La sentenza della Corte di Cassazione sul caso del comune di Livorno contro alcune scuole paritarie cattoliche che ora le costringerà a dover versare la tassa ICI per gli anni dal 2004 al 2009, sta scatenando numerose polemiche e reazioni all’interno del mondo cattolico e dell’associazionismo attorno al tema dell’educazione. Nel comunicato stampa odierno ufficiale anche la Compagnia delle Opere interviene sulla vicenda sottolineando diversi passaggi importanti, specie sul confronto con l’Europa. «Il Governo si è impegnato a convocare un tavolo di confronto sul tema con le associazioni del settore. Ben venga il confronto, per provare a fare un deciso e chiaro passo avanti su un terreno in cui l’Italia registra ancora gravi ritardi rispetto al resto dell’Europa». Secondo la Cdo, per tutti appare illogico considerare ai fini fiscali una scuola che è già riconosciuta paritaria dallo Stato, al pari di una qualsiasi attività commerciale: il solo tema delle rette infatti non basta a spiegare l’assimilazione di alcune scuole come attività a scopo di lucro. «Pensare che il solo fatto di richiedere una retta alle famiglie, per coprire parte del costo del servizio prestato, possa far venire meno ogni tipo di agevolazione fiscale è fuori dalla storia (e questo non vale solo per il settore scolastico)», continua il comunicato. L’utopia di poter garantire servizi di pubblica utilità totalmente gratuiti per i cittadini ha portato secondo la Cdo all’attuale insostenibilità dei sistemi di welfare in Italia e non solo, anche in alcune altre aree d’Europa. Il duopolio nei servizi di interesse generale ente pubblico (che non paga le tasse) e mercato (che per sua costituzione non può avere agevolazioni), «è una idea che ha già dimostrato, ampiamente, di essere fallimentare».
Occorre dunque avere il coraggio, sostiene il comunicato della Compagnia delle Opere, di riconoscere che i servizi di pubblico interesse, anche se svolti da soggetti privati; anche se prevedono una compartecipazione alle spese da parte della popolazione, sono attività che andrebbero ritenute fiscalmente non commerciali. Qui il punto chiave della vicenda: «Il legislatore deve fare una scelta chiara e coraggiosa in tal senso, approvando dunque una disposizione legislativa che sancisca finalmente la “non commercialità” ai fini fiscali di tutte le attività di pubblico interesse svolte anche da privati». Per la Cdo così facendo, il settore scolastico e l’insieme sistema sociale non potrà che trarne beneficio, con una pluralità di attori pubblici e privati che garantirebbero la qualità dei servizi, con un risparmio di risorse pubbliche incredibile, dando così una sempre maggiore possibilità di scelta ai cittadini. Imprescindibile infine che con tutta questa vicenda non ci sia un ulteriore distacco dalla situazione europea del settore: «Lavoriamo per avvicinare, non per allontanare, l’Italia al resto dell’Europa».



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