Gli istituti scolastici gestiti da enti religiosi a Livorno dovranno pagare l’Ici non versata dal 2004 al 2009: è questo il senso della sentenza della Corte di Cassazione che mette in ansia il mondo della scuola paritaria. Abbiamo raggiunto il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi, per avere un parere informato sul possibile scenario che si aprirà nei prossimi mesi per quanto riguarda il nodo scuole paritarie e tema fiscale.
Onorevole Toccafondi, come commenta la sentenza della Cassazione riguardante il Comune di Livorno?
Dopo questa sentenza, le scuole paritarie – non quelle private, intendiamoci subito – o dovranno aumentare a dismisura le rette oppure chiuderanno, e conoscendo i loro bilanci purtroppo la seconda via è più probabile. L’Imu è calcolata sui metri quadri e una scuola normale ne ha molti a disposizione, con una perdita ingente attorno ai 20-30mila euro annui. A quel punto però, e questo lo devono capire tutti, per lo Stato tutto ciò sarà l’esatto opposto di un risparmio: nuovi insegnanti, nuovi edifici, insomma una grave perdita per tutti.
La sentenza riguarda il pagamento dell’Ici, andata in pensione con la nuova Imu. Cosa attende le scuole nell’immediato futuro?
Effettivamente si parla di Ici, quindi l’esborso riguarderebbe il pregresso. Il nodo della questione però rimane quello dell’attività commerciale e quindi da questo punto di vista non ci sarebbe differenza con l’attuale Imu. Se una scuola che chiede una retta viene definita a prescindere attività commerciale a scopo di lucro, allora si apre un enorme vaso di Pandora.
Un bel problema.
Il problema che a tutti giova capire è di quali scuole stiamo parlando: siamo tutti convinti che se una scuola privata chiede rette altissime allora quella è attività commerciale ed è giusto che come un normale negozio o azienda debba pagare la tassa sull’immobile. Ma se si tratta di servizio pubblico, di pubblica utilità, le entrate commerciali sono ovvie perché servono a pagare insegnanti e utenze, ma non sono a scopo di lucro. Se la scuola è comunale o regionale giustamente non paga l’Imu perché svolge un servizio pubblico; ma allora perché, se la scuola è gestita da una cooperativa sociale, una fondazione di insegnanti o un ordine religioso, questi devono pagarla? Mi sembra davvero assurdo e non confermato da alcuna normativa. In questo paese il tema della parità scolastica è un aspetto prima di tutto culturale e come tale va affrontato e risolto, solo in secondo piano devono arrivare le leggi e le sentenze.
Ma voi come governo come pensate di affrontare la questione?
Ora stiamo a vedere se, come e perché questa sentenza può condizionare l’avvenire. Anche perché un anno fa questo governo insieme al ministero dell’Economia e all’Agenzia delle Entrate, emanò una circolare in cui si stabiliva che se la retta di una scuola paritaria fosse stata inferiore al contributo che lo stato paga per la frequenza di un ragazzo in una normale scuola statale, allora non vi era attività commerciale e la scuola era senza scopo di lucro. Il contrario invece determinava giustamente il pagamento dell’Imu: una scelta lungimirante del governo, perché non istituiva un’esenzione tout court ma un’esenzione ragionata. Ora bisogna vedere se questa sentenza andrà ad intaccare anche quella giusta circolare. A me comunque quello che interessa è far capire che qui oggi non stiamo difendendo tutti a priori, ma solo quelle scuole no profit di pubblica utilità che svolgono un giusto servizio per tutti, non scuole private o diplomifici.
Non teme che questa sentenza darà il via libera altri comuni, che potrebbero così chiedere l’Ici alle scuole e imitare Livorno?
Di preciso non lo so, ma credo fermamente che i comuni, siccome sono l’ente più informato e vicino alle realtà scolastiche, sappiano davvero quali sono le scuole vere che collaborano al bene comune di ogni singolo ragazzo e della sua famiglia, e quali invece non lo sono.
(Niccolò Magnani)