Stupisce lo stupore suscitato dagli effetti attuativi del piano straordinario di assunzioni della cosiddetta “Buona Scuola”.
I suoi autori politici continuano a proporre all’opinione pubblica la domanda retorica di come ci si possa lamentare di un provvedimento che prevede la stabilizzazione di un numero di insegnanti precari superiore a quello di tutti i posti ancora disponibili e vacanti, dopo i piani straordinari di assunzioni fatti dal 2011. La conseguente semplificazione giornalistica è che gli insegnanti sono contrari a questo piano straordinario di assunzioni perché vorrebbero il posto sotto casa e non sarebbero disposti a spostarsi in altre regioni.
Che gli insegnanti siano una categoria che brilla per conservatorismo, è un dato ormai acquisito. Che i sindacati che li rappresentano siano immancabilmente contrari a qualsiasi innovazione che potrebbe migliorare la qualità complessiva del nostro sistema di istruzione e formazione, è altrettanto noto. E tuttavia, che la modalità tecnica per l’attuazione di questo piano straordinario di assunzioni articolato in quattro fasi (fase 0, fasi A, B e C), con regole diverse per ciascuna di esse, potesse sollevare molte perplessità ed anche molte critiche, era prevedibile ed è anche giustificabile. Anzi, era stato già previsto da coloro che hanno avuto la capacità, la forza e la pazienza di leggere e rileggere molte volte un testo normativo licenziato frettolosamente dai due rami del Parlamento, che descrive un iter molto articolato e complicato i cui effetti non sono stati ancora del tutto compresi nemmeno dagli stessi insegnanti che protestano.
Finora, a differenza di quanto originariamente dichiarato dal Governo, gli unici dati certi sono che le graduatorie ad esaurimento (le cosiddette Gae) non saranno né svuotate, né cancellate e che per l’anno scolastico 2015/2016 continueranno ad essere assegnate supplenze annuali, a causa dell’esaurimento degli iscritti nelle stesse Gae per alcune classi di concorso.
Altro dato che si sta chiaramente delineando è che il cosiddetto organico dell’autonomia, ovvero quell’organico aggiuntivo che giustifica il numero di immissioni in ruolo superiore al numero dei posti disponibili, a programmi scolastici invariati, potrà essere costituito da insegnanti di classi di concorso diverse da quelle richieste dalle singole istituzioni scolastiche.
Invece, nessun insegnante è stato in grado di sapere quale sarà la sua destinazione dopo aver presentato la domanda per le fasi B e C del piano straordinario di immissioni in ruolo, ancora in corso di realizzazione. Infatti, le assegnazioni della fase B saranno l’esito di un algoritmo che incrocerà ed incastrerà le preferenze in ordine di priorità e i punteggi in ordine decrescente, di tutti coloro che hanno presentato la relativa domanda.
Per la fase C, che assegna i 55.258 posti del potenziamento, destinati a rafforzare e ampliare l’offerta formativa delle scuole, la distribuzione a livello territoriale da parte del ministero avverrà in base al numero degli alunni e gli Uffici scolastici regionali assegneranno alle scuole gli insegnanti sulla base di un’apposita graduatoria.
L’assegnazione degli aspiranti sarà fatta cercando di garantire che ciascuno sia assegnato su base provinciale, secondo l’ordine delle preferenze espresse. Se nella prima provincia scelta i posti risulteranno occupati da altri soggetti con maggior punteggio, la proposta di incarico a tempo indeterminato sarà effettuata per una provincia diversa.
Il fabbisogno di docenti per il potenziamento verrà comunicato dalle scuole al sistema informativo non per singola classe di concorso ma per ambiti disciplinari, con la conseguenza che le istituzioni scolastiche richiedenti si vedranno arrivare insegnanti con competenze diverse da quelle richieste.
Terminate le fasi B e C, l’insegnante avrà 10 giorni per accettare la proposta di assegnazione del Miur, pena la cancellazione dalle Gae a differenza di coloro che non hanno presentato la domanda di immissione in ruolo. In questo modo, mentre nel caso di mancata accettazione dell’assunzione si decade dal diritto a partecipare alle prossime immissioni in ruolo, coloro che non hanno presentato la domanda per le stesse fasi rimarranno in graduatoria con la possibilità di essere immessi in ruolo in futuro e con la speranza di ottenere nel frattempo una supplenza annuale già con il prossimo anno scolastico 2015/2016.
In questo scenario, piuttosto che per il rifiuto del trasferimento che ha sempre determinato flussi migratori di insegnanti da Sud a Nord, può essere plausibile che solo la metà degli aventi diritto, esattamente 71.643, abbia deciso di partecipare alle fasi B e C, a causa di questa ricercata complessità e delle sue conseguenze sulle prospettive future di impiego nella Scuola.
Peraltro, non è chiaro come la sopravvivenza delle Gae si concilierà con gli esiti del bando che dovrà essere emanato entro il primo dicembre di quest’anno, per la copertura dei posti vacanti e disponibili nell’organico dell’autonomia e per quelli che si renderanno in ogni caso disponibili nel triennio. L’altro elemento non chiarito riguarda la sorte di quegli insegnanti precari che non rientreranno nel piano di assunzioni e che supereranno i 36 mesi di servizio il prossimo primo settembre 2016, a cui sarà preclusa anche la possibilità di effettuare supplenze.
Infine, come se non bastasse, tutti gli effetti del descritto piano di assunzioni saranno amplificati dalla mobilità speciale prevista per il prossimo anno scolastico, che riguarderà in via prioritaria i docenti assunti nell’anno scolastico 2014/2015 (comma 108) e comporterà una differenziazione tra i docenti assunti con le procedure previste dalle fasi 0 e A e quelli immessi in ruolo in esito alle fasi B e C. In questo modo, alla mobilità di andata di questo anno seguirà la mobilità di ritorno dell’anno prossimo, con buona pace della continuità didattica per gli studenti.
Insomma, sempre di più occorrerebbe chiedersi per chi sia buono un provvedimento che danneggia sicuramente gli studenti e le loro famiglie, senza soddisfare nemmeno gli insegnanti.