Ci sono ancora luci ed ombre nel panorama della scuola italiana. Anche la Buona Scuola sembra appartenere al novero dei tanti tentativi di riforma della scuola che però non riescono a offrire soluzioni concordate, comprensive e soprattutto veramente convenienti per gli studenti.

In questo incerto contesto però è sempre più chiara l’urgenza di educare i nostri giovani. Educarli, non solo difenderli. Educare è prima di tutto compito della famiglia, compito che viene svolto in modo peculiare nel rapporto con la scuola.



Per questo le famiglie sono chiamate, nella presente situazione, ad essere molto più presenti nella scuola (sia statale che paritaria), cioè a costruire un ponte con i docenti per accompagnare i figli e conoscere, contribuire e giudicare la proposta “educativa” che la scuola fa e nel modo in cui è declinata quotidianamente attraverso le didattica e tutti gli aspetti della vita scolastica.



La recente Circolare del Miur sul Piano dell’offerta formativa (Pof) è interessante perché mette in evidenza e rilancia la funzione educativa della famiglia che ha il diritto e il dovere di conoscere in modo effettivo e dettagliato il contenuto dei Pof (documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale della scuola) elaborato dagli istituti scolastici.

Quindi sarà fondamentale che i genitori consultino i Pof triennali introdotti dalla Buona Scuola, quei Pof che, per esempio, dovranno tener conto di quanto previsto dal comma 16 della legge (che richiama indirettamente il Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, che dovrà essere approvato dal Governo). I Pof potranno avere articolazioni diverse da scuola a scuola e le famiglie saranno quindi chiamate a valutare se quanto presentato è compatibile con la propria proposta educativa anche alla luce del fatto che se le attività extracurricolari sono facoltative, quelle in orario curricolare sono obbligatorie.



Altro compito dei genitori potrà essere di contribuire positivamente al contenuto del Pof nelle modalità previste, come partecipazione alla vita della comunità scolastica.

Ne consegue l’ opportunità che la famiglia eserciti la libertà di scelta educativa selezionando la scuola che meglio corrisponde alla propria esperienza educativa e si ponga il compito di chiedersi e giudicare sempre più “a chi si affidano i figli”. Se non c’è, nella chiara distinzione di funzioni, unità voluta, costruita, vissuta tra famiglie e docenti, su una proposta educativa vitale, il cammino educativo dei giovani diventa molto più difficile.

Proprio l’urgenza educativa fa avvertire in Italia la necessità di contribuire ad arricchire la presenza di realtà scolastiche che operino in stretta collaborazione con la funzione educativa della famiglia. E’ tempo che i genitori (con le varie realtà e gruppi sociali) valutino con attenzione l’ opportunità, difficile e impopolare, di creare nuove scuole libere.

Infatti, il sistema del quasi totale monopolio statale della scuola ci ha portato ad avere un partito, una maggioranza, un ministero che decide il chi, il cosa e il come della scuola in Italia e i risultati educativi e formativi sono sotto gli occhi di tutti.

E se fossimo arrivati a questo punto proprio perché frutto logico della ferrea pretesa di una gestione statale della scuola che lascia in un modo o in un altro la famiglia ai margini del sistema? Non è forse ora conveniente si guardi oltre questa condizione?

Se i genitori hanno la piena responsabilità di essere presenti in qualsiasi tipo di ambiente scolastico per migliorarlo, renderlo educativo, c’è anche spazio perché la società prenda l’iniziativa di diventare protagonista della costruzione di una nuova condizione della scuola in Italia: affermare che è compito della famiglia e della società, in un’ottica veramente sussidiaria, fare la scuola. Mi pare sia questa la nuova via che la scuola italiana deve perseguire con urgenza e chiarezza. Lo scopo della scuola è il bene dei nostri giovani: per conseguire questo inestimabile valore educativo è fondamentale un reale e vivo rapporto tra famiglia e scuola e non ridurre la scuola a mera trasmissione di informazioni e conoscenze.

Vale così la pena porre una serie di domande: chi è chiamato a gestire la scuola in Italia? Come fare per risvegliare e sostenere l’interesse delle famiglie, dei gruppi, della società, dei “corpi intermedi” nel creare, gestire, sviluppare scuole? Come possono i tentativi di scuole libere già in atto diventare esempi, provocazioni, sollecitazioni ad altri soggetti a creare scuole? Dove sono le realtà sociali che desiderano e possono gestire scuole e alle quali lo Stato è chiamato, secondo il principio di sussidiarietà, a non sostituirsi e a promuoverne i tentativi? Come può lo Stato, nel tempo, ritirarsi dalla gestione della scuola e indirizzarsi verso la funzione di regolatore?

Domande non semplici da affrontare ma è in ballo il presente e futuro dei nostri giovani.