirito innovatore attraversava alcune proposte con un impeto impensabile solo qualche anno fa o, meglio, che solo qualche anno fa poteva costare molto caro, determinando delle levate di scudi destinate a bloccare quelle proposte sul nascere. Non mi dilungo nell’elenco che conoscete, ma ne cito una significativa: il voler dare più potere ai dirigenti scolastici fino a permettere loro anche l’assunzione diretta dei docenti.
Il seguito lo conoscete e lo stiamo vivendo in questi giorni in cui non si riesce a capire dove si andrà a finire. La tentazione è lo scoramento, il cominciare a pensare che ancora una volta si perderà una grande occasione (questo stato d’animo è stato ben descritto da Luisa Ribolzi su queste pagine nel suo articolo del 30 aprile).
L’invito al presidente Renzi è quello di tornare con coraggio alle origini del suo pensiero sulla scuola e, dopo la “battaglia per l’Italicum”, dedicare tempo al ddl per far uscire un progetto di scuola che non può più bastare di definire allineato ai sistemi degli altri Paesi, ma — vado oltre — talmente creativo ed innovativo da spingere gli altri Paesi a copiarci e non viceversa, che riporti il Presidente Renzi a pensare e twittare, come ha fatto dopo la terza fiducia sulla legge elettorale: “questa è la volta buona”.
Lo sciopero del 5 maggio, come molti commentatori hanno sottolineato, ha ripresentato una situazione nota e vista tutte le volte che un Governo ha tentato di mettere mano alla scuola con spirito innovatore, con slogan vecchi ed un rigurgito di ideologia mischiati a sollecitazioni costruttive che pone Renzi ad un bivio: “tirare comunque dritto”, o aprire un dialogo verso le proposte più costruttive, come ha in fondo affermato lui stesso nel giorno dello sciopero.
Mi permetto, allora, un consiglio: anche durante la discussione in Parlamento non cada nella trappola del rito degli emendamenti. Sono tantissimi e, sicuramente, molti presentati con l’intento di creare quella citata confusione che porta a chiedersi: “dove andremo a finire”. Non ceda alla tentazione di farli bocciare tutti per rispettare i tempi previsti, ma sappia e cominci a discernere, perché diversi sono una ricchezza (non li cito perché in politica le citazioni spesso sono sinonimo di “bruciature”), sono connotati da quello spirito di innovazione e di rivoluzione da lui annunciata, e puntano ad una governance più forte, ad una graduale piena autonomia delle istituzioni scolastiche, a considerare veramente unico il sistema nazionale …ed altro, tutti con spirito costruttivo.
Caro presidente, fa che “la finestra non si richiuda” senza averci dato la scuola che aspettiamo da tanti, troppi anni, non disilluderci e non lasciarci con la bocca amara, dai al Paese “la scuola del futuro”. Il Paese e i nostri ragazzi ne hanno bisogno e se lo meritano.