L’esame di terza media 2015 è nel pieno dei suo svolgimento ed è sempre piuù vicino il momento della prova Invalsi. Sono più di 570mila gli studenti che si apprestano ad essere valutati per davvero nella loro carriera scolastica. Dopo tre anni di fatiche e lavori, l’esame proverà a testare le effettive competenze acquisite, oltre alla capacità personali di fronte ad un primo vero test “sotto stress”. Lo schema è strutturato come negli ultimi anni dopo la riforma: una prova scritta di italiano, al via questo lunedì 15 giugno (ma con ampia autonomia da parte delle scuole), una di matematica e una terza di lingua straniera, seguito il tutto dalla ormai celebre e discussa prova Invalsi. Ne bbiamo parlato con Giulia Sponza, docente di lettere nella scuola media.



Professoressa Sponza, qual è il senso oggi dell’esame di terza media? Quale l’importanza di questo primo grande appuntamento nella vita di un ragazzo?

Condivido appieno l’importanza, anche se ormai purtroppo i colleghi nella loro generalità non la pensano più così. Come spesso accade e non solo nella scuola, gli adulti sono i grandi assenti, e la mancanza della figura adulta compromette molto l’approccio a questa prova: per i ragazzi infatti l’efficacia dell’evento dipende molto da come vengono introdotti, da come l’adulto fa passare il valore. È una verifica, una possibilità di misurarsi con se stessi, di fare i conti non tanto con un esito delle proprie capacità, ma con la propria umanità prima di tutto. Insomma questo esame non deve essere qualcosa di “preconfezionato” in cui tutto è imballato e già deciso, ma deve essere vissuto come la possibilità di essere “interpellati” per la prima volta, sollecitati a dire la loro. Ritengo sia un momento molto positivo.



Come giudica la tanto criticata prova Invalsi nell’ambito dell’esame di terza media?

L’ho sempre vissuta come una bella possibilità, mi sono sempre schierata a favore della prova Invalsi. Certo è che, anche qui, se penso alla mia classe, i ragazzi saranno penalizzati: bisognerebbe riuscire a fare davvero, e non solo a dirlo, un vero curriculum verticale di grammatica, altrimenti i miei studenti andranno sicuramente male nella parte dedicata a morfologia e sintassi, perché non siamo riusciti a prepararla in tempo adeguatamente. Altra questione ha a che vedere con il sistema delle competenze: con l’ultima circolare ministeriale che affronta la questione competenze mettendole a regime, anche l’Invalsi dovrebbe andare in questa direzione. Detto questo, il problema restano gli adulti, gli insegnanti.



In che senso?

La prova Invalsi ancora non è stata accettata. Non tanto come verifica in sé, perché comunque la legge la impone e va fatta, ma come mentalità; non è diventata ancora cultura. Continuiamo ad essere autoreferenziali e non abbiamo ancora capito che la scuola, per essere competitiva e per poter funzionare meglio di quanto non faccia ora, deve accettare di misurarsi con la realtà. Non siamo un fiore all’occhiello come crediamo di essere. Non se ne esce perché non se ne vuole uscire! Preferiamo andare avanti così, in modo autreferenziale e più comodo, invece che confrontarci con la realtà.

 

Ultima questione, capitolo bocciatura: quali sono alla fine i motivi di eventuali bocciature? Si boccia ancora o è un caso estremo?

Anche qui è un dramma. Io ritengo che l’età di questi ragazzi sia quella dei grandi cambiamenti, quindi o si boccia subito, in prima media, o non si boccia più. La bocciatura la vedo come una possibilità, ovviamente se ben motivata. I ragazzi devono capire che non si boccia per punire, ma perché esiste un tempo di maturazione che non è uguale per tutti: non siamo macchinette ma persone. C’è chi matura a 11 anni e chi a 12, 13, 14 e così via; vale la pena ancora bocciare anche se non è mai a cuor leggero, mi creda, è sempre drammatico fermare un ragazzino. Bisognerebbe poi cercare di rendere la bocciatura un momento efficace, senza inficiarlo, come invece accade normalmente, con altre problematiche di natura sociale.

 

Cosa intende dire?

Il 90 per cento dei ragazzi vivono in situazioni difficili in famiglia, non per questo si può usare sempre la scusa del “poverino, vive una situazione disagiata” e promuoverlo sempre, senza un criterio. È la mia stessa realtà di classe che lo dimostra. L’anno scorso abbiamo bocciato in seconda un ragazzino che io avrei già bocciato in prima, ma il consiglio si era opposto: è stata non solo la sua salvezza – ora è sbocciato in maniera incredibile -, ma anche dell’intera classe, che quest’anno è letteralmente “esplosa”, e lo dico in senso positivo, anche grazie a questo.

 

(Niccolò Magnani)