Carissimo Luigi Berlinguer,
la sua lettera al Corriere della Sera entra nel merito di due questioni decisive della riforma della scuola, due questioni che non sembrano riscuotere né l’interesse di Renzi né quello di chi gli si oppone. La prima è l’autonomia, l’altra è il valore della cultura umanistica.
A me le questioni che lei pone interessano, ma io sono un semplice e povero insegnante, uno dei tanti che si danno da fare quotidianamente ma che non vengono considerati degni nemmeno di suggerire qualcosa per la Buona Scuola.
Io sono con lei, perché sempre più convinto che sarà buona una scuola solo se poggiata su libertà e autonomia. Mentre tutti chiedono direttive, io chiedo con lei libertà, facendole presente che la sua legge sull’autonomia non ha trovato in quindici anni nessuno, letteralmente nessuno, che abbia cominciato a praticarla. Se Renzi vuol fare qualcosa di innovativo deve rendere la scuola autonoma e paritaria. Quello che lei aveva intuito è rimasto lettera morta, anche per sua responsabilità, perché al posto di lavorare alla sua legge ha voluto finire dentro l’intrico del concorsone, finendone sconfitto. Se Renzi avrà il coraggio di liberare l’autonomia dallo statalismo imperante come burocrazia e mentalità, come istituzione e cultura allora sì che farà la Buona Scuola, altrimenti continueremo a soffocare nello statalismo.
La seconda questione è quella di ridare alla scuola un’impostazione umanistica. E’ questione decisiva e non riducibile al liceo classico, perché ciò che si deve fare è superare il vecchio dualismo tra cultura umanistica e cultura scientifica, tanto più oggi che il linguaggio informatico è diventato preponderante. Superare il dualismo, questa è la questione educativa centrale e nello stesso tempo culturale della Buona Scuola, superare il dualismo per trovare che la conoscenza accade quando vi è implicato l’umano — la conoscenza scientifica come quella umanistica, il linguaggio tecnologico come quello informatico. Perché ci sia conoscenza ci vuole l’io, ci vuole esperienza. Si deve fare della scuola un luogo di esperienza che contribuisca alla presa di coscienza che ogni studente realizza impegnandosi con la realtà delle diverse discipline. E questo lo si può fare al liceo classico come in una scuola professionale, perché per conoscere ci vuole l’impegno della persona. Non ci sarà riforma senza mettere a tema questo, senza l’impegno dell’io con le sue domande. Grazie.