Caro direttore,
l’intervista del senatore Mario Mauro, uscita mercoledì sul sussidiario, mi invita a intervenire per puntualizzare alcuni degli aspetti fondamentali contenuti nel disegno di legge sulla scuola attualmente in discussione al Senato.   

Due considerazioni generali, in premessa, che mi pare abbiamo molta attinenza rispetto alla riforma della scuola.

È più semplice gridare che provare a fare, lamentarsi che fare proposte che stanno in piedi, distruggere che costruire. Sul tema della riforma della scuola, tra piazza e Parlamento questo schema mi sembra plasticamente rappresentato. Ognuno è pronto a prospettare soluzioni fantastiche senza ricordare a chi lo ascolta che abbiamo degli obblighi normativi, delle sentenze europee, dei vincoli di bilancio eccetera.

Di fronte alle cose che ti trovi ad affrontare hai due approcci possibili per conoscerle: uno ideologico e uno realistico. Anche di fronte alla riforma della scuola e al giudizio di chi l’ha proposta ci si può porre con un atteggiamento ideologico come spesso si fa in piazza, nelle aule parlamentari e sui giornali. Nel merito non è raro constatare, ascoltando chi solleva certe critiche, che la riforma non la si conosce, semplicemente non la si è letta. Oppure la si utilizza perché semplicemente si vuole andare contro al Governo.

Il nostro Paese e tutto il suo sistema d’istruzione hanno bisogno di un radicale cambiamento. Con il ddl sulla Buona Scuola stiamo iniziando a rispondere a queste esigenze. Il percorso della riforma non nasce nell’ultimo mese, quando la discussione è approdata in Parlamento. Ha una storia molto più lunga. Come governo ci siamo presi la responsabilità di fare una proposta a tutto il mondo della scuola, da settembre a novembre abbiamo fatto una reale consultazione, abbiamo ascoltato oltre due milioni di italiani, attraverso il sito del ministero e con assemblee in ogni regione con gli organi scolastici territoriali. Alla luce del riscontro avuto dalla consultazione abbiamo disegnato un decreto legge trasformato poi in disegno di legge. Da due mesi è in Parlamento, la Camera ha discusso 2mila emendamenti, sono state fatte delle modifiche ascoltando quindi le obiezioni poste dai rappresentanti dei vari partiti. Ora dobbiamo andare avanti e concludere questo processo, non possiamo fare marcia indietro, ne va della credibilità dello Stato e del futuro dei nostri giovani. Dobbiamo accelerare piuttosto che rallentare. 

Il ddl prevede un piano di assunzioni straordinario. Sul tema del precariato i governi precedenti hanno generato gravi ingiustizie, portando la Comunità europea a invitare il nostro Paese a non reiterare i contratti a tempo determinato oltre i 36 mesi, cioè ad assumere stabilmente questi insegnanti. Con il piano di assunzioni non abbiamo voluto semplicemente rispondere alla richiesta dell’Europa, ma siamo partiti dalle esigenze delle nostre scuole, introducendo un concetto che, pur se di buon senso e ragionevole, era quasi sconosciuto nel settore scolastico nel paese: nella scuola da adesso si entrerà solo per concorso, basta graduatorie ad esaurimento, basta promesse.

La detrazione fiscale per le famiglie che mandano i propri figli nelle scuole paritarie non è un “rimborsino”, non è il “rinforzino” del conte Mascetti di Amici miei, ma una vera e propria rivoluzione culturale, la cui novità sta nel fatto che tale misura abbia finalmente trovato spazio in un disegno di legge. Pur se in forma iniziale, sono il primo a riconoscerlo, anche in Italia arriva finalmente l’avvio del riconoscimento della libertà di scelta educativa. In settant’anni di storia della Repubblica non ci sono riusciti nemmeno i governi monocolore democristiani, questo governo sì. A chi parla di elemosina, di bicchiere mezzo vuoto, di montagna che ha partorito il topolino e via dicendo, rispondo che bisogna guardare come le cose stavano fino a ieri e come stanno oggi. Se il bicchiere è mezzo pieno, prima non lo era, non c’era il bicchiere e neppure qualcosa da metterci dentro. Se i docenti che insegnano nelle scuole paritarie hanno titolo a ricevere una proposta di assunzione la riceveranno. Possono anche scegliere di continuare a lavorare nelle scuole paritarie. Personalmente non mi aspetto un “fuggi fuggi” generalizzato dalle paritarie. Molti insegnanti hanno scelto di lavorare in queste scuole, condividendone il progetto educativo e impegnandosi attivamente a costruirne l’identità culturale, anche in relazione alle istanze del territorio e alle richieste delle famiglie. È un patrimonio di esperienze umane e professionali che avrà il proprio peso nelle scelte di ciascuno. Perché ipotizzare che vadano via i migliori? Non possiamo fare processi alle intenzioni. In ogni caso, le scuole paritarie hanno la possibilità di reclutare gli insegnanti scegliendoli in base ai parametri di qualità che hanno messo a punto attraverso la loro esperienza.

A settembre le scuole del nostro Paese riapriranno, credo che sia importante per i nostri alunni ripartire con la certezza degli insegnanti e con la possibilità di sperimentare le novità proposte nella Buona scuola. I miglioramenti sono possibili e le proposte sono ben accette ma abbiano buonsenso, partano da un approccio realista.

Gabriele Toccafondi
Sottosegretario Miur